Nel marzo 2013, ho visto in televisione un uomo, di cui pochi di noi avevano sentito parlare, che ci ha chiesto di fare qualcosa per lui. Ha chiesto le nostre preghiere e ha chinato la testa. Nel marzo 2020, questo stesso uomo è entrato in una Piazza San Pietro vuota, affiancato da un’icona di Maria e dalla Croce del Signore. In un mondo afflitto da problemi, isolamento e malattia, ci ha offerto le sue preghiere.
Molto è accaduto nel papato di Francesco – momenti di gioia e di sgomento – ma dovremmo ricordare queste immagini. Sono una chiave del suo papato e del rinnovamento della Chiesa. Era un papa che chiedeva la preghiera; un papa che offriva la preghiera.
Io sono il tipo di cattolico che dovrebbe essere un nemico di papa Francesco. Penso che il cattolicesimo felpato degli anni ’70 sia stato un disastro, scartando gran parte del patrimonio della Chiesa mentre ignorava la lettera e lo spirito del Concilio Vaticano II. Non penso che la Chiesa debba “stare al passo con i tempi”; la Chiesa è l’esperta in umanità e divinità. Credo fermamente che non dobbiamo conformarci ai tempi, ma rinnovare la Chiesa ritornando alle fonti della nostra fede: la tradizione trasmessa dal magistero e da tutto il popolo di Dio.
E per queste ragioni, sostengo papa Francesco.
Papa Francesco confonde le nostre aspettative perché le nostre aspettative tendono a essere modellate dal mondo. Per molti della sinistra politica, il suo papato è il momento per creare una nuova Chiesa conforme ai tempi, come un’agenzia spirituale senza scopo di lucro. Piuttosto che vedere le linee che Francesco traccia, molti proclamano le sue iniziative come “passi” nella giusta direzione, passi verso il superamento delle linee dell’insegnamento cattolico.
Molto più dolorosa per me è stata la risposta a Francesco da parte di molti dei miei colleghi cattolici di mentalità tradizionale. Un teologo mi ha descritto Traditionis custodes, il recente motu proprio del papa che limita l’uso della forma straordinaria della messa latina, come una reazione in cattiva fede a “tre persone su Twitter”. La buona notizia, secondo loro, era che papa Francesco morirà abbastanza presto.
Questo si adatta a un modello di discussione da parte dei critici di Francesco espresso nell’uso sprezzante del nome “Bergoglio”, l’ermeneutica negativa applicata a ciò che Francesco dice, e il disprezzo delle iniziative papali che in altre circostanze farebbero esultare i tradizionalisti – la celebrazione di Dante, l’elevazione di sant’Ireneo a dottore della Chiesa, l’istituzione dell’Anno di san Giuseppe. Avendo io stesso imparato dai tradizionalisti cattolici quanto sia importante essere impegnati per il papato, trovo vertiginoso e scoraggiante sentire il vetriolo lanciato contro il nostro attuale pontefice.
Sia i critici che i sostenitori non riescono a vedere il tradizionalismo di Francesco. Permettetemi di evidenziare tre forme del suo tradizionalismo.
Primo, essere effettivamente un cattolico tradizionale significa sostenere e portare avanti le riforme del Vaticano II. Francesco protegge questa tradizione da quelli di noi che pensano che il Vaticano II sia opzionale o deplorevole. Non è nessuna delle due cose; è una guida essenziale per essere cattolici nel mondo moderno e una chiave ermeneutica per comprendere la pienezza della nostra tradizione di 2000 anni.
Secondo, uno dei compiti del papa è quello di inviare missionari nel mondo. Gregorio mandò Agostino in Inghilterra, Onorio mandò i domenicani in Polonia, Paolo III mandò missionari nelle Americhe e Francesco ci manda “a raggiungere le frange dell’umanità”. Molti di noi al centro della Chiesa sono riluttanti a fare questo. Possiamo essere troppo appassionati di porte chiuse, di identità nazionali o di una visione donatista di una Chiesa più piccola e più pura. Ma l’essenza del Vangelo è diffondere il Vangelo. Per Francesco, la vita interiore della Chiesa è andare verso coloro che sono al di fuori della Chiesa. Cosa dobbiamo fare? Invitarli nella Chiesa, perché è all’interno che incontriamo pienamente Cristo. Questo potrebbe non sembrare così nuovo, ma Francesco è piuttosto tradizionale.
In terzo luogo, nel cuore del tradizionalismo di Francesco ci sono le immagini che ho usato in apertura di questo saggio: un papa che chiede la preghiera, un papa che offre la preghiera. Questa è la lex orandi del papato di Francesco, la legge della preghiera che modella il suo ministero e il suo insegnamento. Nel suo discorso annuale “Urbi et Orbi”, Francesco ci chiama alla “preghiera e al servizio silenzioso”. Ci ricorda di avere fiducia in esse – “le nostre armi vittoriose”. Di fronte a una pandemia globale, Francesco ha la fiducia che la preghiera e le opere di misericordia sono le vie della vittoria.
Questa fiducia è essenziale per l’ufficio petrino. Proprio come Pietro si affidò a Gesù, il papa ci insegna che dobbiamo affidarci al Signore. Francesco insegna che “da soli ci affanniamo: abbiamo bisogno del Signore, come gli antichi navigatori avevano bisogno delle stelle”.
Sì, mi preoccupa il Sinodo sulla sinodalità. Sono preoccupato che troppi lo vedano come una possibilità di cambiare radicalmente la Chiesa (come nel disastroso sinodo tedesco), e che il sinodo annacqui l’autorità ecclesiale in modi che minano l’unità dottrinale. Ciò di cui abbiamo bisogno non è una Chiesa diversa, ma la Chiesa più pienamente attualizzata. E sì, lotto con quella che sembra una mancanza di priorità sulla riverenza liturgica e sulla chiarezza dottrinale. Ma quando faccio attenzione al suo insegnamento, trovo sempre il suo messaggio: “Abbracciate il Signore per abbracciare la speranza”.
Il papa sta pregando per noi; preghiamo per lui. Condividiamo la sua fiducia in Cristo. Uniamoci a lui nel custodire la tradizione e nel predicare la buona novella.
- Pubblicato sulla rivista dei gesuiti statunitensi America (nostra traduzione dall’inglese).
L’autore può anche avere tutta la simpatia possibile verso il Santo Padre, il problema è che Francesco sembra non avere tanta simpatia verso i tradizionalisti, visto che l’obbiettivo tracciato in TC di “ritornare all’unità dell’unico Rito Romano” equivale a indicare un futuro in cui i fedeli legati alle forme rituali antecedenti il Concilio devono sparire. È difficile avere simpatia per chi non ti considera nemmeno degno di esistere…
Chissà perché questo “sedicente” tradizionalista mi sembra farlocco. Uno che parla con tutti i luoghi comuni e l’ideologia del progressismo. Se fosse un vero tradizionalista costui non parlerebbe dello “spirito del concilio”, una vaga etichetta inventata dopo il Concilio dalla Scuola di Bologna, che si è imposta come unica interpretazione del Concilio, spesso contro la lettera dei documenti conciliari, come ha ben spiegato Ratzinger che al Concilio era presente e anche negli anni dopo il concilio e che ha protestato varie volte contro il fraintendimento voluto da alcuni delle disposizioni dei padri conciliari. Loro avevano detto A e gli hanno fatto dire B. Il fedele cattolico su rifà a TUTTI i Concili della Chiesa, non solo al CVII e tanto meno a un vago “spirito” del Concilio, non scritto e codificato, ma che si vuole ammantare di sacralità. Tradizionalismo è essere fedeli a TUTTI i Concili della Chiesa cattolica non solo al CVII.