Donne, poligamia, poveri, Chiese orientali, web: i Gruppi di Studio al lavoro nel Sinodo. Questo il titolo di un breve articolo[1] comparso su Vatican News ai primi di ottobre, in cui si dà conto della presentazione, in sede di apertura dell’Assemblea sinodale, del lavoro svolto e dei programmi futuri dei dieci gruppi istituiti a febbraio dal papa per affrontare, dal punto di vista teologico e canonico, le tematiche poste sui tavoli di lavoro sinodali.
Attingo da questo articolo alcune informazioni relative all’intervento del prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (ex Sant’Uffizio, ex Santa Inquisizione), cardinal Victor Manuel Fernández, portavoce del gruppo di lavoro dedicato alle «Forme ministeriali». Cuore dell’intervento del cardinal Fernández, la partecipazione delle donne alla vita e alla leadership della Chiesa.
Funambolismi
Secondo le brevi note riportate da Vatican News, il cardinale si è preoccupato innanzitutto di ribadire la posizione assunta pubblicamente dal papa in merito al diaconato femminile: non solo papa Francesco non considera la questione matura, ma «nella mens del santo padre ci sono altri temi ancora da approfondire e risolvere prima di affrettarsi a parlare di un eventuale diaconato per alcune donne».
Secondo il cardinale, ricondurre la questione della partecipazione delle donne solo o principalmente all’obiettivo del diaconato comporterebbe il rischio che il diaconato stesso diventi «una specie di consolazione per alcune donne», mentre «la questione più decisiva della partecipazione nella Chiesa resta trascurata».
Il gruppo di lavoro, ha affermato il cardinale, proseguirà nel suo impegno di studio e approfondimento, occupandosi di donne che nella storia della Chiesa «hanno esercitato una vera autorità» e mettendosi in ascolto di donne che, nella vita della Chiesa di oggi, in terre lontane come Africa e Indonesia, ricoprono ruoli di primo piano. In questo modo, secondo Fernández, si raggiungerà un duplice obiettivo: ridimensionare la questione del diaconato per le donne e provare «ad allargare gli spazi per una presenza femminile più decisiva».
Dall’intervento di Fernández, condensato nell’articolo in nemmeno venti righe, si evince che il tema del diaconato femminile, per quanto fastidioso, in vista del Sinodo sulla sinodalità non poteva essere messo spudoratamente sotto il tappeto. Qualcosa bisognava pur dire, e il cardinale, tenendosi in equilibrio sul nulla, se l’è cavata con un funambolico esercizio di eloquenza clericale.
La partecipazione delle donne
Voglio pensare che le parole del cardinale Fernández siano state riportate nell’articolo in modo impreciso. Perché se, stando a quanto si legge, la questione più decisiva per il cardinale, e per il papa, non è il diaconato delle donne ma la loro partecipazione nella Chiesa, l’affermazione fa davvero sorridere per la sua banalità.
La vita della Chiesa senza partecipazione delle donne non esiste e non è mai esistita. Da sempre, come scriveva Meneghello in Libera nos a Malo, «la fede si trasmette principalmente per linee ginecologiche». Cosa sarebbe stata la storia della Chiesa, se nelle chiese non ci fossero state le donne ad andare a messa, a guidare i rosari, a far recitare a figli e figlie le preghiere del mattino e della sera, a pulire i banchi e a preparare il caffè ai sacerdoti dopo la santa messa mattutina?
È evidente che la questione non è tanto la partecipazione in sé, quanto la partecipazione a livelli di guida autorevole. È evidente che «allargare gli spazi per una presenza femminile più decisiva» non significa allargare gli spazi della partecipazione di base – basta fare la conta delle presenze maschili e femminili alla messa domenicale per capire che, lì, la presenza delle donne è già più che decisiva.
Ma se interpreto bene l’articolo e quello che ha detto il cardinale, il «proviamo ad allargare gli spazi per una presenza femminile più decisiva» verrebbe ad indicare la volontà di assumere come possibile («proviamo…») l’ufficializzazione di ruoli autorevoli anche per le donne.
Che bell’esercizio funambolico, quel «proviamo». L’oggi delle nostre comunità è ricco e fecondo di esperienze di autorevolezza femminile non riconosciute e non sancite dal Codice, eppure ancora dobbiamo sentire dei cardinali che ci dicono «proviamo».
Come non ricordare il motu proprio Spiritus Domini che nel 2021 modificava il can. 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico, aprendo anche «ai fedeli di sesso femminile» il ministero laicale del lettorato e dell’accolitato? Quasi che, fino al 2021, nessuna donna avesse mai letto una lettura durante la messa o non avesse mai servito all’altare…
Un eventuale diaconato per alcune donne
I funambolismi si dipanano fin dalla premessa. C’è tanto da approfondire e risolvere prima di affrettarsi a parlare di un eventuale diaconato per alcune donne, afferma Fernández. Davanti al verbo affrettarsi più che sorridere ho proprio riso. Ci rendiamo conto? I nostri cardinali hanno paura di essere troppo veloci ad affrontare una questione che è davanti ai loro occhi da almeno sessant’anni.
Correva l’anno 1966 quando il gesuita Jean Galot su La Civiltà cattolica pubblicava un articolo dal titolo La missione della donna nella Chiesa. Lo stile con cui Galot affrontava (o, forse, sarebbe meglio dire non affrontava) la questione è lo stesso di papa Francesco e del cardinal Fernández: c’è un nodo problematico da sciogliere ma, anziché puntare direttamente al nodo, si glissa con eleganza, sottolineando con enfasi quanto sia riduttivo fermarsi al solo nodo – ci sono così tante cose belle e sublimi da dire, quando si parla «della donna», che pare brutto limitarsi a piccinerie prosaiche e volgari come la rivendicazione di diritti.
Una sottolineatura: il nodo problematico in Galot non era il diaconato, ma «l’accesso della donna al sacerdozio». E, dunque, un risultato almeno i signori cardinali in questi sessant’anni lo hanno raggiunto: affossare la questione «sacerdozio femminile», riconvertendola nel fantasma più o meno aleatorio del diaconato.
Ma il tocco elegante sta in quell’aria di lusinghiera e ambigua indeterminatezza conferita alla frase dai due aggettivi «eventuale» (cioè «casuale, fortuito, accidentale»? o «possibile, probabile»?) e «alcune» – aggettivo indefinito che maschera male una certa perfida crudeltà, nel suo proiettare la questione del diaconato sullo sfondo di una sorta di gioco del biscottino: l’eventuale diaconato, se mai ci sarà e nella forma che verrà decisa da chi ha il potere di decidere, sia chiaro, sarà naturalmente solo per alcune, cioè non tutte, ci mancherebbe, e solo se quelle alcune saranno brave, solo se lo meriteranno, solo se noi saremo così generosi da concederlo…
Alla ricerca dell’autorità negata
Messa all’angolo la questione diaconato, per gentile concessione del gruppo di lavoro viene a profilarsi un’altra possibilità per le donne, quella di una partecipazione autorevole nella vita della Chiesa. E qui, ecco un’altra chicca.
Per capire se oggi – anno 2024 – le donne possano esercitare leadership autorevoli all’interno della Chiesa, ci dice Fernández, prima di tutto dobbiamo cominciare a studiare. Dobbiamo studiare profili di donne che nella storia della Chiesa abbiano esercitato vera autorità.
La pazienza a un certo punto scappa, diceva mia madre. Si rendono conto, i signori cardinali, di quanta pazienza ci fanno portare? Volessero leggere e studiare La città delle dame di Christine de Pizan (1364-1431), si renderebbero conto che da sei secoli almeno le donne hanno sollevato la questione della necessità di una riscrittura della Storia alla luce dell’auctoritas da loro espressa anche dentro la Chiesa.
E leggessero, di Christine de Pizan, anche Il libro della pace e il Poema di Giovanna d’Arco. Da sei secoli queste opere attendono che almeno alcuni illuminati uomini di Chiesa provino a guardare il mondo e la Storia da un punto prospettico «altro», rispetto a quello della loro posizione dominante e privilegiata.
L’invito a studiare e approfondire figure femminili autorevoli suona come un beffardo invito a prendere e a perdere tempo, per chi ha dedicato decenni della propria vita a studiare l’invisibile storia che non c’è, occultata nella Storia dalla violenza dello sguardo maschile.
Studiamo, approfondiamo, dice il cardinal Fernández. E nel frattempo le donne, che si sono stancate di servire il caffè al parroco sul vassoio di peltro ricoperto da un centrino di pizzo lavorato all’uncinetto, quelle donne lì, senza fare rumore, senza protestare, girano le spalle, e vanno altrove. Del tutto indifferenti agli esercizi funambolici dei nostri cardinali.
Postilla: tra poligamia e Ordine
L’articoletto che ha messo in moto le mie riflessioni si occupa anche della questione poligamia nel mondo cristiano africano. Che dire? La poligamia e il no al sacramento dell’Ordine per le donne sono la medesima rappresentazione del Maschio Onnipotente che considera sovrano e inattaccabile il proprio desiderio di potere sul corpo delle donne. Fino a quando? Marcel Gauchet sostiene che stiamo assistendo alla fine del dominio maschile[2]. Françoise Héritier, da donna, è molto più pessimista[3]. Qualcosa si sta muovendo, osserva, ma perché il cambiamento raggiunga il profondo degli animi e divenga universale, dovranno trascorrere migliaia di anni.
[1] https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2024-10/gruppi-di-studio-sinodo-vaticano-temi-papa.html
[2] Marcel Gauchet, La fine del dominio maschile, Vita e pensiero, Milano 2019.
[3] Françoise Héritier, Dissolvere la gerarchia. Maschile/femminile II, Raffaello Cortina, Milano 2004
Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sara’ dato in aggiunta.
Se davvero cercassimo il Regno di Dio e non ,come facciamo, ciascuno di espandere il proprio piccolo potere personale queste discussioni ci apparire veto ridicole. Le donne lamentano che nella Chiesa il ” potere” sia solo dei maschi. Vogliono anche loro il ” potere”. I maschi non vogliono cedere il potere. A questo squallida diatriba si e’ ridotta ormai la Chiesa: chi cerca il Regno di Dio ? Nessuno e per questo nulla ci viene dato ma anzi tutto si sgretola e decade .
Il rinnovamento non passa dal femminismo o dal maschilismo ,ma dalla profonda conversione dei cuori: per he’ il Regno di Dio e’ dentro i cuori, non nelle vuote strutture di potere.
Gesù ha scelto degli uomini per affidare loro il compito di guide nella fede. Le donne avevano un altro compito, spesso quello di servire, aiutare, consolare, accompagnare. Piaccia o no. Nessun ruolo è migliore o peggiore dell’altro. Ognuno al suo posto. Teniamo fuori il “femminismo” dalla Chiesa per favore.
A molti commentatori sembra che l’emancipazione della donna e la sua valorizzazione nella Chiesa debba passare necessariamente attraverso la possibilità di accedere al presbiterato. Davvero deve essere questa la meta? Nella comunità ecclesiale tanti sono i carismi, i ministeri, i ruoli e quello del prete è importante, certamente, ma non è il culmine (o se lo consideriamo tale non facciamo che alimentare il clericalismo). Essenziale e previa alla sacramentalizzazione è, per esempio, l’attività di evangelizzazione. E questo compito è stato affidato prima di tutto proprio alle donne. Il primo annuncio della Resurrezione e il comando di diffonderlo, anche agli apostoli, è stato dato alle donne. Un compito, questo, importantissimo che dovrebbe partire dall’educazione alla fede da svolgere innanzi tutto in famiglia nei confronti dei figli (senza che i padri ne vengano esclusi). Come S. Paolo si preoccupava di formare Cristo nei suoi discepoli galati, così le donne non dovrebbero sentirsi madri solo nel generare, allevare ed educare i figli, ma anche nel generarli alla fede (collaborando con lo Spirito Santo) Ma oggi questo succede sempre meno e ciò è molto grave. Sempre più i catechisti devono prendere atto del vuoto di conoscenze e di vita di fede dei bambini/ragazzi (quei pochi che ancora frequentano gli incontri di catechesi). E una educazione cristiana che non abbia avuto radici in famiglia resta aleatoria e presto spazzata via. Sembra che la stragrande maggioranza delle madri abbia rinunciato al ruolo di educatrici alla fede: spesso perché esse stesse mancano ormai delle conoscenze elementari (e ciò vale anche per i padri) o accampano la scusa che non vogliono “condizionare” i figli (mentre è evidente quanto siano condizionati dalla cultura consumistica imperante) o non danno testimonianza di quanto la fede sia elemento che anima e dà bellezza alla vita e perciò delegano il compito alle catechiste. Viene meno così quel baluardo, quella fiamma che tante donne in passato avevano saputo tener viva anche in mezzo a difficoltà e perfino persecuzioni e che è stato un orientamento e un punto di riferimento per tante generazioni.
Due piccole domande. Se il sacerdozio non è il “culmine “, perché negarlo alle donne? E se l’educazione religiosa dei figli è “importantissima”, perché devono farla solo le madri?
Non mi pare proprio di aver detto che dell’educazione alla fede debbano interessarsi solo le madri: ho lamentato , piuttosto, che abbiano rinunciato a farlo, con le gravi conseguenze che possiamo constatare.
Le motivazioni che la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa oppongono al conferimento del sacerdozio alle donne sono di natura teologica. Se ne può discutere, purché il dibattito non si riduca a una contesa per il potere. Non è affiancando (o opponendo) un potere clericale femminile al potere clericale maschile che si riforma la Chiesa, ma convertendoci tutti ad una mentalità di servizio, come ci invita a fare anche il Vangelo di questa domenica. (Concordo pienamente con Gian Piero)
Ma questa “mentalità di servizio” non potrebbe coesistere con il sacerdozio alle donne? Se il sacerdozio maschile è servizio (come insistono a dire i clericali maschi), perché interdirlo alle donne? Fuor di domande, anche quelle poste nel precedente commento: si continuano ad allineare ragioni per cui le donne dovrebbero accontentarsi della loro posizione nella chiesa, ma nessuna impedisce che siano ANCHE preti
Perfettamente d’accordo
Grazie dell’articolo e dei commenti. Sono cresciuto nella parrocchia e nell’AC ma da tempo mi sento lontanissimo. E tra i vari motivi c’è il ruolo delle donne nella chiesa. Non posso stare in una organizzazione che ha come regola la nomina dei responsabili solo tra maschi celibi fatta da maschi celibi. La storia umana forse può spiegare il passato, non certo il presente e tanto meno il futuro. Ma non mi pare che ci riescano neppure la teologia o altri approcci.
Sto dolorosamente pensando che non riconosco nelle parole e dunque nelle valutazioni/argomentazioni del cardinale nulla di evangelico.
Perché dovremmo continuare a fidarci di e affidarci a tali presenze nella chiesa?
Non c’è nulla di consolatorio in queste caute prese di posizione, non solo per le donne, ma neppure per i maschi.
Abbiamo bisogno nella chiesa di altri doni .
Grazie, Anita
Concordo! E dico che più che pensare a cosa fanno le donne in e per la chiesa si dovrebbe pensare a ciò che i maschi-preti e diacononi non fanno in e per la chiesa! Vogliamo elencare qualcosa? Bene: prima di tutto i preti NON pregano e così i Diaconi. NON ascoltano, sono sempre di fretta con l’orologio alla mano. NON puliscono nulla, a volte neanche se stessi. E cosa assai grave, NON predicano, NON parlano di Cristo Gesù. Tutto questo NON fare e tanto altro ancora, lo fanno le donne! Allora, di quale consolazione parliamo?!
La gerarchia deve riconoscere un ruolo pubblico alle donne e il diaconato va in questa direzione. Vorrei notare, però, che sia impossibile riconoscere un ruolo pubblico alle donne in una Chiesa clericale dove il maschio celibe sia praticamente l’unico vero l’eletto da Dio e poi sistematicamente succedono scandali su scandali. Solo in una Chiesa sinodale ciò è possibile, quindi la sinodalità e il diaconato alle donne vanno di pari passo. Ritengo che il passaggio da una Chiesa clericale a una Chiesa sinodale sia necessario, urgente e improgabile, per questo bisogna mettere dei punti fermi sulla sinodalità e sui ministeri perchè non si torni più indietro.
Il nodo da sciogliere è il clericalismo, il sistema di potere basato sul sacro e gli abusi che continua a causare nelle nostre comunità. E’ inutile che Fernandez ci giri attorno, prospettando rimedi che sono solo pannicelli calidi, mentre l’autorità di decidere rimane tutta in mano al clero. Segnalo due miei contributi apparsi su Vinonuovo.it https://www.vinonuovo.it/teologia/pensare-la-fede/chi-decide-nella-chiesa/
https://www.vinonuovo.it/teologia/pensare-la-fede/chi-decide-nella-chiesa-2/
Buona lettura
La chiesa cattolica è palesemente maschilista, da sempre ha discriminato le donne e a tutt’oggi continua a farlo, escludendole dal sacerdozio e dal diaconato soltanto perché sono, appunto, donne. In tutte le realtà civili e progredite le discriminazioni, comprese quelle basate sul sesso, sono considerate ingiuste, uomini e donne sono considerati uguali e hanno le stesse opportunità di ruoli e di carriera. Ma non è così per questa chiesa che resta ferma su posizioni arretrate e ingiuste e non tratta da pari uomini e donne, privilegiando nettamente i primi. Peggio per quelle donne che ci stanno e addirittura difendono questa chiesa. Per quanto mi riguarda, io dove sono discriminata non ci voglio stare e sono ben felice di non far parte della chiesa cattolica.
Ma quante chiacchiere nella Chiesa! Non si fa altro che progettare, studiare… e mentre si discute continuamente sul ruolo delle donne nella Chiesa, le chiese e i seminari su svuotano sempre di più. E non dipende certamente dal fatto che le donne non abbiano ruoli.
Basta intenderci sui ruoli. Se parliamo per esempio del ruolo di trasmissione della fede ai figli, ruolo che molte donne hanno dismesso e che la Chiesa dava e forse da ancora per scontato come appunto principalmente delegato alle donne, ecco che il legame c’è eccome!
Altro articolo eccellente e lucidissimo di Anita Prati. Ma sarebbe indispensabile diffonderlo e farlo conoscere negli ambienti del Sinodo. Spero che questo accada.
È proprio in gamba il card. Fernández: riesce sempre a scontentare tutti.
Poi, sinceramente, il diaconato femminile sarebbe una vera beffa perché, oggi come oggi, i diaconi non contano un piffero.
In passato, durante i deprecati tempi del papa re, i diaconi e addirittura i laici potevano essere cardinali.
Allora se proprio vogliamo parlare di potere la soluzione potrebbe essere questa: il ritorno al cardinalato “laico” con i soli ordini minori lettorato e accolitato.
Lettorato e accolitato che oggi le donne possono ricevere.
E voilà problema risolto.
Fino alla riforma liturgica gli ordini minori venivano conferiti con un’ordinazione, e chi li riceveva era un chierico (e spesso lo era già prima con la tonsura).
L’idea che molti avevano è che fossero in qualche modo legati o derivanti dal Diaconato o dal Presbiterato.
Ora lettore, accolito e catechista vengono istituiti e rimangono dei laici. Viene espressamente detto che questi ministeri derivano dal sacerdozio battesimale e non da quello ordinato.
Forse la teologia è cambiata, e se lo ha fatto non è stato tutto positivo…