Opachi e negazionisti. Così sono i vescovi spagnoli in generale, ma, in modo del tutto particolare, riguardo alla questione degli abusi sessuali da parte del clero.
Per questo, hanno anzitutto negato l’esistenza del problema. Luis Argüello, segretario generale dell’episcopato fino al 2022, ha affermato, in una conferenza stampa, che, nella Chiesa spagnola, c’erano stati solo «pochi casi» di abusi da parte del clero. Non bastasse, tra i grandi Paesi cattolici, è stata l’ultima Chiesa, con la Polonia, a commissionare un rapporto “ufficiale” allo studio legale Cremades, guidato da un membro di spicco dell’Opus Dei.
Nel frattempo, il Parlamento spagnolo si è mosso e ha commissionato al difensore civico Ángel Gabilondo un altro Rapporto sullo stesso argomento, che è stata appena presentato. Un rapporto serio, profondo e ben redatto, nello stile dell’ex ministro dell’Istruzione e professore universitario.
Una radiografia del fenomeno
Il rapporto, 777 pagine, ha analizzato le esperienze di 487 vittime e le risposte presentate sia dalla Chiesa sia dallo Stato.
Si rimprovera alle risposte dello Stato di essere caratterizzate dall’assenza di «procedure adeguate». Quelle ecclesiastiche, invece, di essere caratterizzate dall’«occultamento», dalla «minimizzazione del problema» e dalla «rivittimizzazione». Le vittime «hanno dovuto affrontare non solo negazioni e occultamenti, ma anche pressioni e reazioni da parte di rappresentanti della stessa (Chiesa) che erano stati accusati di aver perpetrato gli abusi».
La radiografia del fenomeno definisce gli abusi sessuali del clero cattolico un «grave problema sociale e di salute pubblica», un problema, aggiunge, che «ha causato molti danni».
E spiega che «la gravità del fenomeno deriva dall’intensità dei danni sofferti dalle vittime, dalla quantità di persone colpite e dalla mancata fiducia riposta da loro, e questo da una parte molto importante della società, in un’istituzione che ha avuto un potere innegabile in Spagna e un’autorità morale nella società».
Lo studio riconosce, però, che la Chiesa cattolica «è un’istituzione plurale e che la Commissione di consulenza, creata ad hoc, è stata in grado di individuare le buone e le cattive pratiche». Il Rapporto riconosce anche «il coraggio istituzionale di coloro che hanno scelto di assumersi la propria responsabilità nei confronti delle vittime», riferendosi in concreto ad alcune diocesi e alla Conferenza spagnola dei religiosi (CONFER).
Per quanto riguarda l’operato delle autorità pubbliche, il Rapporto del difensore civico denuncia che «mancavano procedure adeguate per prevenire, individuare e reagire agli abusi sessuali su minori negli istituti scolastici della Chiesa cattolica». Solo molto recentemente, nel 2021, sono stati introdotti meccanismi e procedure di prevenzione e di rilevamento in tutti i centri educativi di proprietà pubblica o privata. Inoltre, «la maggior parte dei casi denunciati, pur rappresentando una minima parte della realtà del problema, non hanno trovato risposta da parte del sistema giudiziario».
Il Rapporto conclude con una ventina di raccomandazioni pratiche, tra cui risalta quella di organizzare un atto pubblico di riconoscimento e di riparazione simbolica alle vittime per il prolungato periodo di negligenza e di inattività, in particolare tra il 1970 e il 2020.
Allo stesso tempo, il difensore civico propone la creazione di un fondo statale per il risarcire le vittime e che uno speciale organo amministrativo – creato per l’occasione – stabilisca una procedura di riconoscimento e di riparazione delle vittime di aggressioni o di abuso sessuale nell’ambito della Chiesa cattolica.
Si raccomanda, inoltre, che la Chiesa cattolica fornisca i mezzi necessari per aiutare le vittime di abusi sessuali nel processo di recupero, offrendo un trattamento alle vittime o ai familiari, qualora lo richiedessero. E che le diocesi e gli istituti di vita consacrata forniscano agli investigatori le informazioni contenute nei loro archivi, cosa che, per il momento, non sono tenuti a fare.
440.000 vittime?
I vescovi spagnoli hanno accettato questa parte del Rapporto, ma hanno vivacemente protestato per la macro-indagine in esso contenuta, che ha indotto alcuni media (tra cui il quotidiano El País) a estrapolare i risultati e a fornire all’opinione pubblica l’agghiacciante cifra di 440.000 persone abusate.
Immediatamente, da Roma, dove partecipava al Sinodo, il presidente dell’episcopato, card. Omella, ha pubblicato un tweet in cui dichiarava con forza: «Le cifre estrapolate da alcuni media sono bugie e hanno l’intento di ingannare».
L’indagine contenuta nel Rapporto stima che l’1,13% della popolazione (circa 440.000 persone, appunto) abbia subito abusi durante l’infanzia in ambienti religiosi. I dati dell’indagine e il primo campione metodologico e numerico significativo in questo campo (8.013 persone), indicano che uno spagnolo su dieci (11,7%) dichiara di aver subito abusi sessuali prima dei 18 anni e che il 3,36% degli abusi è avvenuto in ambiente familiare, mentre lo 0,6% afferma di «aver subito aggressioni sessuali da parte di un prete o di un religioso cattolico, mentre per l’1,13% l’aggressione si è consumata in ambiente religioso».
Quella cifra (440.000) rimane impressa nell’immaginario collettivo. La Chiesa spagnola era già, prima del Rapporto, una delle istituzioni meno apprezzate in termini di credibilità e di fiducia da parte della società. Dopo il Rapporto, sembra affondare senza scampo.
I vescovi spagnoli sono rimasti doppiamente sorpresi, perché hanno sempre creduto che il Rapporto del difensore civico avrebbe seguito il modello portoghese che, sulla base di 512 interviste con persone vittime di abusi, stimava in 4.815 il totale delle vittime, propendendo verso una cifra minore.
Il Rapporto spagnolo, invece, ha optato per la metodologia del modello francese, il quale, secondo uno studio commissionato dalla Conferenza episcopale francese, ha stimato, estrapolando i dati, in 330.000 il numero delle vittime.
I vescovi francesi hanno accettato i dati, hanno manifestato la loro vergogna e si sono recati alla basilica di Lourdes per inginocchiarsi davanti alle vittime e davanti alla Vergine. In Spagna, al contrario, l’estrapolazione è chiamata «menzogna». E la credibilità della Chiesa perde ancora quota.
Penso che almeno su un punto l’articolo sia impreciso: non citare l’Italia mi sembra infatti una mancanza. Non risulta infatti che nel nostro Paese la Cei abbia finora favorito o quanto meno sostenuto serie, approfondite e imparziali indagini sul fenomeno degli abusi nel clero italiano. Prima o poi accadrà anche in Italia magari sulla spinta dei media, degli storici e dell’opinione pubblica ma fino adesso da parte della gerarchia italiana c’è stato un vergognoso e colpevole atteggiamento di indifferenza, come se i crimini di abuso possano passare impuniti. Fino a quando tale atteggiamento continuerà, la credibilità di vescovi, clero e religiosi sarà seriamente (ed evangelica mente) compromessa
Jose Manuel Vidal non è il giornalista de la veritá.