Dal 20 aprile è entrato in vigore un decreto della Conferenza episcopale polacca sulla presenza di preti, religiosi e laici associati nei media. Non solo stampa, radio e TV, ma anche i social (Facebook, Instagram, Tik Tok, Twitter).
Il documento aggiorna una precedente normativa del 2004 e scandisce in 18 punti le indicazioni per la presenza sui media «del clero, dei membri degli istituti di vita consacrata e delle associazioni di vita apostolica, sia maschi sia femmine», compresi i laici di associazioni riconosciute. Essi possono operare solo con l’espressa indicazione dei rispettivi superiori e «sono tenuti a trasmettere fedelmente l’insegnamento cattolico secondo la dottrina del magistero della Chiesa e a rispettare gli orientamenti e le decisioni della Conferenza episcopale polacca».
È inoltre richiesto che si «caratterizzino per fedeltà all’insegnamento del Vangelo, affidabile professionalità, adeguate competenze, prudenza, responsabilità, cura e amore per la verità e una sincera ricerca del bene comune, perché la Chiesa possa esercitare efficacemente la sua funzione».
Non in contrasto con fede e morale
Sono chiamati «ad annunciare gli insegnamenti di Cristo e non le proprie opinioni o punti di vita, specialmente quando essi possono causare confusione, scandalo, divisioni o emozioni negative, condizionanti la fede e la morale dei fedeli».
Vanno osservate le norme in materia di tutela dei minori, dei diritti d’immagine e degli autori. Non possono collaborare con testate laiche senza consenso del proprio ordinario. Essi portano la responsabilità morale e legale di quanto comunicano.
Anche nel caso dei social gestiti a livello personale essi «sono percepiti come rappresentanti della Chiesa». Non possono quindi impegnarsi in campagne di opinione o progetti mediali contrari alla fede e alla morale cattolica. «Si presentino con l’abito clericale o religioso in uso in Polonia».
Il superiore è responsabile dell’amministrazione del sito web e sui profili e gli account deve essere chiara l’appartenenza alle istituzioni ecclesiali. «Non è possibile celebrare il sacramento della penitenza e della riconciliazione attraverso i media, compreso il telefono o internet. Le messe possono essere trasmesse solo in diretta e non in differita. In caso di violazioni, l’ordinario «è tenuto a impartire opportune istruzioni, introdurre le necessarie restrizioni e, nei casi opportuni, le sanzioni, anche penali, previste dalla legge».
Le indicazioni valgono anche per i laici «che ricoprono uffici ecclesiastici o svolgono funzioni di rappresentanza in enti canonicamente riconosciuti o in associazioni e fondazioni ecclesialmente connotate».
Il testo è stato approvato dall’assemblea della conferenza episcopale nell’ottobre del 2022 e, dopo la ricognizione vaticana, porta la data del 4 marzo 2023.
E il reato di omertà?
Non sono mancate critiche e perplessità.
Il gesuita Dariuz Piorkowski ha chiuso il suo profilo Facebook: «A causa delle regole piuttosto rigide sulla presenza di preti e gesuiti nei vari media, stabilite dalla conferenza episcopale e separatamente dai nostri superiori, ho deciso di interrompere la mia attività dal 20 aprile, quando entrano in vigore le regole. Forse un giorno verranno tempi migliori». Un suo confratello, attivo a Dublino, Krzysztof Madel, ha così commentato la decisione dei vescovi: «La Polonia è probabilmente l’unico paese del mondo in cui vengono pubblicati decreti di questo tipo».
Uno degli estensori ricorda che le norme sono solo un aggiornamento di altre già in essere e che sono giustificate da posizioni radicalmente anti-vax o di tono nazionalistico registrate e denunciate. Madel fa tuttavia presente che, nel documento, non si dice nulla «del reato di omertà», contraddicendo così la testimonianza della fede.