Tradizionalisti: febbre episcopale

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Si alza di nuovo il vento dei tradizionalisti a invocare la nomina di nuovi vescovi in dissenso da Roma. Lo fanno i lefebvriani ma, in forma nicodemica, lo chiedono anche i seguaci di mons. Carlo Maria Viganò.

Nella lettera agli amici (19 giugno 2024), il responsabile del distretto di Francia della Fraternità sacerdotale San Pio X (lefebvriani), Benoît de Jorna, ricorda la consacrazione episcopale dei quattro vescovi della Fraternità nel 1988 da parte di mons. Lefebvre e aggiunge: «Avremo bisogno presto della virtù della fortezza per affrontare un evento ecclesiale che comincia a profilarsi; alcune consacrazioni per supportare (gli attuali vescovi) destinate a garantire il loro ricambio per rimpiazzare i vescovi consacrati da mons. Lefebvre nel 1988». «Quando una tale decisione sarà annunciata dal superiore generale è da attendersi un’esplosione mediatica contro gli “integristi”, i “ribelli”, gli “scismatici”, i “disobbedienti” e via di questo passo. In quel momento dovremo affrontare contraddizioni, ingiurie, disprezzo, rigetto, persino rotture con persone che ci sono vicine».

Consacrazioni disinvolte

Voci credibili assicurano che, nel piccolo gruppo che sostiene mons. Carlo Maria Viganò nel “monastero” di Viterbo, già parte della Famiglia presbiterale Familia Christi (approvata dal defunto mons. Negri e soppressa dal dicastero nel 2020) si persegue lo stesso fine: affiancare al “fondatore” qualche altro vescovo.

Il “nuovo soggetto” che ha preso il posto dell’autentica Chiesa di Cristo e la supponenza dell’interessato sono la premessa della decisione. «La gerarchia conciliare, che si proclama cattolica ma abbraccia una fede diversa da quella insegnata costantemente per duemila anni dalla Chiesa cattolica, appartiene ad un’altra entità e per questo non rappresenta la vera Chiesa di Cristo». «Come Successore degli Apostoli non posso e non voglio accettare di assistere alla sistematica demolizione della santa Chiesa e alla dannazione di tante anime senza cercare con ogni mezzo di oppormi a tutto questo» (dichiarazione del 28 giugno 2024).

Del resto la non smentita ri-consacrazione dello stesso Viganò da parte del dissidente lefebvriano mons. Williamson testimonia il venir meno di ogni residuale legame con la Chiesa di Roma.

Nella galassia tradizionalista ordinare vescovi è diventato una prassi corrente. Il britannico Richard Williamson, espulso dalla Fraternità nel 2012 per la sua opposizione ad ogni apertura verso la curia vaticana e il papa, ha provveduto a ordinare, per iniziativa propria, un quarto vescovo a garanzia del futuro della sua Comunità sacerdotale Marcel Lefebvre (una sessantina di preti).

Si tratta dell’italiano Giacomo Ballini, consacrato vescovo in segreto tre anni fa (gennaio 2021) e ordinato prete nella Fraternità San Pio X nel 2011.

Prima di consacrare Ballini, Williamson ha ordinato vescovi Jean-Michel Faure (2015), Miguel Ferreira da Costa (2016) e Gerardo Zendejas (2017). Un preteso stato di necessità invocato a gran voce anche nei satelliti viciniori. Per esempio, nella Fraternità San Pio V, sorta nel 1983 negli USA che ha visto l’ordinazione di quattro vescovi: Clarence Kelly, Donald J. Sanborn, Daniel L. Dolan e Rodrigo Henrique da Silva. Così, nell’istituto «Mater boni consilii», dopo il fondatore, Michel Guérard des Lauriers, sono stati consacrati vescovi Franco Munari, Gunter Storck e Robert McKenna (cf. SettimanaNews, qui).

Difficoltà condivise

Va dato atto alla Fraternità San Pio X di essere lo spezzone tradizionalista più moderato e prudente in ordine alle ordinazioni. Sono, in ogni caso, numeri modesti, ma per la centralità della figura episcopale nella coscienza ecclesiale, una consacrazione fuori dell’obbedienza e della comunione col papa è considerata intollerabile e gravemente incoerente con la fede cattolica. Il gruppo complessivo dei vescovi cattolici arriva a 5.200 persone, di cui quasi 2.000 sono emeriti.

Tornando alla lettera agli amici di Benoît de Jorna, vale la pena sottolineare la denuncia di una difficoltà crescente del movimento di Lefebvre con le generazioni giovanili dei loro appartenenti, non più chiamate ad una opposizione dura e a una fermezza totale.

«(I giovani) non hanno conosciuto che una Fraternità San Pio X ben istallata in chiese e cappelle o, quantomeno, in luoghi di culto decenti e comodi, molto lontani dai miseri e spogli hangar degli inizi. Hanno conosciuto, da sempre una rete di scuole veramente cattoliche e non hanno condiviso coi loro genitori l’angosciosa domanda di come trasmettere un’educazione cristiana in assenza di una scuola cattolica degna di questo nome». E, così, li si trova «un giorno cristiani, un giorno mondani; un giorno Fraternità San Pio X, un giorno Ecclesia Dei – il gruppo dei tradizionalisti rimasti in comunione con il papa – o carismatici; un giorno messa tradizionale, un giorno messa conciliare; un giorno pellegrinaggio di Pentecoste in senso tradizionalista, un giorno pellegrinaggio in senso opposto».

Una acquaticità e volatilità giovanile del tutto insopportabile da parte di un gruppo formato alla lotta e all’opposizione. Ma anche un segnale interessante per indicare che, al di là dei conflitti, le sfide pastorali attraversano anche i confini settari più custoditi e difesi.

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3 Commenti

  1. Ciro 7 luglio 2024
  2. Lorenzo Bernini 5 luglio 2024
  3. anima errante 5 luglio 2024

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