All’ultima assemblea dei vescovi polacchi (392a) è stato ufficializzato il documento della commissione dottrinale sui criteri di ecclesialità per le «comunità e movimenti per la formazione e l’evangelizzazione» (approvato il 14 maggio scorso). La formula comprende associazioni, gruppi, comunità e movimenti.
L’intento è di proteggere e promuovere la loro attività, ma il tono complessivo è attraversato dall’esigenza del disciplinamento e della custodia del deposito integrale della fede.
Una prima parte è dedicata ai criteri dottrinali, una seconda a quelli teologici e pastorali. Il testo si sviluppa in una quarantina di pagine.
Tutte queste nuove realtà costituiscono un dono dello Spirito alla Chiesa, ma non sono esenti dai pericoli di distorsione delle verità e delle prassi credenti.
I criteri offerti dal documento prendono origine dal credo niceno-costantinopolitano, dalle “note” della Chiesa (una, santa, cattolica, apostolica) e dall’elenco dei frutti dello Spirito ricordati da Paolo in Gal 5,22-23.
Fede integra
I criteri dottrinali si riferiscono all’integralità della fede, alla celebrazione dei sacramenti e alla fedeltà all’apostolicità della Chiesa. La fede ha dei contenuti che sono ad un tempo dogmatici, liturgici e morali. La loro trasmissione avviene nella traditio che va da tutti accettata. L’affermazione della misericordia di Dio non sostituisce l’esigenza della sua giustizia.
Anche il concetto di “gerarchia delle verità” va maneggiato con cura. Non si può rimuovere nessun libro biblico o contrapporre Antico e Nuovo Testamento, né svilire i contenuti del simbolo della fede, dei concili, del magistero papale ed episcopale. Conseguentemente le rivelazioni private e i carismi individuali o collettivi (come il dono delle lingue) sono subordinati ai primi.
La fede è, ad un tempo, questione di contenuti (fides quae) e di consenso (fides qua). Verità e grazia, ragione e volontà, vanno declinati assieme: «l’esclusione della razionalità o della libertà è incompatibile con la dottrina della Chiesa». Così, l’enfasi sull’emotività può provocare dipendenze improprie.
C’è un primato dell’economia sacramentale nella trasmissione della grazia su qualsiasi altra forma di preghiera e di azione paraliturgica. I sacramenti hanno priorità su tutti gli altri segni, forme espressive, preghiere o azioni liturgiche. Comprese le preghiere di “liberazione” o gli esorcismi.
C’è un inevitabile riferimento al ministero ordinato (apostolicità). «Va ricordato con particolare forza che nessun carisma o dono straordinario dello Spirito permette a chi lo riceve di agire contro la struttura sacramentale e apostolico-gerarchica della Chiesa». Così, nella celebrazione liturgica non è lecito “oscurare” il compito del presbitero, enfatizzando il sacerdozio comune o affidando la predicazione ai laici.
Nessun fondatore può pretendere di sostituirsi al discernimento o al governo che spetta ai pastori. Tanto meno di imporre sanzioni e di poterle togliere. Il fondatore è soggetto alle regole morali e alle leggi canoniche come tutti. Ciascun membro può legittimamente ricorrere al proprio vescovo.
Appartenenza e doni dello Spirito
I criteri teologici e pastorali si sviluppano attorno alle “note” ecclesiali: una, santa, cattolica, apostolica.
L’unità ecclesiale non è uniformità o conformismo. Essa è un dono che va accuratamente custodito e alimentato. È inaccettabile, ad esempio, impedire a credenti che non appartengono al proprio movimento di partecipare alle sue azioni liturgiche oppure sottrarsi come gruppo alle iniziative pastorali della diocesi e della parrocchia. D’altra parte, la diversità non è da considerarsi un male necessario ma l’espressione di un’autentica ricchezza dei doni dello Spirito.
Ciascuna associazione e ciascun credente in essa è chiamato alla santità, che non può essere mai confusa con un generico benessere o “trovarsi bene”. Essa richiede coerenza morale, servizio ai poveri e ascesi spirituale. La grazia di Dio non è una tecnica di meditazione e lo “stare bene” non è comunione dei santi. È pericoloso sia il ripiegamento intimistico, sia l’attivismo pervasivo.
Ciascun movimento è associazione deve essere consapevole di far parte del “pellegrinaggio” della Chiesa nel mondo e nella storia. Il peccato è vinto dalla grazia anche se la “pienezza” è attingibile solo nell’eschaton. Le comunità che sottolineano solo la peccaminosità dell’uomo generano comportamenti nevrotici e dipendenze. Non è accettabile la confessione davanti alla comunità.
La dimensione della cattolicità ha una declinazione interna (apertura a tutti) e una dimensione esterna (attenzione all’insieme della Chiesa).
L’apostolicità impegna tutti all’annuncio coraggioso del vangelo.
I frutti maturi di ogni movimento e associazione sono i doni dello Spirito come l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la bontà ecc. (Gal 5,22-23).
«Questo documento non aggiunge nuove regole al corretto funzionamento di comunità e movimenti. Non è di natura legale. È indirizzato a tutti i membri, fondatori, animatori e responsabili come strumento utile per discernere la comunione di ogni gruppo e comunità con la Chiesa universale… Il suo scopo è quello di preservare, proteggere e sostenere il grande bene che i movimenti rappresentano nella vita della Chiesa cattolica».