È il 52° della storia di quasi 150 anni dei Congressi. Si celebrerà a Budapest dal 13 al 20 settembre 2020. La Commissione teologica ungherese (8 membri), presieduta da mons. Lajos Dolhai, rettore del seminario di Eger e membro della Commissione teologica internazionale, ha redatto un documento con appropriate riflessioni teologiche e pastorali. La sua struttura è logica e chiara: 15 brevi capitoli attorno al tema: Sono in te tutte le mie sorgenti, che riecheggia le parole del Signore: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva» (Gv 7,37-38).
Il documento preparatorio
Un breve capitolo spiega i luoghi dove il Vaticano II tratta della fonte. I capitoli 4-8 trattano esplicitamente dell’eucaristia, offrendo un’analisi teologico-liturgica, raccogliendo in maniera sistematica le riflessioni e i contributi della teologia di oggi, sottolineando che l’eucaristia è una fonte limpida, alla quale tutti noi possiamo attingere nella celebrazione della messa, ricevendo la comunione e sostando in adorazione.
I capitoli 9-13 offrono indicazioni pastorali per approfondire il carattere di fonte dell’eucaristia. Vengono portati esempi concreti e si fanno i nomi del servo di Dio, il card. Mindszenty, del beato Laszlo Batthyany Strattmann, il medico dei poveri, del beato Vilmos Apor, vescovo di Gyor e martire, di Janos Brenner, chiamato il san Tarcisio ungherese, martire dell’eucaristia, ucciso brutalmente la notte del 14 dicembre 1957 dagli addetti della polizia segreta mentre portava la comunione a un malato. Sarà beatificato in Ungheria il 1° maggio 2018. Gli ultimi due capitoli parlano della Madonna (Verum corpus natum de Maria Virgine) e dell’eucaristia come centro della lode a Dio e della trasformazione del creato.
Il documento nell’introduzione parla dell’Ungheria che ospiterà il Congresso. Ne fa la storia partendo dalle radici cristiane assai profonde. Richiama la figura di santo Stefano (1000-1038), primo re, che introdusse il popolo ungherese nella comunità dei popoli cristiani di Europa. Tra le dinastie medievali regnanti furono gli Arpad a dare il maggior numero di santi alla Chiesa cattolica e, successivamente, non mancarono santi e beati tanto da essere coniato il motto: Il nostro passato è la nostra speranza, il nostro futuro è Cristo.
Il Congresso del 1938
L’Ungheria organizzò il Congresso eucaristico internazionale nel 1938, in un periodo teso e lacerato, assumendo il motto: Eucharistia, vinculum caritatis. La guerra mondiale sconvolse il paese e il comunismo, andato al potere nel 1947, inflisse aspre persecuzioni. Furono aboliti gli ordini religiosi nel 1950; molti sacerdoti e fedeli furono deportati nei campi di lavoro o incarcerati. Continue le vessazioni nei confronti dei cattolici e le uccisioni da parte del regime ateo. Centinaia di migliaia di persone fuggirono all’estero. Furono statalizzate le scuole, ad eccezione di otto celebri licei. La pratica religiosa fu vietata e perseguitata e i cattolici conobbero la clandestinità. La dittatura comunista durò 40 anni e il numero dei praticanti si ridusse ad un livello minimo. Così, due-tre generazioni crebbero senza essere educate nella fede cristiana, per cui gran parte della popolazione ha tuttora una forte ignoranza religiosa, indifferenza nei confronti della fede e anche ostilità verso la Chiesa, dovuta alla martellante campagna anticlericale portata avanti dal regime.
Dopo il 1989, anno della libertà
Dopo il 1989, l’Ungheria diventa libera. Rifiorisce la pratica religiosa e le chiese vengono frequentate. Ripartono gli asili, si aprono scuole, licei e università cattolici e di altre confessioni cristiane. Nella politica e nella legislazione compaiono i valori cristiani e anche nelle scuole statali viene introdotto l’insegnamento della fede e della morale. Prendono vita movimenti e sorgono nuove comunità. Vengono ripristinate molte chiese e ne vengono costruite di nuove. Diversi ordini religiosi, usciti dalla clandestinità, aprono le porte dei conventi. Solo parzialmente vengono restituiti i beni della Chiesa, ma la gerarchia attuale non ne fa un problema come in altri paesi ex comunisti. Sempre più fedeli laici operano nelle comunità parrocchiali.
Dal 1989 molte cose però sono cambiate e purtroppo – osserva il documento – in senso negativo. Ne seguiamo la descrizione: «Come negli altri paesi postcomunisti, così anche in Ungheria si sono presentati certi fenomeni connessi con la libertà che hanno indebolito il modo di vivere la fede e la religione: la secolarizzazione, la ricerca del benessere materiale, la laicizzazione, il relativismo e l’incertezza dell’agnosticismo. Anche da noi si sente la crisi della vita familiare, il forte calo delle vocazioni sacerdotali e religiose, l’innalzamento dell’età media dei fedeli, la diminuzione del numero delle persone che praticano la propria fede. In Ungheria, che ha 10 milioni di abitanti, il 7-10% della popolazione partecipa alla santa messa o alla funzione religiosa nelle domeniche. Risulta inoltre difficile trovare un contatto con i giovani, oltre una cerchia ristretta. Ci sono pochi cattolici che praticano la fede, così è anche inefficace la presenza della Chiesa nella società. Allo stesso tempo, sono sempre di più le persone adulte che cercano la fede, la risposta alle grandi domande della vita e le trovano nella Chiesa». «Il Congresso – si legge nel documento – è un invito e un’occasione per i cattolici a rafforzarsi nella fede».
Una grande croce sta facendo il giro dell’Ungheria, sostando nelle varie diocesi e molte sono le iniziative sia dal punto di vista religioso che culturale.
Si pensa che arriveranno a Budapest circa 500 mila persone da tutto il mondo.
Lo stato sta facendo la sua parte, in primis il presidente della Repubblica e il governo Orbán, con continui e ingenti contributi per la costruzione di chiese (due a Budapest), il restauro di molte altre e di edifici ecclesiastici. «Verrà molta gente», dice un sorridente card. Erdö, arcivescovo di Budapest.