Un pellegrinaggio e l’emergenza Europa: così si può sintetizzare la celebrazione dei 660 anni del santuario di Monte Lussari, al confine fra Italia, Austria e Slovenia. Il 25 luglio si è rinnovata una tradizione che rimonta a un luogo di culto del patriarcato di Aquileia del 1360 e a una statua miracolosa di Maria. I «tre popoli» rappresentati nel pellegrinaggio di quest’anno dai loro vescovi (mons. Andra Mazzocato di Udine, mons. Stanislav Zore di Lubiana- Slovenia, mons. Josef Marketz di Klagenfurt-Austria, mons. Jurij Biziak Capodistria-Slovenia) hanno rinnovato un gesto di devozione secolare.
Facilitato nel passato dall’appartenenza all’impero asburgico di quei territori, esso ha subito interruzioni occasionali e non (l’illuminismo “giuseppinista” e la Prima guerra mondiale). La rinnovazione dell’edificio sacro è avvenuta in particolare negli anni ’30 del ‘900, grazie all’opera del pittore Tone Kralj. Il pellegrinaggio dei «tre popoli» è stato ripreso in occasione dei 600 anni nel 1960 e, con uno spiccato senso europeista, dal 1982, quando il vescovo di Klagenfurt, mons. Egon Kappellari, incrociò l’istanza europeista di Giovanni Paolo II.
Con tutte le cautele e le disposizioni legate all’emergenza del Covid-19 la celebrazione di quest’anno ha confermato, come ha ricordato nella sua omelia il vescovo di Udine, Andra Mazzocato, «un segno di unità posto nel cuore del continente europeo. È il santuario dei tre popoli che nei secoli hanno formato l’Europa, diversi tra loro per lingua e tradizione, ma uniti dalle comuni radici cristiane».
«Eredi di una millenaria tradizione e di tanti pellegrini che ci hanno preceduto nei secoli sul Monte Lussari, ci siamo oggi riuniti per testimoniare che i popoli europei possono avere ancora una speranza di unità e di solidarietà reciproca se si riconoscono tutti figli di Dio, raccolti sotto la croce di Gesù e il manto della Vergine madre. Siamo qui per pregare Maria, madre dell’unità, per tutta l’Europa che sta attraversando un momento delicato e decisivo che può consolidare o, al contrario, disgregare la sua unità».
«Affidiamo all’intercessione di Maria tutti i politici e gli amministratori che in questo momento sono chiamati a governare i destini dei loro popoli. Tocca a loro difendere e potenziare il grande progetto di un’Europa unita come una sinfonia di tradizioni e culture diverse irrorate dall’unica linfa vitale che è il Vangelo di Gesù. Quando questa linfa viene meno, cominciano a scorrere liquidi tossici che infettano la società fino a corrompere anche le leggi che dovrebbero salvaguardare il bene comune. Purtroppo, non possiamo non constatare che questa intossicazione delle menti, dei cuori e delle coscienze è in atto con segni preoccupanti. Pensiamo all’offuscamento del senso della dignità della persona dal suo concepimento alla sua morte fisica, a certi stravolgimenti del significato della famiglia, alla miopia nel vedere i bisogni dei più deboli, degli “scarti” secondo il linguaggio di papa Francesco».
La celebrazione liturgica ha coerentemente usato le diverse lingue dei pellegrini: tedesco, sloveno e italiano.