È giunto finalmente al termine il Sinodo «Chiesa di Savona, prendi il largo, confidando». Se si considera il breve Sinodo celebratosi tra il 23 e il 25 marzo 1955, a distanza plurisecolare dall’ultimo del 1699, quello del 2021-2024 è stato il secondo Sinodo delle diocesi unite di Savona e Noli.
Sognato sin dalla prima lettera pastorale del vescovo Gero Marino appena insediatosi nel 2017, preceduto dal lavoro di 700 persone che nel 2018 hanno riflettuto sui verbi del Convegno ecclesiale di Firenze riunendosi in 61 «tavoli» domestici, indetto nel 2019 e poi rimandato a causa della pandemia, il Sinodo della diocesi di Savona-Noli si è celebrato ufficialmente a partire dalla Pentecoste del 2021, per concludersi solennemente il 17 marzo 2024 con la promulgazione del Liber, accessibile anche online.
L’assemblea sinodale: dall’icona biblica alle proposte
L’assemblea sinodale, tra 19 membri di diritto, 65 eletti e 20 di nomina vescovile, si componeva inizialmente di 60 uomini e 44 donne; nei quattro anni di cammino tre presbiteri e una religiosa sono morti.
Nella prima delle 12 assemblee plenarie, a partire da una traccia dei temi affrontare offerta dal Vescovo, i sinodali hanno preso liberamente la parola; al termine, i sinodali hanno eletto 10 membri per la Commissione incaricata alla redazione dei documenti. Essa ha raccolto, riassunto e riordinato meticolosamente gli interventi di ciascuno; ne è scaturito un indice preliminare, arricchito nella riunione successiva da ulteriori considerazioni.
Su questa base la Segreteria del Sinodo, nominata dal Vescovo e senza diritto di voto, ha proposto 8 commissioni per affrontare la prima parte dell’indice nel primo anno di lavoro, e altre 8 successivamente, per la seconda metà del documento. I sinodali hanno potuto iscriversi a quella di proprio interesse. Ciascuna ha sostato un paio di mesi su un’icona biblica; a partire da essa ha sviluppato le prospettive pastorali; infine, ha elaborato alcune normative.
Nel mentre, in plenaria si è discusso e approvato quanto elaborato dalle commissioni, oltre ad aver ascoltato Serena Noceti, don Paolo Carrara, p. Giacomo Costa, don Gianluca Zurra e Cristina Simonelli. Hanno arricchito il cammino occasioni di condivisione, la mostra «Ritratti di fede» che ha illustrato la testimonianza di una cinquantina di savonesi che sono stati significativi per il cammino spirituale di molti di noi, e il pellegrinaggio dei sinodali a Monte Sole. Al termine di numerose sintesi, stesure e limature, si è giunti all’approvazione degli emendamenti e infine del documento finale.
Il documento finale, tra sogni già realizzati e altri che presto lo saranno
I 140 paragrafi hanno visto in media il pieno favore del 98% dei 60 membri presenti alla votazione conclusiva. Svariati punti sono stati approvati all’unanimità, mentre quello con più voti contrari ha comunque raggiunto l’82% dei consensi.
I paragrafi sono organizzati in 4 sezioni che si articolano in 15 capitoli, ciascuno dei quali ha un’introduzione che fa riferimento al testo biblico, dal quale poi discendono «autorevoli direttive» pastorali poste all’indicativo presente in forma di «sogno» – come a descrivere una realtà già vivida agli occhi dei sinodali – e normative, che entreranno ufficialmente in vigore il 19 maggio 2024.
Il testo è intervallato da «narrazioni», poste in un box celeste, che rappresentano sogni già concretizzatisi nella nostra diocesi, tra cui realtà, luoghi e comunità di cura, incontro e scambio culturale. Il volumetto di 174 pagine contiene all’inizio la parte normativa, inclusi i decreti di indizione e di promulgazione, l’omelia del Vescovo in apertura del Sinodo e la sua lettera di presentazione. Segue il Liber Sinodalis vero e proprio, articolato in 4 sezioni:
In ascolto
1. L’oggi e il qui della Chiesa di Dio che è in Savona
2. Il dono e il compito dell’ascolto
La misericordia come forma Ecclesiae
3. La misericordia come stile
4. La Chiesa, popolo di Dio in cammino
5. L’organizzazione della Chiesa come manifestazione della misericordia
6. Ministeri ecclesiali come volti della misericordia
7. Trasmissione della fede e educazione alla preghiera
Dall’Eucaristia, la Chiesa
8. Eucaristia come epifania della Chiesa
9. I santi segni
10. I poveri, “primi vicari di Cristo”
11. Il “sacramento” della casa
Fratelli tutti
12. Chiesa dalle genti
13. I giovani, la fede e il discernimento vocazionale
14. La sfida della «Laudato si’»
15. Bellezza, dialogo, comunicazione
In appendice: l’elenco dei membri; la cronologia del Sinodo; una panoramica storica della Diocesi, con uno sguardo pure al Sinodo del 1955; le abbreviazioni.
Alcune tensioni
Una tensione iniziale riguarda la ragione stessa del Sinodo. Era davvero necessario ribadire cose già presenti nei documenti magisteriali? La domanda, posta da un sinodale, ha visto tutti concordi: era importante per inserirci nel cammino della Chiesa, per interiorizzarlo, rifletterci insieme, declinarlo nella realtà locale e nelle sfide, anche più ampie, che ci stanno maggiormente a cuore. Non si è evitato di parlare di crisi ambientale, sociale e demografica, di diaconato femminile, di preti sposati e di morale sessuale. Abbiamo voluto offrire umilmente il nostro contributo alla riflessione sinodale universale.
La seconda tensione è il rapporto tra l’evento sinodale e la procedura che ha prodotto il Liber. Il Sinodo è il processo, guidato dallo Spirito, per ascoltarci e camminare insieme al Risorto. Su questo si sono incontrate le diverse frange dell’assemblea, tra una maggioranza relativa, che proveniva da AGESCI e Azione Cattolica, attenta alle questioni procedurali (come gli emendamenti), e chi invece si premurava di non appesantire l’evento sinodale con documenti e votazioni.
Ci si è ritrovati in Sinodo o per nomina – come nel mio caso, chiamato dal Vescovo – o perché si aveva ottenuto una manciata di voti, tra l’altro da elezioni andate quasi deserte nel 2021, ma ci si è dati da fare. Tutti i sinodali avevano esperienze di Chiesa: dal mondo scout al catechismo, dalla docenza di religione al servizio in Caritas, dall’impegno liturgico a quello in associazioni e movimenti. Il confronto alla pari e corresponsabile tra chi si è coinvolto, senza distinzioni di ministero, genere, età, stato civile, orientamento sessuale o provenienza, è uno stile da apprendere, vivere e diffondere.
Al contempo è emersa l’esigenza di scelte vincolanti, perché il Sinodo non si risolvesse in una consultazione di facciata, senza ricadute concrete. Le aspettative per un cambiamento erano, e restano, forti. Protrattosi per 3 anni, con impegni di commissione bisettimanali e di plenaria trimestrali, il percorso non è stato agevole; solamente un terzo dei membri ha frequentato con assiduità tutte le riunioni.
Nella «Commissione dei 10» è stata palpabile una terza tensione: tra l’esigenza di fedeltà agli interventi in assemblea e una spinta creativa di rielaborazione e di integrazione, come sollecitato dal Vescovo. Se alcuni preferivano attenersi strettamente – nel primo anno, stenograficamente – alle parole pronunciate in plenaria e ai testi proposti dalle commissioni, altri sono intervenuti liberamente, mettendo per iscritto un sentire comune.
Il lavoro è stato efficace: i membri della «Commissione dei 10» hanno spesso lavorato in coppia, esaminando con il proprio tocco – chi più schematico, chi più immaginativo e teologico – di volta in volta, a turno, i capitoli. Il lavoro è stato rivisto continuamente in sede di commissione, asciugando e rendendo coerente il Liber, accorpando punti analoghi e curando l’unitarietà dello stile. Si è provato a rendere il linguaggio meno tecnico, più accessibile; tuttavia alcune righe, pensate nell’ottica di un linguaggio «nuovo», nella loro poeticità potrebbero suonare ostiche.
Un’ulteriore tensione anima il rapporto del Sinodo con l’esterno, tra la discrezione richiesta sui lavori – per non creare false aspettative – e la necessità di riscontri, per evitare l’autoreferenzialità. Pur sollecitate, a metà del cammino, da una lettera pastorale del Vescovo e da alcune schede con domande aperte, le parrocchie non hanno fornito particolari contributi durante il percorso. Molti hanno attribuito tale difficoltà all’ostruzionismo di quei parroci che, non credendo al Sinodo, non hanno informato i parrocchiani.
Personalmente ho fatto il possibile per far percepire cosa stesse bollendo in pentola; mi sono confrontato con amici ed esperti, anche esterni alla Diocesi. Quella dentro/fuori è una tensione decisiva per la recezione del Sinodo, nella quale il Vescovo profonderà il suo impegno con la prossima visita pastorale, che durerà due anni, per attuarlo nelle 71 parrocchie.
Misericordia, fraternità ecclesiale e fratellanza universale
Mi riservo lo spazio di un futuro articolo per affrontare i contenuti del Liber. Qui mi limito a riprendere la lettera di presentazione del Vescovo, nata dalla sua meditazione sulla pagina ispiratrice del Sinodo – l’invito rivolto a Pietro: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca» (Lc 5,1-11) – e sul dipinto di Monet Barca a vela, effetto sera, copertina del volume.
Il Vescovo sottolinea che abbiamo fatto Sinodo per ritrovare la speranza, che rinasce da un incontro imprevedibile, e per la nostra conversione al Signore Risorto. Ciò avviene nel qui e ora: nella vita reale. I luoghi e i tempi dell’incontro, così come i cammini spirituali, «non sono più – ci piaccia o no! – quelli di una volta».
Nel rimarcare la «piena coerenza e continuità con il Concilio» dell’attuale stagione sinodale, il Vescovo Gero precisa che essa nasce «da una passione: dal desiderio di incontrare e conoscere il Cristo». Questo richiede una delicata attenzione all’interlocutore, ma anche le urgenze di riscoprire la preghiera e l’«ordine simbolico materno» nella Chiesa, cioè «concretezza» e «capacità di generare alla fede e alla vita». Così il vescovo sintetizza Liber: «La fraternità dei discepoli che è la Chiesa è chiamata a prendere il largo condividendo la vita di tutti (la fratellanza), per attestare a tutti la misericordia di Dio. Perché il vangelo risuoni di nuovo come Vangelo!».
Uscire fuori
«Da ora in poi, inizia il tempo – fondamentale e decisivo – della sua recezione dal Popolo santo di Dio: un Sinodo o un Concilio non recepiti, anche se formalmente validi, sarebbero infecondi», chiosa il Vescovo al termine della lettera di presentazione. Oltre alla riarticolazione della Chiesa di Savona-Noli in 10 nuove zone pastorali e alla riforma della Curia coordinata in 4 ambiti di lavoro, trasformando i preesistenti «uffici» in «servizi», si tratta adesso di far vivere il Sinodo. Non basta ordinarlo per decreto.
Qualche parrocchia si sta attrezzando per rilanciare i Consigli pastorali e affari economici in una prospettiva di confronto paritario, a partire dallo spezzare insieme la Parola e dal confronto sul Liber. Ma un punto che mi scalda particolarmente il cuore – avendo fatto parte della commissione «Ministerialità e clericalismo» che ne ha caldeggiato l’istituzione – è la presenza, a partire dalla celebrazione conclusiva del Sinodo, di lettrici, accolite e catechiste istituite attorno all’altare.
«A me è sempre piaciuto, ma non ce lo avevate mai chiesto! Tante altre ora desidereranno servire, senza vergognarsene», dice una di loro. Sarà un piccolo segno, ma vedere due donne con la vimpa – sulla quale si posano i loro capelli lunghi – che vicino ai diaconi accedono processionalmente in presbiterio per celebrare la Messa pontificale, a me fa ancora un certo effetto.
La cosa positiva è che si è fatto partire il processo sinodale e si stanno coinvolgendo le persone.
La cosa che puzza è che quasi tutti i paragrafi abbiano ricevuto solo 1 o 2 voti negativi: credo difficile che si riesca a raggiungere una tale armonia e comunione di vedute!
Mi ricorda la storia di quel sinodo di presbiteriani che approvò all’unanimità un libro di testi liturgici ufficiali; il motivo di tale comunanza di intenti furono tre parole all’inizio: Optional Use Only.
In pratica o ci sono problemi di rappresentatività dei delegati oppure i risultati del sinodo sono inutili, o perchè non vincolanti o in quanto decisi già in precedenza.
I testi in votazione finale non erano di certo una novità per i sinodali. Scaturiscono dalle proposte pastorali e normative delle commissioni tematiche, le quali erano state invitate a presentare solamente formulazioni che vedevano un consenso unanime, o quasi, dei componenti. L’assemblea si era dapprima espressa sulle singole proposte, sia con osservazioni, sia con un voto preliminare (IV sessione e V sessione per il primo anno e VIII e IX sessione per il secondo anno). I lavori di una commissione erano stati parzialmente bocciati, e sostituiti. Sulla base di queste osservazioni ed emendamenti, nel frattempo, la Commissione dei 10 ha presentato e sottoposto alla discussione varie bozze del testo di sintesi che ha cercato per quanto possibile di includere le molte sensibilità (V sessione, VII sessione e X sessione per il primo anno, XI sessione per quelli del secondo). Si sono raccolti alcuni contributi esterni e di singoli sinodali, confluiti in un’ulteriore proposta di liber, sottoposta a emendamenti e votazioni (XII e XIII sessione, nel corso della quale 7 emendamenti sono stati respinti e 5 accolti). Infine, la votazione finale per ratificare il frutto del consenso comune.
Consenso talmente comune che alla votazione finale su 100 membri ne erano presenti solo 60… gli altri 40 dove sono stati persi per strada?
Io sono totalmente favorevole al processo sinodale, però queste cose mi fanno pensare che c’è ancora tanta strada da fare per creare un vero coinvolgimento e una partecipazione autentica, e non un’autoreferenzialità!
Per fare un esempio, io dubito fortemente che ci sia un così largo consenso tra i cattolici delle parrocchie sulla Laudato si (purtroppo!)
Sulle assenze avrei già risposto. A mio avviso molte persone che inizialmente avevano dato la loro disponibilità hanno sottovalutato l’impegno; nel 1955 il Sinodo durò 3 giorni, questo 3 anni. Probabilmente non ci aspettavamo che sarebbe proseguito a questo ritmo, con 12 fine settimana di riunioni plenarie e almeno un’altra decina di incontri per ciascuna commissione tematica. Vi sono preti che hanno dato priorità alla vita parrocchiale, genitori assorbiti dagli impegni di famiglia, giovani dallo studio, altri in trasferte lavorative o turni, religiosi trasferiti, persone tornate nel proprio paese di provenienza. C’è chi non si è mai presentato, o è venuto ai primissimi incontri solo per curiosità. Ovviamente c’è anche qualcuno che ha gettato la spugna quando, rendendosi conto di essere una voce “stonata” e di non poter ribaltare i consensi che si stavano creando, ha preferito non venire più anziché dialogare. Penso ad esempio a un sinodale stufo di quelli che ha bollato come “ecocentrici tanatofili” paladini dell’ambiente… eppure qualche altro spunto suo è confluito nel documento finale, nel tentativo di una sintesi inclusiva proprio di tutti.
Ritengo comunque molto criticabile organizzare un Sinodo che tenda a selezionare quelli che hanno ‘tempo ed energia da spendere’, escludendo gente che per altri motivi non può impegnarsi a lungo.
Si rischia di escludere certe categorie sociali ed economiche.
Sig. Piotr Zygulski, sono felice per la sua positiva partecipazione al Sinodo savonese, noi non ci conosciamo, pertanto mi presento. Mi chiamo Giovanni Lupino. prete di Savona, Teologo, presunto Rettore del Sacro Cuore, Centro Studi per l’Ecumenismo Bof-Delfino. Non ci conosciamo poiché sono un prete marginale ed emarginato, come dice Francesco, uno scarto. Ma conservo la fede. E non sono un prete che non ha seguito ogni fase del Sinodo savonese. E’ che questo articolo da lei scritto è il primo che leggo di una certa ampiezza e chiarezza, per chi non ha partecipato ai lavori in commissione o aula, poiché la comunicazione degli eletti è stata scarsissima o nulla. Mai visto in parrocchia un responsabile di Commissione venire a spiegare di cosa di occupava o verificare come la gente recepiva il vostro lavoro. Al Sacro Cuore dobbiamo ringraziare le teologhe e le studiose della rubrica Donne Chiesa Mondo dell’ Osservatore Romano e Il Regno delle Donne, i cui articoli illuminanti sono letti da donne durante le Messe festive, dopo l’omelia. Molto più significativo che vedere note e qualificate professioniste fare le chierichette nei pontificali episcopali. Personalmente provo una grande tristezza. Come pure devo dirle che più che i vostri inesistenti interventi ci siamo sentiti provocare dagli articoli del Sinodo Tedesco, ben più coraggioso dei Sinodi italiani. Per cui il più illuminato in Italia resta Francesco. E non è un buon segno per i grandi teologi italiani. Devo però farle notare che da cento membri eletti, solo la metà ha votato il Liber Sinodalis, l’altra metà è sparita nel silenzio ecclesiale. Ho letto il libretto e non noto alcuna novità se non ribadire quanto ampiamente risaputo. Direi che si nota la mano di qualche bravo teologo come lei e Andrea Grillo, per la gioia del Vescovo Gero, ma la comprensione dei problemi veri della Diocesi utili per spiccare davvero il volo non si vede. Infatti il vescovo dovrà farsi il giro della Diocesi da solo incontrando le diverse comunità diocesane poiché il contributo delle varie commissioni è stato praticamente nullo. Nella nostra Diocesi c’è una così grande comunicazione tra di noi che io devo scriverle su Settimana News, e stia pur tranquillo che pochi altri membri del Sinodo savonese replicheranno. Comunque buon lavoro a lei. Giovanni Lupino
Gentilissimo don Giovanni, durante gli scorsi mesi avevo provato a mettermi in contatto con lei tramite i social, avendo letto, e pure riferito alla “Commissione dei 10”, varie sue perplessità. Mi risulta che alla fine un membro della commissione si sia recato personalmente da lei per un confronto. Soprattutto in certe commissioni tematiche, pure il nostro Sinodo è stato attento ai lavori del Sinodo Tedesco e al contributo delle teologhe e dei teologi, anche se poi si trattava di calarli nel nostro contesto, in uno stile condiviso, aperto il più possibile, canonisticamente ineccepibile e realisticamente praticabile. Le parrocchie savonesi erano state invitate a riflettere e a inviare proposte sui temi in discussione tramite le “schede” nell’autunno 2022, ma abbiamo ricevuto pochissimi riscontri. L’indirizzo email della segreteria era pubblico. In effetti anche io avrei auspicato una maggiore itineranza, se non delle sessioni plenarie, che comportano una certa organizzazione, perlomeno dei sinodali; ad ogni modo le riunioni delle commissioni tematiche si sono svolte in varie parrocchie della diocesi. Inoltre ciascun sinodale avrebbe dovuto sentirsi responsabile per sollecitare la parrocchia/associazione di appartenenza. Chi si è tirato indietro in questi mesi lo ha fatto per vari motivi, anche lavorativi, di salute, di studio o pastorali, ma forse pure qualcuno con posizioni fondamentaliste che si è sentito in minoranza e qualcun altro stanco di discussioni; non sto a incolpare nessuno: camminare insieme è impegnativo. Essendomi assunto un impegno, ho voluto onorarlo sino all’ultimo giorno, dando ad esso priorità su ogni altra cosa, come mi era stato chiesto. Per qualsiasi delucidazione resto sempre disponibile, anche ovviamente a vederci di persona.
Forse era meglio venire di persona al Sacro Cuore o telefonarmi. Che un membro della commissione sia venuto a confrontarsi con me sul Sinodo non mi risulta. Gli unici confronti li ho avuti col Vescovo. Io non so dove lei viva e quali incarichi abbia in Diocesi, per informarla meglio le faccio notare che il responsabile giuridico del Sacro Cuore è il vicario generale don Magnano, protagonista al Sinodo come lei sa. Non mi risulta si sia mai preoccupato di riunire un Consiglio Pastorale del Sacro Cuore o di inviare comunicazione sui lavori o confrontarsi con me. Mi risulta che mentendo e con inganno ha preso decisioni senza consultare il Consiglio per gli affari economici. Meno male che nel Liber Sinodalis avete ribadito che i Consigli non sono finti o di semplice rappresentanza, per una chiesa sinodale, in uscita. Amico mio questa si chiama propaganda, volgare e offensiva. Se vuole incontrarmi io la invito volentieri a cena così ci conosciamo, senza pretesa di confrontarci sul nulla del Liber Sinodalis, ma non vorrei rovinarle un brillante futuro di teologo della Diocesi di Savona. Ci pensi bene, io non ho nulla da perdere. Cordiali saluti
“un Sinodo o un Concilio non recepiti, anche se formalmente validi, sarebbero infecondi”. Mi sembra una grande verità. Qualcuno potrebbe dire “scontata”; ma niente mi pare del tutto scontato e niente deve essere pericolosamente ignorato. Ne deduco la grande responsabilità dei vescovi in merito alla recezione del Sinodo e al rinnovamento in senso sinodale delle nostre comunità. Essi devono spingere e rimuovere tutte le resistenze attive e passive che ci sono e si vedono spesso tra i vescovi stessi, ma anche e soprattutto tra i parroci e purtroppo tra una buona parte del popolo di Dio. Impresa non facile, a mio avviso, per la quale occorre pregare ma anche farsi parte attiva con coraggio, pazienza e determinazione. Ciò che mi lascia perplesso, lo confesso, nel commento dell’autore, è l’enfasi posta sull’abito liturgico. Ammesso e non concesso che per i nuovi ministeri sia necessario un abito liturgico conforme … perché proprio la … vimpa? Sappiamo a cosa serviva? Ai reggitori dello strascico vescovile. Con due apposite tasche per non sporcare con le mani le cose che vengono toccate.. Vi sembra il caso? Soprattutto vi sembra coerente al servizio dei nuovi ministri?
Capisco che possa destare molte perplessità: di per sé pare tutt’altro che un segno di “ministerialità in uscita”. Tuttavia penso che sia un primissimo passo per abituare anche l’immaginario dei fedeli non solo alla presenza, ma pure alla presidenza, liturgica delle donne.