Fernando Garcia Alvaro, nato a Valladolid nel 1976, aveva tutto dalla vita. Di famiglia benestante, di affascinante aspetto, colto e idolatrato dapprima nella parrocchia del Pilar, barrio periferico della città, dalle potenti confraternite della Settimana santa e dai seminaristi del seminario, dove era stato chiamato a fare il rettore dall’arcivescovo, card. Blazquez, che lo stimava tantissimo per le sue qualità umane.
È stato trovato morto da una guardia forestale nella pineta di Puente Duero, periferia di Valladolid, il 7 ottobre e il 9 sono state celebrate le esequie, presiedute dall’arcivescovo Blazquez con la partecipazione di molti sacerdoti increduli e sconcertati.
Interessante la storia, purtroppo breve, di Fernando Garcia Alvaro. Mostrava una spiccata personalità fin da piccolo. Iniziò a studiare filosofia pura, ma non la portò a termine perché decise di mettere a prova la sua vocazione contemplativa. Andò nel monastero di Sobrado dos Monxes (La Coruña), dove divenne postulante, poi novizio sotto la guida del priore attuale. Vi rimase tre anni.
Si sentiva però portato a vivere con la gente e a mettersi in attività pastorale diretta e coinvolgente. Decise di entrare nel seminario di Valladolid, nonostante l’opposizione dei genitori che avrebbero voluto che si facesse carico dell’attività familiare.
Aveva 24 anni quando entrò, fu ordinato sacerdote da mons. Braulio Rodriguez nel 2005 e fu inviato a studiare a Roma. Ritornato due anni dopo a Valladolid, gli fu assegnata la parrocchia del Pilar, dove si guadagnò l’affetto dei fedeli, sia anziani sia giovani. Fatto rettore, divenne l’idolo dei seminaristi.
Ci si chiede a Valladolid, ma anche al di là dei confini della diocesi, come sia morto. L’unico dato finora in possesso, dovuto all’autopsia della polizia scientifica, è che il corpo «non presentava segni di violenza». Quindi, se nessuno l’ha ucciso, restano aperte due ipotesi: o è morto di morte naturale o si è suicidato. Si chiede alle autorità della Chiesa di sciogliere il dubbio, ma finora è silenzio più assoluto. Se fosse morto di morte naturale, nessun dubbio che lo si sarebbe detto subito. Così pure se fosse stato ucciso.
Religion digital riporta la riflessione del noto biblista spagnolo Xabier Pikaza pubblicata di recente: «Ho conosciuto e voluto bene almeno a tre sacerdoti (forse qualcuno di più!) che in questi due ultimi anni hanno preferito mettere la loro vita direttamente davanti a Dio, senza aspettare la morte (si sono suicidati). Certamente, avevano problemi personali di “depressione”, ma non hanno trovato neppure un luogo “caldo” di lavoro e di accoglienza, dopo quaranta o cinquanta anni di servizio generoso, gratuito, disinteressato a servizio della Chiesa e dei poveri. Erano dei migliori, forse i migliori… Non si sono suicidati per mancanza di fede, ma per un tipo di fede differente, la fede in un Dio distinto, al quale avevano consegnato la loro vita, il desiderio di incontrarsi “già” davanti a questo Dio, senza protestare contro i fratelli, lasciandoli silenziosamente… per dire con il loro gesto che soltanto in Dio hanno confidato».
Forse il cellulare di Fernando Garcia Alvaro, 41 anni, potrà sciogliere il mistero della sua morte. Alcuni amici sacerdoti parlano di un’infermità mortale e galoppante.
Il suicidio di preti sta diventando un dato inquietante.