Processo a Francesco d’Assisi

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Processo a Francesco, il nuovo libro di padre Enzo Fortunato, è il racconto di tre momenti cruciali della vita di Francesco d’Assisi, ai quali l’autore accosta tre momenti attuali di “processi” che coinvolgono il papa e la Chiesa, e ai quali essi rispondono nello spirito delle scelte del Santo, radicali come ogni scelta che si ispira al Vangelo.

I processi a san Francesco d’Assisi

I tre momenti della vita di Francesco d’Assisi sono tre processi a cui egli fu sottoposto: il processo del padre, di papa Innocenzo III, e dello stesso ordine francescano.

Il processo del padre Pietro Bernardone segnò il distacco definitivo del figlio da lui, nel contrasto tra due diverse visioni di vita: ricchezza e povertà. Un tema molto sentito da papa Francesco, nei suoi continui richiami a un’economia basata sull’equità e la giustizia sociale, proprio nello spirito francescano.

Francesco d’Assisi scelse i poveri, e i poveri ci sono anche oggi. I poveri li abbiamo sempre con noi (Mc 14,7), numerosi come allora.

Francesco d’Assisi si ribellò alla ricchezza. Ribellatevi, dice anche papa Francesco. È intollerabile, infatti, la rassegnazione di fronte a una ricchezza scandalosamente concentrata nelle mani di pochi.

Scrive Ignazio Silone in Uscita di sicurezza: «Donde viene ad alcuni quell’irresistibile intolleranza alla rassegnazione, quell’insofferenza all’ingiustizia, anche se colpisce altri? E quell’improvviso rimorso d’assidersi a una tavola imbandita, mentre i vicini di casa non hanno di che sfamarsi? E quella fierezza che rende le persecuzioni preferibili al disprezzo?». È il miglior commento al gesto del Santo d’Assisi, che Silone amava.

Il secondo processo è quello di papa Innocenzo III, riguardo alla faticosa approvazione della Regola e, quindi, alla nascita dell’Ordine.

Padre Fortunato ne prende spunto per parlare del processo a papa Francesco e alla «costante verifica della sua predicazione» (p. 48), fino a chiederne le dimissioni, da parte di alcuni cardinali, in merito a questioni legate alla Amoris laetitia, le quali hanno portato a «differenti modi di comprendere la vita cristiana» (p. 42). È, quindi, anche un processo all’interno della Chiesa stessa, come lo fu il terzo processo interno all’ordine francescano, per i dissidi relativi all’applicazione della Regola, e che si concluse con le dimissioni di Francesco.

Un’etica della comunicazione

Ma allora la Chiesa non tollera polemiche interne? No, dice padre Enzo, ma giudicare è un’altra cosa. «Un’ossessione normativa rischia di trasformare i religiosi in “giudici implacabili”» (p. 61). Cosa tanto più pericolosa oggi, in un’epoca di «agorà digitale, il luogo dove giudicare e condannare [avviene] prima di ogni sentenza» (p. 74). Pericolosa e disumana, perché si condanna senza conoscere, rovinando la vita delle persone, col distruggerne la reputazione, che nessun tribunale può ridare integralmente. Su quella persona rimarrà sempre una macchia.

Non bisogna giudicare, ma capire: che non vuol dire giustificare, ma mettersi nei panni degli altri. La giustizia deve fare il suo corso, certo, ma senza pietà non può esserci giustizia.

Molte sono le pagine evangeliche al riguardo, ma una mi sembra davvero esemplare: la stupefacente risposta di Gesù nel processo contro l’adultera: «Nessuno ti ha condannata?». «Nessuno». «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,1-11). Gesù non condanna perché conosce il cuore degli uomini; ed è misericordioso. È questo il suo insegnamento, quello di san Francesco e di padre Fortunato.

Qualche anno fa pubblicò Francesco il ribelle (Mondadori, Milano 2018), che forma un dittico, con questo nuovo libro: Francesco il rivoluzionario e il misericordioso, nel solco della rivoluzione e della misericordia evangelica.

Nella scena giottesca della rinuncia dei beni, Francesco è nudo, appena coperto da un lembo del mantello del vescovo. Davanti a lui c’è il padre irato. Francesco non lo guarda, ma a mani giunte guarda in alto, dove, tra le nubi, spunta la mano benedicente di Dio, a cui si affida.

Un libro, dunque, questo di padre Fortunato, che, alla biografia d’un uomo del Medio Evo, intreccia vita ed episodi della Chiesa contemporanea, perché l’esempio del Santo d’Assisi possa essere motivo di cambiamento di un comportamento umano apparentemente immutabile.

Ma è anche un libro che reclama un’etica della comunicazione.

C’è un’«etica della responsabilità» e un’«etica della convinzione» o «dei principi» (Weber). Responsabilità è da respondeo: sono io che decido, io responsabile prima di tutto di me stesso. Ma la responsabilità implica l’altro da me, con il quale mi rapporto operando, comunicando, o in altro modo. Concetto elementare quanto si vuole, ma fondamentale, senza il quale non può esserci convivenza. Nella quale sono libero non quando dico o faccio ciò che voglio, ma quando rispondo alle esigenze di chi vive con me e che risente delle mie scelte.

In un testo di papa Francesco [Con lo sguardo di Gesù (Corriere della Sera del 24 maggio 2020. Ora in Francesco, Diversi e uniti; LEV, 2020)], il papa si sofferma su un particolare ricordato da Marco nell’episodio di Gesù e il giovane ricco. Dopo che questi ha detto al Maestro di aver sempre osservato i comandamenti, Gesù lo fissa, lo ama e gli dice di vendere i beni e darli ai poveri.

«Senza quello sguardo – dice il papa – la comunicazione umana, il dialogo tra le persone può facilmente diventare soltanto duello dialettico, quello sguardo rivela, invece, che c’è in ballo un’altra questione, vertiginosa, che non ha al centro il merito della discussione, ma molto di più, il senso stesso dell’esistenza, mia e del mio interlocutore».

  • ENZO FORTUNATO, Processo a Francesco – Il messaggio del Santo nella rivoluzione di papa Bergoglio, Mondadori, Milano 2023.
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