Rafforzare l’«ombrello» del Patriarcato di Mosca, condividere la spinta nazionalista, non affrontare le memorie scomode, contrapporre i «valori tradizionali» alla democrazia: sembrano alcune delle nuove e vecchie tentazioni a cui sono esposte le Chiese ortodosse dell’area ex-sovietica. Tutte favorite dai nuovi poteri nazionali, ma anche esposte all’azione di condizionamento che la Russia esercita come nelle recenti elezioni in Georgia, Romania, Moldavia e Bulgaria. Dopo la lunga stagione della persecuzione comunista esse sono sottoposte alla prova della divisione ecclesiale causata dall’autocefalia ucraina e alla spinta neo-imperiale della Russia, col supporto della dirigenza ortodossa, nell’aggressione all’Ucraina.
Georgia
La Chiesa ortodossa locale, che rappresenta l’80% dei quattro milioni e mezzo degli abitanti, è stata tentata dalla forza di governo (Sogno georgiano) confermata nelle recenti elezioni (26 ottobre) dalla proposta di fare del cristianesimo ortodosso la religione di stato, rafforzando il suo ruolo nella costituzione della nazione. Ipotesi suggestiva che, però, esporrebbe la Chiesa alle variazioni e contraddizioni della politica. Come si vede nel difficile equilibrio del patriarcato rispetto alle permanenti ed estese proteste scatenate dalla decisione del governo di interrompere le trattative con l’Unione Europea (UE), accettando nei fatti le pretese dell’egemonia russa.
Il patriarca Elia II si è espresso in passato a favore dell’entrata del paese nell’UE e ha invitato al rispetto della legge nei violenti scontri di piazza che contrappongono frontalmente i pro-europei ai pro-russi. L’opposizione popolare contesta i brogli e le manipolazioni delle elezioni, il cui esito è stato tuttavia confermato dalla Corte costituzionale. Le proteste hanno sostegno in molti ambienti e ceti: dai giovani agli avvocati, dai funzionari di stato agli ambasciatori, dagli operai agli imprenditori.
La neutralità della Chiesa suona come un consenso alla svolta pro-russa emersa nei mesi scorsi dall’assenso ecclesiale a una legge sui valori tradizionali della famiglia, dalla critica del patriarca verso la presidenza della repubblica (S. Zourabichvili, pro-europea) per il suo appello agli studenti di partecipare alle manifestazioni e da gesti di irrisione verso la religione emersi nelle piazze in rivolta.
All’agenzia SIR l’amministratore apostolico, mons. Giuseppe Pasotto, ha detto: «Le strade sono piene di gente. La situazione potrebbe trasformarsi in un conflitto aperto. Speriamo non succeda nulla, che non ci sia un incidente che possa causare una grande esplosione […] Ci sono molte persone che hanno vissuto il periodo sovietico e non vogliono tornare a vivere in quel clima».
Romania
La Chiesa ortodossa romena che rappresenta l’85% dei venti milioni di abitanti è stata sorpresa, come l’insieme delle istituzioni del paese, dall’esito delle recenti elezioni legislative (1 dicembre) con la contrazione delle due forze maggiori (socialdemocratici e liberali) rispetto a vari partiti di destra ed estrema destra. Ma soprattutto era imprevedibile il risultato del primo turno dell’elezione del presidente della Repubblica (24 novembre) che avrebbe dovuto compiersi nel ballottaggio l’8 dicembre.
L’uomo nuovo è di destra radicale e apertamente filo-russo, Calin Georgescu. Apparso come una meteora era indicato dai sondaggi a non più del 10% dei suffragi. Nella consultazione per il presidente è risulto il primo col 23% dei voti rispetto agli altri 12 candidati. Georgescu era un ignoto consulente amministrativo senza appartenenze partitiche e ha ottenuto un risultato folgorante soprattutto attraverso i nuovi mezzi comunicativi (Tik Tok).
Promuove posizioni reazionarie e filo-russe: la caduta di Ceausescu fu un colpo di stato; il collaborazionista nazista I. Antonescu era un eroe della nazione; Vladimir Putin è un vero leader; porre fine agli aiuti militari per l’Ucraina; la NATO non difende la Romania; ritiro immediato della Romania dell’Unine Europea; la politica estera la possono fare da Mosca; i rifugiati ucraini tornino a casa loro ecc. La sua presa sull’elettorato è stata fatta sostanzialmente sui social media, Tik Tok in particolare.
I servizi segreti nazionali denunciano 85.000 cyberattacchi al primo turno e fanno presente alla magistratura gravi irregolarità nelle operazioni di sostegno alla sua candidatura. Un discusso imprenditore versa un milione mezzo di euro per far lievitare gli account. Tutti attribuibili a centrali russe, anche se l’identificazione non è facile. Sulla base dei dati dei servizi segreti la Corte costituzionale il 6 dicembre annulla l’intero processo elettorale per la presidenza (non quello delle elezioni generali). È una sorta di terremoto istituzionale che spinge tutti contro tutti.
La Chiesa, attestata su una separazione rigorosa del clero rispetto alla lotta politica, riafferma la sua scelta europeista in un comunicato del 4 dicembre: «fermo impegno a favore dell’adesione della Romania all’Unione Europea» e «neutralità durante le campagne elettorali». È interessante notare che i candidati anti-sistema, a partire da Georgescu cercano di organizzare domenica 8 dicembre delle manifestazioni davanti alle chiese per protestare contro la Corte costituzionale, costringendo il patriarcato a intervenire per ammonire preti, monaci e fedeli perché «non partecipino a tali azioni contrarie sia alla legge che alla pace sociale» (8 dicembre).
L’invito alla calma sociale non nasconde la vicinanza delle scelte ecclesiali al conservatorismo come ad esempio nel promuovere i «nuovi martiri» senza interrogarsi sui loro precedenti orientamenti filo-nazisti, la prossimità alle istanze nazionalistiche e identitarie e la scarsa disponibilità a rivedere la propria storia anche in senso autocritico.
Moldavia
La Chiesa ortodossa nel paese è attraversata dallo scontro fra obbedienza russa, ancora prevalente, e adesione alla Chiesa romena (cf. qui su SettimanaNews). Una separazione che riproduce lo scontro tra filo-russi e filo-occidentali. Le elezioni recenti (20 ottobre e 3 novembre) hanno confermato l’attuale maggioranza politica pro-europeia e hanno visto prevalere nel referendum abbinato alle elezioni, il voto per l’Europa. Ma con uno scarto minimo, assai più ristretto del previsto.
Ancora una volta si denuncia un massiccio intervento da guerra ibrida e attraverso mezzi non convenzionali da parte della Russia che ha il controllo di una regione di confine (la Transnistria) con una presenza militare di rilievo. Le autorità locali denunciano un investimento corruttivo russo dell’ordine di 100 milioni di euro e un intervento massiccio sui media e sui social per svilire e mettere in cattiva luce l’opera dell’UE.
La divisione ecclesiale segue il crinale dei pro-russi e pro-romeni (o pro-europei), senza segnalare particolari attività nel contesto politico-istituzionale.
Bulgaria
Le elezioni del 9 giugno scorso hanno sì confermato l’indirizzo complessivamente pro-europeo delle rappresentanze politiche, ma anche la loro divisione, difficilmente compattabile in una maggioranza affidabile. È la settima elezione nell’arco di tre anni.
In crescita è il partito filo-russo, Rinascita. La scelta del nuovo patriarca (Daniele) esprime con chiarezza un indirizzo filo-russo della Chiesa locale e la sua elezione, avvenuta il 30 giugno, non è stata esente da intrighi e condizionamenti vistosi (cf. qui su SettimanaNews). La spinta per una presenza sociale e politica della Chiesa locale è visibile nell’incontro del patriarca con la nuova presidente dell’Assemblea nazionale, Natalia Kiselova (11 dicembre) che ha confermato il ruolo fondamentale della Chiesa nella storia e nell’attualità del paese.
Il patriarca ha chiesto la promozione dei valori morali tradizionali e ha garantito la fedeltà patriottica della Chiesa. Ha anche formalmente chiesto l’introduzione della religione come materia obbligatoria nelle scuole nazionali.
È facile prevedere che l’entrismo delle Chiese ortodosse nelle istituzioni nazionali possa essere confermato e alimentato nel prossimo futuro e che il patriarca di Mosca non rinunci a pretendere una influenza non solo sulla tri-unità dei popoli russi (ucraino-russo-bielorusso), ma anche sulle Chiese che hanno fatto parte dell’Unione Sovietica. In sintonia con l’interventismo non convenzionale della dirigenza politica della Russia.
Continua in Occidente un disastro comunicativo, fondato su ignoranze e fraintendimenti. Sento assolutamente necessario fornire delle spiegazioni.
– Nel mondo ortodosso il Patriarcato di Mosca era già al fianco e non dietro il Patriarcato di Costantinopoli. Il recente distacco ha significato la fine di una coordinazione. Dunque preoccuparsi delle maggiore intraprendenza degli ortodossi russi significa porsi contro la vita della loro istituzione ecclesiastica, non significa fare critica né difendersi.
Mosca, quale ‘Terza Roma’, non è un abuso. I fatti in Ucraina vanno correttamente interpretati ma in tanti si rifiutano per un antagonismo che in tempi di ecumenismo non doveva riemergere.
– Dal -medio Evo alla modernità, le Nazioni europee sono una novità di portata plurimillenaria, cioè rappresentano una creazione etnica e sociale che ha rivoluzionato il corso di numerosissimi millenni – gli storici ufficiali non saprebbero enumerarli. Gli Stati Nazionali sono sorti attorno al Diciannovesimo Secolo e chi non ha capito questo corso immenso pensa si tratti di un evento secondario da metter già da parte a favore di un grande assembramento, guidato da una base democratica illuminata da principi ritenuti a torto scienza, nel segno di una omologazione coatta che i colpevoli non vogliono sentirsi descrivere: se si dice di coazione e costrizione al meticciato, qualcuno, troppi fingono che si stia odiando e avversando i meticci. In realtà di razzismi ve ne sono e possono essere vari, anche quello meticcio, oltre che bianco, nero, giallo, rosso… La vera democrazia non è una forma di demenza criminale.
– Le memorie scomode legate allo spirito ortodosso sono tali ancor di più per Stalin che per Hitler e Mussolini e i Soviet non vanno confusi con la dittatura atea-comunista coeva. I valori tradizionali ortodossi non risultano legati a particolari forme di governo statuale. Aristocrazia, democrazia, autocrazia… tutto potrebbe andare. Nessuna chiesa veramente cristiana è prevenuta, al di là delle scelte dei momenti, e non si vede perché non si debba valutare la posizione cristiana russa ortodossa secondo il principio di libertà politica, che è anche cristiano.
Perciò non ha senso vedere le dinamiche attuali del mondo russo ortodosso come tentazioni o cedimenti alle tentazioni.
MAURO PASTORE