«Alla luce dei recenti tentativi, senza precedenti e su larga scala, di screditare l’opera di san Giovanni Paolo II, i vescovi invitano tutti a rispettare la memoria di uno dei nostri più illustri connazionali» – cosi scrivono i vescovi polacchi nel comunicato finale dell’assemblea generale (13-14 marzo).
E aggiungono: «La modalità di risoluzione dei problemi relativi ai crimini commessi da alcuni ecclesiastici nel passato contro i minori, sarà oggetto di lavoro da parte di specialisti, tenendo conto del problema della credibilità dei documenti del periodo della Repubblica popolare di Polonia. I vescovi intendono costituire una tale commissione, preoccupati anzitutto per il benessere delle vittime».
Rovesciando una diffidenza di lunga data, la scelta di una commissione indipendente è fatta sulla consapevolezza dell’ambiguità degli archivi della polizia segreta comunista che, proprio negli stessi giorni, portava alla luce l’assassinio per ragioni politiche del p. F. Blachnicki, ucciso nel 1987 a Karlsberg (Germania).
Nella conferenza stampa successiva all’assemblea, il primate, mons. W. Polak, ha chiarito: «Nell’ambito dei compiti della commissione ci sarà sicuramente un esame approfondito dei documenti degli archivi sia statali che ecclesiastici, per presentare il contenuto nella sua interezza, tenendo conto delle leggi e delle conoscenze scientifiche, nonché del contesto socio-culturale». «Il lavoro sarà soprattutto un aiuto per le vittime che meritano la verità e l’aiuto nella guarigione, legata al chiarimento di tutti questi casi».
Wojtyla complice?
Andando oltre l’immediata reazione difensiva, i vescovi si smarcano dal violento scontro politico per affrontare di petto il problema. Il 5 marzo, un documentario messo in onda sulla TVN24, di proprietà della catena statunitense Discovery, aveva raccontato, con fonti d’archivio e testimonianze dirette, tre casi in cui l’allora vescovo di Cracovia (1964-1978), Karol Wojtyla, poi papa Giovanni Paolo II, non avrebbe affrontato adeguatamente la questione degli abusi dei suoi preti.
La trasmissione, a firma di Marcin Gutowski, anticipava di alcuni giorni il libro di Ekke Overbeek, Mea maxima culpa. Giovanni Paolo II sapeva. La tesi: il futuro papa fu complice negli abusi, tenendoli segreti e spostando i predatori da un ruolo ad un altro.
La trasmissione ha avuto un grande rilievo di ascolti e di discussioni: sulla verità dei fatti, sullo sfregio nei confronti di un “monumento” nazionale, sull’affidabilità delle fonti. Il presidente della conferenza episcopale, mons. S. Gadecki, accusa l’inchiesta di mancanza di spirito critico verso documenti dei servizi segreti comunisti, ma, contestualmente, ammette che «difendere la santità e la grandezza di Giovanni Paolo II non significa che non abbia potuto commettere errori».
Dei tre casi illustrati, il coordinatore della Conferenza episcopale, p. A. Zak, fa notare che due erano già noti e che il terzo non cadrebbe sotto la censura legale per l’età della vittima (allora fissata a 16 anni). Ma sia lui che il capo ufficio di mons. Polak, delegato dei vescovi per il problema, P. Studnicki, chiedono un’indagine più dettagliata attraverso gli archivi ecclesiastici.
La decisione sulla commissione va in questo senso. Essa corregge la sicurezza con cui i vescovi hanno difeso Giovanni Paolo II da ogni critica in una lettera pubblica del novembre scorso.
Opinione pubblica divisa
Sono passati in secondo piano i risultati del rapporto (2022) sulla tutela dei minori e le vittime di abusi. Attraverso i 179 delegati zonali sono pervenute 84 segnalazioni di abusi che riguardano gli anni dal 1965 al 2022. Per il 25% le vittime hanno meno di 15 anni.
I contatti di aiuto sarebbero 307 a livello di diocesi e religiosi, mentre la Fondazione san Giuseppe (organo sostenuto dall’insieme delle Chiesa) ha finanziato direttamente la cura di 36 persone, avviando numerosi corsi di formazione e uno specifico lavoro sulla “parrocchia sicura”. 114 le sovvenzioni per borse di studio, progetti di prevenzione e formazione scientifica.
Per quanto può servire, secondo un sondaggio della Wirtualna Polska quanti sono convinti della copertura degli abusi da parte del papa defunto sarebbero il 35%, mentre il 31% affermano il contrario. Un terzo non si esprime.
Scontro politico
Lo scontro politico, complice le elezioni non lontane, è esploso. La maggioranza parlamentare di centro-destra ha approvato una risoluta condanna contro «la vergognosa campagna mediatica, fondata in gran parte su materiali degli apparati oppressivi della repubblica popolare di Polonia, nei confronti del grande papa Giovanni Paolo II, il polacco più eminente della storia». «Il popolo polacco e i suoi rappresentanti democraticamente eletti non permetteranno mai che la sua memoria venga distrutta con materiali forniti dal sistema comunista a cui si è opposto».
Il presidente A. Duda ha detto: «Per noi polacchi la memoria di san Giovanni Paolo II è elemento integrante del nostro patrimonio nazionale e fa parte della ragion di stato polacca che dobbiamo sostenere con assoluta devozione e determinazione».
Per questo è stato convocato al ministero degli esteri l’ambasciatore degli Stati Uniti per fargli presente che la trasmissione si configurava come parte di una “guerra ibrida” per dividere la società polacca e indebolire il fronte anti-russo e pro-ucraino.
Per il primo ministro M. Moravecki, «oggi la guerra si svolge non solo oltre i confini orientali della Polonia. Sfortunatamente ci sono circoli che stanno cercando di provocare una guerra civile nel paese».
L’area liberale e di sinistra accusa la Chiesa di un sistematico sostegno alla destra, giustificando le decisioni e gli indirizzi antidemocratici del governo e alimentando lo scontro ideologico. La scelta della commissione indipendente potrebbe favorire un confronto civile più pacato e dare maggiore credibilità al lavoro ecclesiale sulle vittime.
Wojtyla di frutti, e meravigliosi, ne ha già dati da non potersi quantificare. L’operazione mediatica è tutta da verificare sullo sfondo della guerra culturale in atto in Polonia. Ma è ovvio che qualcuno (dentro e fuori la Chiesa) si frega le mani pensando di poter buttar giù un’icona del cattolicesimo più assertivo nei confronti di una post-modernità ebbra di utero in affitto, eutanasia, aborto, indifferenza ai poveri ed ai migranti, rapporti umani liquidi (quando non evaporati) ecc. Staremo a vedere cosa succederà.
Quel discutibilissimo “Santo Subito” inizia a dare i suoi frutti… Fa specie la reazione isterica del governo polacco che evidentemente è così debole da vacillare se la figura di Wojtyla viene toccata.