L’interesse per la figura e l’opera di Gaston Fessard in Italia è legato principalmente al debito di riconoscenza che Papa Francesco gli ha manifestato quando ha indicato La Dialectique des Exercices Spirituels de Saint Ignace de Loyola (1956) come una delle opere che maggiormente hanno segnato la sua formazione intellettuale. A partire di qui il pensiero di questo gesuita, morto in Corsica nel 1978, è diventato un punto di riferimento per tutti coloro che, a vario titolo, si sono confrontati con la sua produzione letteraria.
La dialettica originaria
Un confronto fondamentalmente ancora in corso e al cui interno si colloca il recente colloquio filosofico-teologico (14 novembre u.s.) che il Pontificio Istituto Teologico «Giovanni Paolo II» per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia gli ha dedicato nell’ambito delle iniziative della Cattedra Wojtyla: un centro di studio e di ricerca diretto, dal 2023, dal noto filosofo Jean-Luc Marion.
L’iniziativa della Cattedra Wojtyla (che ha visto come relatori principali Émile Tardivel, Stefano Biancu e Nicola Reali) ha sicuramente goduto di un’originalità, poiché si è concentrata su un’opera che, pur centrale nell’itinerario riflessivo di Fessard, finora non aveva avuto quell’attenzione che si meritava da parte delle istituzioni accademiche. Si tratta de Le mystère de la société. Recherches sur le sens de l’histoire dove il gesuita francese sostiene una tesi estremamente suggestiva: la dialettica originaria della storia e della società umana non è la dialettica servo/padrone, indicata da Hegel e ripresa da Marx, ma quella uomo/donna.
La tesi è, dunque, una quelle che mettono in gioco i termini di base di un confronto con lo storicismo e che, nell’intenzione di Fessard, vuole anche aprire a una lettura «teologica» in senso stretto della storia. Fessard, infatti, non ha solamente l’ambizione di identificare nella relazione uomo/donna ciò che egli chiama il «fatto storico originario (fait historique premier)» della genesi della società umana, ma anche di ritrovare in essa quel che consente di mettere a tema lo specifico della visione teologica della storia così come Paolo la presenta nella lettera ai Galati, quando vede nella riconciliazione cristologica del giudeo e del pagano l’origine della riconciliazione di ogni altra dialettica storica: «Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28).
Tutto ciò fa di quest’opera – al di là dell’interesse per un confronto con Hegel e l’hegelismo (di destra e di sinistra) che sarebbe ingenuo considerare risolto dal pensiero cristiano – un testo nel quale ritrovare un’attualità. Attuale non nel senso per cui si dicono attuali gli avvenimenti che accadono oggi e non accadevano ieri, ma attuale nel senso per cui sono attuali le questioni che il pensiero cristiano ha da affrontare ancora oggi: prima fra tutte quella di ritrovare in seno all’umano ciò che misteriosamente (ma realmente) consente di riconciliare l’uomo con Dio e l’uomo con se stesso. Che tutto questo, per Fessard, si concretizzi nella relazione uomo/donna come base non politica della costruzione politica della società umana, richiama immediatamente il valore sociale della fraternità uomo/donna come base di edificazione della fraternità umana.
Una lezione preziosa
In questo senso, qualunque cosa si possa pensare della proposta di Fessard (e dei limiti della stessa), non ci sono dubbi che egli pone una questione che la comunità cristiana deve continuamente porsi nel momento in cui si interroga sulla possibilità (e sul dovere) di tenere viva la rilevanza della relazione uomo/donna per dire una parola sul significato della storia. Una parola sensata sulla storia degli uomini che deriva dalla pretesa più antica e originaria del cristianesimo: quella di potersi sempre sottrarre al giudizio della storia inteso come la misura di tutte le cose.
La scomparsa di questa pretesa della coscienza cristiana significherebbe la scomparsa del cristianesimo stesso. Una pretesa che non si dà unicamente per il fatto che il cristianesimo continua a sopravvivere a tutti gli avvenimenti che hanno segnato e segnano la storia: non è il fatto di essere dei sopravvissuti che consente ai cristiani di essere liberi rispetto a quel che la storia determina. Piuttosto è proprio perché la coscienza cristiana ha sempre rifiutato un’ultima giurisdizione della storia e degli avvenimenti della storia su se stessa, che ha saputo guadagnare la possibilità di dire una parola sensata sulla storia stessa.
Che tutto questo, per Fessard, significhi guardare alla relazione uomo/donna per superare la conflittualità della dialettica tra i differenti servi e padroni che continuamente si presentano sul palcoscenico della storia, è una lezione preziosa. Preziosa per il fatto che contribuisce ad alimentare la coscienza di un superamento di una visione parziale del rapporto uomo/donna stesso che per troppo tempo ha dominato in campo ecclesiale: l’uomo e la donna costruiscono ciò che vale per l’uomo e la società umana non solo nell’intimo della loro relazione.
Esiste, ci insegna Fessard, un richiamo al valore della riconciliazione degli opposti che, al di là di ogni reticenza hegeliana, è data dalla letizia di un atto di amore che il pensiero cristiano è chiamato ancora ad approfondire: non solo nelle sue conseguenze sociali, ma nella sua capacità e forza di generare una storia nella quale ogni differenza (Fessard direbbe: ogni dialettica) deve essere vissuta e non solo pensata. È una vita, infatti, non un sistema.
Nicola Reali è Professore ordinario presso l’Istituto Pastorale «Redemptor Hominis» della Pontificia Università Lateranense