Nell’Aula Magna del Seminario di Mantova, il 28 febbraio, giorno della pasqua di Ivana Ceresa, prima alunna dell’ISSR, Lucia Vantini, presidente del Coordinamento Teologhe Italiane, e Donata Horak, docente di diritto canonico e membro del consiglio del CTI, hanno dato conto di quanto si sta muovendo nella Chiesa a partire dall’estemporaneo ma significativo neologismo – smaschilizzare – coniato da papa Francesco e da lui utilizzato, nel 2023, davanti ad una platea di soli uomini durante la Commissione Teologica Internazionale. «Scusatemi la sincerità … Una, due, tre, quattro donne: poverette! Sono sole! Ah, scusami: cinque! Su questo dobbiamo andare avanti». Con queste parole di disappunto il Pontefice sottolineava, in quel contesto, l’imbarazzante esiguità della presenza femminile.
«Smaschilizzare» è dunque l’invito del papa e a questo scopo affida al Consiglio dei Cardinali il compito di un confronto aperto con le donne. Il frutto dei quattro incontri, tenutisi fra la fine del 2023 e gli inizi del 2024, è contenuto in una quadrilogia, di cui sono autrici anche le relatrici presenti.
Sulla scia della profetica sensibilità di Ivana Ceresa che, fin dal lontano 1994, nel suo libro Mie carissime sorelle, esprimeva il forte desiderio di lettrici delle Scritture, capaci di parlare di Dio, Lucia Vantini approfondisce il tema smaschilizzare la Chiesa, argomento del primo libro.
I temi trattati nei successivi incontri sono esposti in Donne e ministeri nella Chiesa sinodale, Donne e uomini: questione di cultura, Il potere e la vita. Su richiesta del papa, nel primo incontro viene approfondito il principio petrino e mariano enunciato dal teologo svizzero von Balthasar, che Lucia Vantini definisce disturbante, così come disturbante è il verbo «smaschilizzare», per l’idea sottintesa della differenza di genere e per le reazioni prodotte nelle anime più conservatrici del mondo cattolico, uomini e donne comprese.
Per petrino si intende ciò che attiene l’oggettività (il pubblico, l’autorità, la ministerialità), dimensione propria degli uomini; per mariano, la soggettività (il privato, l’emotività, la cura del dolore), sfera di pertinenza delle donne.
Il principio mariano – dice papa Francesco – è più importante di quello petrino. Questo però solo in termini simbolici perché – per la teologa – l’equiparazione della donna a Maria è più emarginante che valorizzante, essendo il modello troppo alto.
Come questo sia vero, Vantini lo dimostra attraverso la metafora dei tre cristalli: del soffitto, del muro e della scogliera. Del soffitto perché, ogni volta che le donne chiedono – secondo il principio costituzionale e in virtù del sacramento del Battesimo – parità di ruoli e di mansioni, numerosi sono gli ostacoli interposti nella progressione. Del muro, perché la sinodalità è più proclamata che realizzata. Infine, della scogliera perché, così come nel basket americano in situazioni emergenziali ci si affida a individui marginali, così accade per le donne interpellate in questo momento difficile per la Chiesa.
Don Nicola Gardusi, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, dice che «smaschilizzare» può comportare «irrigidimento» o «cambiamento a tutti costi», soluzioni entrambe non auspicabili, poiché da perseguire è piuttosto la «sinodalità».
Maschi e femmine sono «luoghi teologici», «di rivelazione», per questo non si possono risolvere attraverso semplificazioni, ma con l’ascolto e il confronto. Per smaschilizzare non è importante dare ruoli alla donna, ma sollecitare da lei un pensiero che possa dare «profondità teologica alla Chiesa». Non, dunque, una teologia al femminile, ma una teologia sistematica che affronti temi cristologici e trinitari.
Donata Horak, esperta di diritto canonico, si chiede se tale diritto promuova la presenza delle donne nella Chiesa o la ostacoli. Il nodo della questione riguarda il potere, argomento trattato nell’ultimo libro dal titolo Il potere e la vita, di cui è una delle autrici.
Per realizzare un potere «giusto» serve una Chiesa di donne e uomini. La vera autorità, nel senso etimologico del termine, è quella che fa crescere e che sa ritagliare per ciascuno lo spazio adeguato di espressione, vera strada verso il bene.
In realtà, nella Chiesa vige ancora una piramide e i poteri sono separati. Secondo il canone 230 solo laici di sesso maschile hanno accesso al lettorato e all’accolitato, mentre – retaggio del Concilio di Trento, in negazione dell’uguaglianza di tutti i battezzati – ogni ministerialità è nelle mani del solo presbitero.
È una logica mortifera perché, procedendo per separazioni, dimentica il luminoso e profetico munus del popolo di Dio, enunciato nella Lumen gentium e che, ora più che mai, urge recuperare per promuovere una Chiesa all’altezza delle richieste del popolo del XXI secolo.
Veramente è dal 2021 che, con il Motu Proprio Spiritus Domini, papa Francesco ha aperto al lettorato e all’ accolitato alle donne. e già in bel numero sono state istituite in varie diocesi. Il penultimo paragrafo non è corretto.
Quanto ai commenti sopra… Credo che il problema più che ecclesiale, sia mondiale. La parità di dignità tra uomo e donna è un fattore culturale che riguarda un cambio di mentalità di cui nessuno, uomini e donne che siano, è attualmente capace. I commenti sopra esemplificano il tema con banalità, arroganza e un certo grado di rabbia nei confronti di una istituzione, che per altro non li riguarda, visto che si dichiarano uno ateo e gli altri se non atei nemmeno cattolici, quindi fa strano vedere questo interessamento, che è più una sorta di invettiva contro la chiesa che altro. Per altro al momento più che una voglia di scavare a fondo il mistero della donna e dell’ uomo per comprendere sempre più il loro ruolo nel progetto di Dio, pare ci sia una voglia di competizione, di rivalsa se non di vendetta nei confronti degli uomini, che rischia solo di irrigidire le persone, affossando e, appunto banalizzando qualsiasi riflessione.
Il can. 230 è stato modificato da Papa Francesco. A Bologna ci sono già parecchie lettrici e accolite.
Intervento riassuntivo ed efficace, in grado di testimoniare un pensiero e anche uno sforzo di carattere intellettuale.
E non c’è nemmeno bisogno di dirlo,
Tuttavia, come viene detto, la questione cade sempre su di un concetto, che poi, ahimè, è l’invalicabile concetto da cui si origina tutta la questione: questo concetto attiene al riconoscimento e all’esercizio di un potere. Anche eventuali tentativi di rivestire questo concetto con riflessioni di carattere teologico o, piu’ semplicemente, di carattere pastorale, si risolvono sempre in ragionamenti circa la ripartizione di spazi, ambiti, tempi di esercizio e riconoscimento, all’interno della comunità ecclesiale e, anche, verso l’esterno, di un potere.
Onesta’ vorrebbe (come si suol dire) – anche a prescindere da avvenimenti ed esposizioni davanti al Santo Padre e a membri del collegio cardinalizio – che, perlomeno, si dicessero le cose per come le si vogliono, perche’ le si vogliono e – a questo punto occorre una rivelazione – quali vantaggi si avrebbero (certamente in un’ottica pastorale, atteso che altri aspetti appartengono ad altri piani non coinvolgibili – se vi si crede, chiaramente …) in vista della cooperazione al Mistero della Salvezza.
Magari, visto che si fa tanto leva su questo evento, riprendendo qualche espressione fatta da qualche membro o membra del sinodo sulla sinodalità durante la cosiddetta conversazione nello spirito e che ai piu’ lo stesso spirito non ha rivelato.
E ci chiediamo anche se questa rivelazione sia stata effettivamente fatta o sia giunta almeno a tutti i vescovi (in tal senso attendiamo conferme – ma che siano veramente tali e non estemporanee o temporanee perche’ l’aria che tira ce lo suggerisce).
Grazie. E grazie alle riflessioni dell’articolo: speriamo di non ingannarci. Mah…
Al netto delle chiacchiere, nessuna religione rivelata consente alle donne un compito connesso all’esercizio del sacerdozio se non da tempi recenti… e le donne vescovo non hanno sin qua impressionato eccessivamente per capacità o carisma, ad essere onesto. Tra l’altro queste società evolute perché concedono pari accesso a donne ed uomini, quali sarebbero? Cerchiamo di non essere ridicoli, per favore.
Cara signora, si può sempre cambiare religione e convertirsi ad un sano paganesimo, versione Iside, ad esempio. E lo dico da ateo.
Parole, parole, parole… Quante parole! Troppe! E sempre per aggirare il problema, che si conosce benissimo e che non si vuole risolvere: la piena parità uomo-donna all’interno di una chiesa che resta ferma su posizioni arretrate e ingiuste. La chiesa cattolica è palesemente maschilista, da sempre ha discriminato le donne e a tutt’oggi continua a farlo, escludendole dal sacerdozio e dal diaconato soltanto perché sono, appunto, donne. In tutte le realtà civili e progredite le discriminazioni, comprese quelle basate sul sesso, sono considerate ingiuste, uomini e donne sono considerati uguali e hanno le stesse opportunità di ruoli e di carriera. Per quanto mi riguarda, io dove sono discriminata non ci voglio stare e sono ben felice di non far parte di una chiesa che mi discrimina.
Quindi San Paolo a Timoteo, nella Chiesa, non vale.
E tutti siamo contenti che lei sia felice