L’Olanda è uno dei paesi europei più secolarizzati. È un fatto ormai universalmente risaputo. Recenti studi e ricerche hanno confermato che gli olandesi, assieme agli svedesi e ai cechi, alla domanda se appartengono a una confessione religiosa rispondono negativamente. Tuttavia, anche se molti cittadini non sono legati espressamente a una Chiesa, ciò non significa che siano automaticamente non credenti. La formula più appropriata per descrivere il fenomeno è quella di “Believing without belonging” (credere senza appartenere). Ciò significa che molti, pur non essendo legati ad alcuna comunità di carattere confessionale, si definiscono credenti. Ma nel paese, ci sono anche tendenze, soprattutto tra i giovani – benché in numero ridotto – che vanno in senso contrario. Tuttavia il processo di secolarizzazione appare come un fenomeno ormai irreversibile.
Recentemente l’American Pew Research Center ha rilevato che l’Olanda, con il 48%, ha la percentuale più alta dell’Europa occidentale di coloro che sono senza una confessione religiosa. In Germania la percentuale è del 24%, in Svizzera del 21% e in Austria del 16% (Pew Research Center, Being Christian in Western Europe, Washington 2018).
La rivista Herder Korrespondenz, in un reportage pubblicato nel numero di giugno scorso, a firma di Stefan Gärtner, osserva che questi dati costituiscono solo una prima impressione della mappa religiosa dell’Europa e che una diminuzione nell’appartenenza confessionale non significa che non vi sia alcun interesse per la spiritualità individuale o che i problemi riguardanti la religione non costituiscano oggetto di dibattiti pubblici.
Un fatto rilevante, per esempio, è che due terzi degli olandesi sono stati educati religiosamente, molti pregano o meditano occasionalmente insieme. Gli atei dichiarati costituiscono una minoranza.
Un fenomeno presente anche in Europa è che la gente, in linea generale, apprezza la religione come fonte di un capitale sociale per la società civile. I cristiani, per esempio, sono molto attivi nel volontariato e si prendono cura dei loro familiari e sono inclini a spendersi per una buona causa.
In Olanda esiste anche una simpatia per il cristianesimo come vicarious religion, per usare un’espressione della sociologa inglese Grace Davie. Il fenomeno si riscontra anche tra coloro che non sono vincolati ad una Chiesa. Per molti la religione e le Chiese conservano un certo significato sociale, per esempio, nella trasmissione di valori o nel passaggio rituale delle varie fasi della vita o in occasione di grandi catastrofi anche da parte di chi non vuole aver più niente a che fare con loro.
Decenni di secolarizzazione e di distacco dalla Chiesa
Interessante a questo riguardo è lo studio presentato lo scorso mese di dicembre dal Sociaal Cultural Planning Bureau (SCP), perché aiuta a precisare ulteriormente la situazione religiosa dell’Olanda (Joep de Hart / Pepijn van Houwelingen, Christenen in Nederland. Kerkelijke deelname en Christelijke gelovigheid, L’Aia 2018). L’importanza di questo studio sta nel fatto che raccoglie in una visione d’insieme alcuni dati (soprattutto quantitativi) ricavati da vari sondaggi e li integra con alcune interviste con i responsabili delle Chiese. Lo studio è in correlazione con un precedente sondaggio dell’islam in Olanda (Willem Huijnk, De religieuze Beleving van musulmani in Nederland. Diversiteit en Verandering in beeld, L’Aia 2018) e sarà completato quest’anno con uno studio sulle forme extracristiane e non cristiane di spiritualità.
Questo studio – scrive Stefan Gärtner – conferma l’esistenza nel paese di un processo decennale di distacco dalla Chiesa. Tra il 2000 e il 2015, ad esempio, la Chiesa cattolica ha perso un quarto dei suoi membri, ed essa, oltre alle uscite, ha anche a che fare con il cambiamento demografico. Le persone più anziane sono ancora legate alla Chiesa in misura superiore alla media. Il declino di questo gruppo in rapporto alla popolazione totale statisticamente si esprime con l’aumento di coloro che sono senza confessione religiosa. Secondo la studio, l’abbandono della Chiesa si manifesta non solo nel numero dei membri ma anche nella frequenza alla messa, nel cambiamento di destinazione o nella chiusura delle chiese, nella minore richiesta di altri servizi occasionali (sacramenti ecc.) e nella pratica religiosa in famiglia o nella lettura della Bibbia.
È sorprendente – sottolinea sempre Stefan Gärtner – che la Chiesa cattolica sia colpita da questo fenomeno in maniera maggiore delle Chiese protestanti. Ciò significa che la rottura della socializzazione religiosa si è manifestata più fortemente nel cattolicesimo. Ciò ha delle particolari conseguenze perché un’educazione non religiosa soltanto in casi eccezionali induce persone interessate a stabilire un legame religioso con la Chiesa. L’esperienza di distacco dalla Chiesa vissuta nell’infanzia e nella gioventù continua in genere anche successivamente nella vita.
Nello stesso tempo, due terzi degli olandesi che sono cresciuti in un ambiente ancora cattolico oggi non sono più membri della Chiesa. Inoltre, i cattolici hanno meno fiducia nella Chiesa e nei suoi ministri rispetto agli altri cristiani e sono spesso del parere che i suoi insegnamenti non sono più in armonia con la loro realtà di vita (de Hart, van Houwelingen, 49-59).
Queste osservazioni non si possono spiegare del tutto con il fatto che in Olanda esistono numerose denominazioni protestanti più piccole, che si caratterizzano per un grado di culto e di ortodossia molto più elevato rispetto alla media della popolazione. Le grandi Chiese invece sono più toccate dalle tendenze generali della secolarizzazione. Ma il cattolicesimo diminuisce anche in confronto con la grande Protestantse Kerk in Nederland (PKN). Inoltre molti battezzati sono solo formalmente cattolici.
Contro-reazione al conservatorismo?
Lo studio – scrive Stefan Gärtner – si limita a sottolineare queste differenze e non le spiega; si può supporre che ciò sia una reazione dei fedeli a una Chiesa ministeriale particolarmente severa e conservatrice. Molti cattolici l’associano a conflitti e a concezioni superate. Per fare un esempio: l’episcopato olandese ha rifiutato, come è affermato in Amoris laetitia, di ammettere alla comunione in singoli casi i divorziati risposati. Nella parte riservata alle interviste dello studio, l’ex primate, card. Adrianus Simonis giudica negativo lo sviluppo religioso della Chiesa cattolica in Olanda e il futuro del cristianesimo (117-120; 137 seg.).
Inoltre – osserva sempre Stefan Gärtner –, fino agli anni ’60, il cattolicesimo olandese è stato caratterizzato da una drastica leadership clericale. Per le generazioni più anziane è un fatto che si avverte ancora oggi nel loro atteggiamento distaccato nei confronti della Chiesa, assieme alla delusione dovuta al fatto che i cambiamenti postconciliari si sono fermati a partire dagli anni ’80. Questo spiega anche la ragione per cui, tra i cattolici attivi, la generazione più anziana è più critica verso la Chiesa rispetto ai giovani.
Il crescente distacco della società dalla Chiesa testimonia anche un’adesione sempre minore a verità di fede quali la vita dopo la morte, la Bibbia in quanto parola di Dio o Gesù Cristo come Figlio di Dio (75-97). Ciò riguarda in particolare i giovani olandesi. Là dove si sottoscrivono ancora queste verità di fede, lo si fa spesso in maniera selettiva così che le tradizioni cristiane vengono interpretate in senso individuale. Viene operata una cernita nell’attuale repertorio religioso. Solo un decimo della popolazione olandese condivide ancora la fede nel suo insieme.
Tuttavia, se molti cittadini non sono legati espressamente ad una Chiesa, ciò non significa che siano automaticamente non credenti. La formula impiegata da Davie è quella di “Believing without belonging” (credere senza appartenere). Ciò significa che molti, pur non essendo legati ad alcuna comunità di carattere confessionale, si definiscono tuttavia credenti.
I più giovani sono i più ortodossi
Ci sono due significativi movimenti contrapposti nella tendenza dominante della secolarizzazione in Olanda. Lo studio citato mostra che determinati giovani – a differenza della stragrande maggioranza dei loro pari età – si identificano, al sopra della media, con una Chiesa. Quindi, mentre il grande gruppo vive nel complesso in maniera molto secolarizzata, c’è un piccolo gruppo straordinariamente legato alla Chiesa. Ciò vale anche nel confronto con i membri più anziani della Chiesa. Avviene così che i credenti tra i 17 e i 30 anni siano in media più impegnati rispetto agli anziani. Vanno più di frequente alle celebrazioni religiose, cosa che vale anche per i non cattolici della loro età.
Inoltre, questo gruppo ritiene che la loro rispettiva Chiesa risponda ai problemi religiosi in maniera autentica e convincente. Perciò dovrebbe esercitare un ruolo maggiore nella società e lo stato laico dovrebbe sostenerla. A questo riguardo i cattolici più anziani sono invece particolarmente restii. Perciò si può dire che più un giovane è un membro praticante, è anche più rettamente credente e attivo dal punto di vista numerico.
Questo grande interesse di un gruppo numericamente piccolo può essere interpretato come il fatto che in una comunità religiosa che si riduce, coloro che vi rimangono si impegnano attivamente e spesso sono inclini a posizioni ortodosse. Si verifica quindi il cosiddetto “hard core-effect”. Questa osservazione conferma studi precedenti (Daan Beekers, Precarious piety,. Pursuit of faith among young Muslims and Christian in the Nederlands, Amsterdam 2015). Pertanto, per una minoranza di giovani di confessione sia cristiana che islamica c’è una ricerca di sostegno e di orientamento in una comunità religiosa. Ciò dovrebbe alleviare la grande complessità della vita. Lo studio mostra che questa «giovane guardia della Chiesa» (de Hart, van Houwelingen) è molto più rappresentata tra i protestanti che tra i cattolici.
Molti cattolici hanno un passato migratorio
Un settore – scrive Stefan Gärtner – non colpito dalla de-istituzionalizzazione religiosa in Olanda è quello delle Chiese dei migranti. Tra l’altro, in seguito al passato coloniale del Paese, più della metà dei nuovi arrivati o quelli giunti prima sono cristiani. Si stima che si tratti di un milione di persone il cui gruppo maggiore è costituito da cattolici. Si suddividono in molte migliaia, in gran parte costituite da piccole comunità, con la media di circa duecento membri.
Come le altre comunità ecclesiali di immigrati, presentano una stabilità e a volte anche una crescita nel numero dei membri e nella frequenza religiosa. Le liturgie e la catechesi in lingua materna e culturalmente familiare possono assolvere ad un’importante funzione psico-sociale all’arrivo e nell’integrazione dei nuovi cittadini nei Paesi Bassi. Ciò vale, ad esempio, per l’insegnamento della lingua o per aiutare nelle procedure burocratiche di asilo o di naturalizzazione, nonché nella ricerca di alloggi e posti di lavoro. Inoltre, i cristiani con un retroterra migratorio avvertono uno shock di fronte a una società fortemente secolarizzata e postmoderna. Diverse Chiese desiderano perciò evangelizzarla, come era avvenuto nelle loro terre da parte dei missionari europei, attraverso ora una reverse mission, una missione all’inverso.
Complessivamente – conclude Stefan Gärtner – il recente studio del Sociaal en Cultureel Planbureau ha confermato il progressivo processo di distacco dalla Chiesa in Olanda, e la continua perdita di significato delle convinzioni e delle pratiche cristiane e anche che la fede ha perso l’influsso che aveva un tempo sulla vita delle gente in maniera più marcata rispetto agli altri paesi di lingua tedesca. Colpisce il fatto che la de-istituzionalizzazione e la secolarizzazione nel cattolicesimo siano particolarmente marcate nella fascia tra i 17 e i 30 anni, anche se di recente si nota numericamente una modesta controtendenza rispetto a quella dominante. Ciò vale, in maniera analoga, anche se per altre ragioni e con altre caratteristiche, per le comunità dei migranti.
Inoltre esistono dei segni di trasformazione sia nello stesso cristianesimo sia sotto forma di acquisizione selettiva di motivi religiosi e del repertorio tradizionale della cultura e della società olandese. La secolarizzazione è certamente dominante e probabilmente irreversibile, ma non è affatto una prospettiva unidimensionale.