Portogallo: rapporto sugli abusi

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Presentazione del rapporto della Commissione Strecht

In 486 pagine il Rapporto sugli abusi nella Chiesa portoghese raccoglie le violenze sui minori fra il 1950 e il 2022. Dopo un anno di lavoro, la commissione, presieduta da Pedro Strecht, ha identificato 4.815 vittime. Le testimonianze raccolte a livello nazionale sono state 564, di cui considerate valide 512.

L’età media delle vittime è di 52 anni e il 20% dell’insieme ha meno di 40 anni. Denunciano per la prima volta il 48% dei contattati. I luoghi comuni delle violenze sono: seminari, convitti, collegi, sagrestie, abitazione dei preti, campi e campeggi estivi. Le vittime sono maschi per il 52%.

La maggioranza si dicono cattolici (53%). I praticanti sono il 26%. Gli abusatori o predatori, di cui non si è ipotizzato un numero per l’incertezza delle memorie, sono comunque per il 90% maschi e per il 77% preti.

4.815 vittime

Il numero complessivo delle vittime è ben superiore alle attese ed è stato indicato grazie alle testimonianze. Solo per il 28% di esse vi è la convinzione dell’interessato di essere stata l’unica vittima. I casi accertati dai tribunali ecclesiastici erano circa 400 e il Rapporto spiega che la denuncia copre solo l’11% dei casi.

Quando essa è avvenuta, le vittime attestano l’allontanamento dell’abusante per il 16%, ma per il 65% non è avvenuto nulla. «È una ferita aperta – ha commentato José Ornelas, vescovo di Leira-Fatima e presidente della conferenza episcopale – che ci fa male e ci fa vergognare. Chiediamo perdono a tutte le vittime: quelle che hanno dato coraggiosamente la loro testimonianza dopo lunghi anni di silenzio,  e quelle che vivono ancora con il loro dolore nel cuore, senza possibilità di condividerlo con altri». «Siamo consapevoli che nulla può riparare le sofferenze e le umiliazioni che sono state causate a voi e alle vostre famiglie, ma siamo disposti ad accogliervi e ad accompagnarvi nel superarle per recuperare la vostra dignità e il vostro futuro».

Il vescovo di Evora, Francisco Villas-Boas Senra Coelho, ha aggiunto: «Siamo consapevoli del buon lavoro compiuto (dalla commissione) e che dobbiamo chiedere a tutti un profondo perdono. Siamo consapevoli che sta iniziando un nuovo percorso, che ci è stata data una buona opzione per partire dalla realtà e dai fatti. E vogliamo davvero, con tutte le nostre forze, all’interno della realtà della Chiesa – che è parte della società − operare perché questi fatti non si ripetano più». Il prossimo venerdì 3 marzo sarà l’intera assemblea episcopale ad analizzare e ad approfondire il contenuto del Rapporto.

Diversamente dalla commissione francese

In una intervista a SettimanaNews, mons. Ornelas (2 ottobre 2022; cf. qui) aveva spiegato che la scelta della commissione indipendente era giustificata dal sospetto che i 400 casi censiti fossero molto minori di quelli reali e che le avviate commissioni diocesane non sembrassero in grado di «attirare» le denunce.

Da qui la scelta di affidare allo stimato psichiatra infantile Pedro Strecht il compito di formare e dirigere una commissione nazionale autonoma, in grado di attingere agli archivi, ma anche di avviare audizioni e contatti diretti con le vittime.

L’indirizzo dei vescovi, contrariamente a quanto successo alla Commissione Sauvé (CIASE) per la Chiesa francese, era per un lavoro diretto sulle vittime e non per un’inchiesta di tipo sociologico da cui inferire eventuali numeri assoluti: «Abbiamo voluto una commissione non in vista di indagini sociologiche, ma per farci vicini alle vittime e prendere atto della realtà cruda e devastante delle atrocità commesse».

Fra i commissari vi sono un ex giudice della Corte costituzionale, sociologi, psichiatri, assistenti sociali e antropologi. Il lavoro è durato un anno (gennaio 2022-febbraio 2023) ed è costato 200.000 euro.

Di sistema? Solo in alcuni ambiti

Il presidente della commissione, Pedro Strecht, ha testimoniato l’assoluta libertà d’azione di cui hanno goduto, senza pressioni o limitazioni. Considera complessivamente ridotto il numero delle vittime, anche se quello ottenuto non può essere considerato completo. Nello stesso tempo, i numeri impediscono di oscurare l’intera opera formativa della Chiesa. Anche se ci sono aree del mondo ecclesiale ancora oscure, «vere e proprie zone nere» dove l’abuso ha caratteri sistemici.

«Il carattere sistemico degli abusi non può tuttavia essere generalizzato a tutta la Chiesa perché riguarda una percentuale minore dei suoi membri. Sistematico era invece l’occultamento voluto dagli “interessati” oltre che da coloro che, ai livelli alti della gerarchia, ne erano a conoscenza».

La ragione dell’occultamento era quella di salvaguardare la reputazione istituzionale della Chiesa. Per decenni si è preferito il silenzio, in coerenza con la spinta del clericalismo, la svalutazione dei diritti del bambino e la diffidenza verso controlli dall’esterno. Fra i casi censiti, 25 sono stati trasmessi alla procura per accertamenti giudiziari.

Il Rapporto suggerisce alla Chiesa di approfondire il tema della colpa davanti al senso di colpa delle vittime, diversamente da quanto succede per i predatori. Molto delicata è la questione del perdono, a cui alcune vittime giungono mentre altre no. L’insieme dell’operazione verità promossa dalla Chiesa, a giudizio dello psicologo Ricardo Barroso, offre ad essa un percorso di purificazione, ma anche una nuova possibilità di risultare credibile.

Continuare il lavoro

Fra le raccomandazioni contenute nel Rapporto vi è quella di avviare uno studio nazionale sul caso degli abusi all’infanzia. Da una comparazione su 217 studi in merito si evince che il 18% delle ragazze e l’8% dei maschi subiscono abusi. La procura generale del paese denuncia fra il 2019-2020 7.142 reati sessuali contro minori.

Altra raccomandazione alla Chiesa è di avviare un nuovo organismo che, in continuità con la commissione, continui il monitoraggio dei fatti di violenza sui minori, composta da credenti e non, strumento per la verifica e la trasmissione alle procure di quanto emerso.

Altre raccomandazioni riguardano il dovere morale della denuncia, un gesto collettivo e comprensibile di richiesta di perdono da parte della Chiesa, il cambiamento della formazione iniziale e permanente del clero, la raccomandazione pratica di luoghi aperti per gli incontri personali, il sostegno psicologico alle vittime. Non si sono registrate molte richieste di risarcimento, ma il tema rimane da affrontare.

Commissioni diocesane e rumori mediali

Il Rapporto suona come stimolo alle commissioni diocesane, non particolarmente efficaci nella raccolta delle denunce, chiamate piuttosto alla formazione complessiva dei luoghi ecclesiali alla cura dei minori.

Il coordinatore nazionale, José Souto Moura, dopo il difficile tempo della pandemia, promette un maggiore rigore in merito e la messa in opera di un manuale di buone pratiche già preparato. Costituite con professionisti in gran parte laici, esse sono già attive in tutte le 21 diocesi del paese.

A margine del Rapporto si possono ricordare un paio di occasioni ampiamente discusse nel paese. La prima è il rumore dei media attorno a denunce di coperture di abusanti da parte del vescovo di Lisbona, Manuel  Clemente, e dello stesso presidente della CEP, Ornelas. Accuse e sospetti che si sono rivelati inconsistenti e superficiali.

La seconda riguarda una battuta del presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, che aveva qualificato le centinaia di testimonianze un numero non particolarmente elevato ma che, all’indomani della pubblicazione del Rapporto, ha voluto incontrare e valorizzare il risultato della commissione sottolineando l’importanza del lavoro compiuto per la sensibilizzazione dell’intero paese al problema dei minori.

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