USA: una Chiesa esausta

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guerra comunione

C’è un antico dibattito sulla caduta di Roma: crollò a causa di nemici interni o esterni? È una domanda complessa. Perché Roma fu davvero assediata da invasori da tutti i lati. Ma ciò che da ultimo rese la loro invasione un successo furono decenni, se non secoli, di declino e decadenza. Roma cadde a causa degli invasori. Ma prima di tutto cadde a causa della sua stessa debolezza.

Questa è una domanda a cui penso quando guardo oggi alla Chiesa cattolica negli Stati Uniti.

Una narrazione influente sullo stato della Chiesa statunitense sostiene che le divisioni della politica americana hanno invaso la Chiesa. In particolare, la polarizzazione di parte che è venuta a strutturare quasi l’intero della vita degli Stati Uniti negli ultimi decenni si è fatta strada nella Chiesa.

C’è senza dubbio del vero in questo argomento, dato il profondo impatto che le divisioni di parte hanno avuto su quasi ogni aspetto della vita negli Stati Uniti. Ed è spesso vero in modi sottili e di vasta portata: dall’influenza del “Big Money” nella Chiesa all’idea che la Chiesa debba rispondere agli ideali politici della democrazia.

Ma il modo in cui parliamo di questo problema – ossia, il fatto che le dinamiche politiche vengono importate nella Chiesa – spesso presuppone che il problema sia semplicemente esterno. Per tornare al problema di Roma, tuttavia, il problema sono i nemici alle porte, oppure la cultura debole e snervata che non sa fare alcuna resistenza e forse addirittura accoglie la perturbazione che viene dall’esterno?

Ci sono sempre forze dall’esterno che cercano di influenzare la vita della Chiesa, e molte di esse sono buone. Ma poiché la Chiesa statunitense non ha la vivacità per sostenere la propria cultura, la propria missione e il proprio senso di solidarietà, è particolarmente suscettibile a quegli influssi che la devierebbero dalla sua missione.

La Chiesa statunitense non è solo polarizzata – è esausta. Ed è polarizzata in parte perché è esausta.

L’op-ed di Andy Smarick del 2 maggio sullo stato del Partito Repubblicano mi ha ricordato un po’ troppo la Chiesa Cattolica. Smarick sostiene che il partito ha un problema di governance. Le “cassettiere della politica del GOP” sono “per lo più spoglie”, scrive, essendo ridotte a uno “sforzo abortito per sostituire l’Obamacare e una settimana di infrastrutture aspettando Godot”.

A causa di questo esaurimento, “indipendentemente dalla domanda, si sono affidati ai vecchi formule di emergenza – tagli alle tasse e deregolamentazione – come loro risposte”.

La Chiesa statunitense è poi molto diversa? In ogni questione, i punti critici sono prevedibili, le reazioni sono del tutto attendibili, e le interazioni sono sterili. C’è poca energia per un nuovo adattamento.

Notate, per esempio, le attuali “guerre di comunione”. Apparentemente nulla dovrebbe essere più al centro della Chiesa che una discussione sull’Eucaristia, convocando il meglio dei cristiani verso un recupero della nostra missione e identità come Chiesa. Eppure la maggior parte dei pezzi scritti su questa controversia sono stati dolorosamente prevedibili. I cattolici sapevano cosa avrebbero letto prima di leggerli e sapevano se sarebbero stati d’accordo con loro fin dal titolo.

In effetti, parte di ciò che è così estenuante in questo dibattito è che non è per nulla nuovo: stiamo discutendo di questo problema con pochi risultati almeno dagli anni ’80. Le trincee di battaglia sono state scavate da decenni, ma nessuno sta vincendo la guerra.

Per dirla in un altro modo: qualunque sia la novità di un presidente cattolico, la sua ascesa alla Casa Bianca non rivela un problema completamente nuovo, ma piuttosto esacerba un problema con cui la Chiesa statunitense è alle prese da decenni. Il dibattito sulla comunione a Biden è più un effetto del nostro stato attuale che una causa del nostro attuale dissenso.

Questi sono sintomi di esaurimento. Sì, questo conflitto, come altri, ha comportato un’attività frenetica, ma questo è solo un segno della sterilità del rituale. La ferocia dei dibattiti nella Chiesa Cattolica degli Stati Uniti è un segno che siamo disperatamente intrappolati in trincee intellettuali. I nostri cervelli sono stati ri-cablati da anni di conflitti inutili, e non c’è traccia di una via d’uscita. Siamo semplicemente abituati a reagire, e ci vorrebbe un’enorme energia e tempo per cambiare – ed entrambi ci mancano.

Ridurre la religione alla politica

Quando si dice che gli americani hanno trasformato la politica in una religione, si potrebbe pensare che si tratti di una metafora. Ma quando la politica prende il sopravvento sulla religione, il significato diventa letterale.

La balcanizzazione di parte ha colpito ogni angolo della società statunitense, dalla cultura popolare allo sport, e quindi non è sorprendente che sia arrivata anche nella Chiesa. Ma la Chiesa non è solo un altro settore della società. Si suppone che resista e trascenda la politica in un modo che nessun’altra parte della società può. Presumibilmente, quindi, la sua politicizzazione comporterebbe qualcosa di diverso e più profondo di quel processo in altri ambiti. La sua politicizzazione, in altre parole, comporterebbe un profondo fallimento da parte sua.

Quando “politicizziamo” la Chiesa, il problema non è solo la politica. È compito della chiesa ricordarci la sua missione essenziale – che obbedisce non alle potenze mondane ma a quelli celesti.

Ma c’è anche un’ironia nella denuncia. Decenni dopo l’Olocausto, quando così tanti cristiani hanno scandalosamente fallito nell’impegnarsi in politica in difesa degli innocenti, specialmente del popolo ebraico, c’è poca paura che i cristiani rifuggano le dimensioni sociali della loro fede.

Anzi, forse ora è il momento di chiarire che, a prescindere dalle interconnessioni tra cattolicesimo e vita politica, c’è qualcosa di proprio del cattolicesimo che si perde quando viene trattato come semplice continuità con la vita politica. È davvero un problema quando si confondono il politico e il religioso.

Una Chiesa umile e povera

Se questo è vero, allora non abbiamo solo bisogno di lamentele sull’influenza della politica. Abbiamo bisogno di una maggiore attenzione a come possiamo rinnovare la Chiesa. Ciò che dobbiamo recuperare è un senso di urgenza rispetto a domande come queste: Cos’è la Chiesa? Cosa significa essere battezzati? Chi siamo noi quando agiamo nell’unità dello Spirito Santo? Come si differenzia dagli altri nostri legami sociali?

Qui non possiamo ignorare ciò che la nostra cultura ci chiede a gran voce. Viviamo in un’epoca ansiosa, per prendere in prestito il titolo del brillante libro di Joseph Bottum. È anche un’epoca frammentata, in dissolvenza, in cui molte delle caratteristiche apparentemente permanenti della cultura statunitense stanno venendo meno.

I cattolici possono essere tentati di pensare che il cattolicesimo sarà la nuova base della società americana, o almeno una parte fondamentale. Ho i miei dubbi.

Ma se ci preoccupassimo di meno di occupare spazi e rivendicare il potere, allora saremmo meglio attrezzati per resistere a cadere preda delle ansie del nostro tempo. Inoltre, saremmo in una posizione migliore per aiutare i nostri concittadini americani a fare lo stesso.

Ma questo richiede umiltà e povertà. Richiede la povertà spirituale di ammettere che siamo stanchi, che non stiamo andando da nessuna parte con i nostri sforzi di evangelizzare la cultura e che abbiamo bisogno dell’aiuto di Cristo se vogliamo essere utili al nostro paese e al nostro mondo.

  • Pubblicato dalla rivista dei gesuiti statunitensi America (nostra traduzione dall’inglese).
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Un commento

  1. Fabrizio Mastrofini 22 giugno 2021

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