L’indagine sulla pedofilia nella Chiesa francese ha permesso di rilevare una realtà insospettata e drammatica di abusi sessuali: negli ultimi settant’anni, 330.000 casi, riconducibili a chierici e laici al servizio della Chiesa.
Ma questa è la punta di un iceberg di 5.500.000 vittime che sarebbero state abusate da altre persone appartenenti a diverse istituzioni in tutta la Francia.
Come hanno agito in Francia
Ci troviamo, di fronte – ha dichiarato il 29 febbraio scorso il gesuita Federico Lombardi – a una tragedia che, finora, è stata sottovalutata e che è molto più numerosa e grave di quanto normalmente abbiamo potuto conoscere attraverso le denunce che sono state fatte.
Apprezzo per questo – ha aggiunto l’ex portavoce della Santa Sede – «il grande coraggio» dei vescovi francesi perché, «istituendo questa commissione e aprendo i loro archivi», hanno portato alla luce una tragedia ecclesiale e sociale di dimensioni incredibili.
Poco tempo prima aveva preso una posizione critica sul metodo di indagine utilizzato; si tratta di un argomento che sta facendo scorrere fiumi di inchiostro: non condivideva la metodologia messa in atto, ma questa discrepanza non annullava affatto l’esistenza di una drammatica e inaudita realtà di abusi sessuali, sia nella Chiesa sia nella società francese in generale.
P. Lombardi ha concordato – almeno in parte – con le critiche mosse da otto membri dell’Accademia cattolica francese per i quali la stima delle vittime in seno alla Chiesa francese era il risultato della proiezione, negli ultimi settant’anni, dei casi di persone abusate, di un’indagine di opinione prodotta attraverso un modulo Internet.
Procedendo in questa maniera – dicevano i membri dell’Accademia – si stavano trascurando le 2.738 testimonianze ricevute e convalidate. Allo stesso modo essi denunciavano l’enfasi posta sulla necessità di un cambiamento «sistemico», sia organizzativo che dottrinale, nella Chiesa cattolica; cosa – hanno concluso – che non era accettabile.
L’8 febbraio, la Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa francese ha risposto a questi membri dell’Accademia cattolica, accusandoli di «non ascoltare il grido delle vittime» e di cadere «nella trappola del clericalismo», nonché di rinunciare al fatto che c’è «qualcosa da cambiare nella Chiesa».
Approfondendo la questione più tecnica, sono stati forniti due studi di specialisti in inchieste, in uno dei quali si poteva leggere che le cifre, «sebbene fragili», «sembravano plausibili». Tuttavia, si poteva anche leggere che «per rendere le stime più attendibili», sarebbe auspicabile che, in futuro, i risultati fossero confermati da altre «indagini a campione» attraverso le quali coprire «l’intera popolazione alla quale, si presume, si riferiscano queste stime». Finché non si procede in questa maniera, «non possiamo garantire che non vi sia un pregiudizio significativo che influisce» sui dati indicati, rendendo impossibile «assicurare» che il metodo e la selezione degli intervistati non presentino «una struttura squilibrata».
Come hanno agito in Germania
La Conferenza episcopale tedesca, a differenza di quella francese, quasi una decina di anni fa aveva chiesto alle università di Mannheim, Heidelberg e Giessen di effettuare un’indagine sul coinvolgimento di sacerdoti, diaconi e religiosi (dal 1946 al 2014),
I risultati sono stati resi pubblici nel 2018. Niente a che vedere con le cifre del Rapporto francese. Da allora, almeno 20 diocesi (su 27) hanno affidato a diverse équipes indipendenti di avvocati, psichiatri, gerontologi, storici, criminologi e archivisti quello che è stato definito «riesame diocesano», contando per questo, oltre che sulle testimonianze delle vittime che si sono rivolte agli inquirenti, sulla documentazione degli archivi di tutte le diocesi.
I loro risultati, meno spettacolari dal punto di vista mediatico, non sono oggetto della squalifica che ha avuto il Rapporto francese.
E in Spagna come ci si muoverà?
Resta da vedere quale metodo sarà adottato sia dalla Commissione investigativa che, su incarico del parlamento spagnolo, guidata dal difensore civico, sia da quella incaricata dalla Conferenza episcopale spagnola, attraverso lo studio legale Cremades & Calvo-Sotelo. E anche come si eviteranno le critiche di chi ha già affermato che la pedofilia, in quanto «problema della società», deve essere investigata da una «commissione globale», per rispetto di «tutte le vittime»; o quelle di coloro che affermano che si tratta di un’iniziativa politica, comprensibile solo nel quadro di una bellicosa offensiva laicista.
Ritengo fondamentale che entrambe le Commissioni svolgano accuratamente il loro lavoro, senza dare adito a sospetti di credibilità che finiscono per aggravare le argomentazioni di chi leggerà i loro rispettivi Rapporti con opinioni opposte a quelle delle vittime.
Mi piacerebbe che, almeno in questa occasione, la Chiesa svolgesse bene il suo compito; cosa che ritengo più fattibile se le due Commissioni spagnole opteranno per la metodologia seguita in Germania.