Cari amici,
alcuni di voi mi hanno contattato in merito a questa dichiarazione. Condivido con voi qui le mie reazioni e soprattutto il mio comportamento. È presto detto. In stile telegrafico. Non è tutto già definito. Al momento non ho tempo per lavorarci sopra.
Non esitate comunque a contattarmi. Vi risponderò appena mi sarà possibile.
Se gli autori avessero utilizzato l’espressione pregare anziché benedire, sono sicuro che ci sarebbero stati meno malumori. Nel linguaggio comune “benedire” significa approvare.
Ci sono state persone che sono rimaste molto turbate o si sono opposte violentemente a questa dichiarazione perché l’hanno interpretata come un’approvazione di situazioni che la Chiesa cattolica considera irregolari. Le lunghe spiegazioni non hanno cambiato molto l’opinione comune. Il giornalista più onesto non ha né il tempo né l’occasione per riferire tutte le precisazioni. E la stragrande maggioranza dei cattolici non andrà certamente a leggere integralmente testi a volte complicati. Di quale/i commentatore/i si fideranno?
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Non intendo commentare qui la dichiarazione. Condivido con voi il mio comportamento. Nei 58 anni che sono sacerdote (di cui 33 nel servizio episcopale) non ho mai rifiutato di pregare con nessuno. Così ho pregato in diverse occasioni con persone divorziate che si sono risposate civilmente e che mi avevano chiesto di pregare con loro. Non è mai stata una cerimonia. Non era mai possibile fare confusione con una cerimonia di matrimonio.
Ho pregato con queste persone che chiedevano l’aiuto di Dio per fare la sua volontà nella loro vita di coppia, in famiglia, nel lavoro, nelle relazioni pur sapendo che la loro nuova unione non si accordava con la dottrina cattolica del matrimonio indissolubile. Ho benedetto delle coppie di divorziati risposati riuniti in convegni o in un ritiro (come quelli organizzati da Chemin Neuf) per chiedere la luce di Dio per la loro vita. Hanno partecipato all’eucaristia (la maggior parte rispettando la disciplina della Chiesa).
Non mi sarebbe mai venuto in mente di rifiutarmi di dare la benedizione alla fine della messa!
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In diverse occasioni ho pregato anche con persone omosessuali sole o in coppia o in gruppo e ho benedetto queste persone. Non ho mai “finto” una cerimonia di matrimonio tra persone dello stesso sesso. Non chiamo mai matrimonio un’unione tra persone dello stesso sesso, anche se vi trovo un qualche senso che, il più delle volte, racchiude anche dei valori indiscutibili. Ho organizzato quattro volte pellegrinaggi con e per persone omosessuali, chiedendo che anche i cattolici eterosessuali si unissero a loro.
Un’associazione di omosessuali cristiani (DUEC = Diventare uno in Cristo) mi ha chiesto di animare un ritiro per i suoi membri in un’abbazia. Ho accettato volentieri senza chiedere né la carta d’identità, né il curriculum vitae, né cercare di ottenere informazioni sulla situazione o sul comportamento dei partecipanti (non chiediamo mai nulla di tutto questo negli altri ritiri!). Quelle persone mi hanno chiesto di parlare loro di Gesù e di ciò che egli ci dona e ci chiede. Per quali motivi avrei dovuto rifiutare? Ho pregato con loro e li ho benedetti.
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Con l’associazione Magdalena ho accompagnato una quindicina di prostitute in pellegrinaggio a Lourdes. Ho pregato molto con loro. O, più precisamente, mi hanno fatto pregare molto. Le ho benedette più volte e non solo alla fine della messa. Una di loro mi disse che non avrebbe chiesto il sacramento del perdono a Lourdes perché era sicura che, al suo ritorno, sarebbe tornata a prostituirsi. Ha aggiunto: «Ho due bambine da crescere. Ma sai, prego Gesù. Vado in chiesa quando non c’è nessuno e gli chiedo di tirarmi fuori da lì». Poi volle che benedicessi lei e le medagliette che aveva comprato per le sue figlie.
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Non aspetto che una persona sia “agli estremi” per pregare con lei e benedirla, sia che questa persona sia sola o con un’altra o con più persone. Chiedo anche che le persone preghino per me quando sbaglio, perché anch’io posso sbagliare. Non benedico alcuna situazione contraria al Vangelo o all’insegnamento della Chiesa cattolica.
Prego affinché tutte le persone abbiano una vita onesta, conforme alla volontà di Dio. Per questo, tutti abbiamo bisogno della grazia di Dio. Cerco di esserne lo strumento prima dell’insegnamento morale. Credo che, nel suo Figlio Gesù, Dio non mi dice: «Se cambi, ti amerò», ma piuttosto «Io ti amo. Accogli il mio amore che ti aiuterà a cambiare ciò che deve e può essere cambiato»
Spero che con il mio comportamento, che ho condiviso con voi, abbiate capito ciò che penso della dichiarazione Fiducia supplicans.
- Gérard Daucourt è vescovo emerito di Nanterre.
Comunque mettere tutto nel calderone come in questa ” precisazione” non mi pare un’azione corretta. Un conto sono le persone, un altro le situazioni, diverse le realtà e quindi le responsabilità. Ognuno singolarmente deve avere la disponibilità al vero confronto con Cristo e di conseguenza alla conversione o meno delle sue scelte. Non mi pare così difficile capirlo. Chi intorpida le acque lo fa solo per servire l’inquilino del piano di sotto.
Condivido le sue perplessità. Si vuole giustificare a tutti i costi qualcosa che ha creato scandalo e confusione. Documento bocciato a tutti gli effetti
Per pregare e benedire alla.fine della messa o le singole persone…non c’era bisogno di nessun documento è quello che la chiesa ha sempre fatto
Giustissimo. Il fatto che invece ci sia stato bisogno di un documento dedicato, mi fa pensare altro
Forse ogni tanto bisogna anche uscire da questa confort zone cattolica dove nulla desta mai la minima perplessità. Mai fare qualcosa per cui qualcuno può storcere il naso. Se penso a Gesù che ha fatto storcere il naso ai sacerdoti del tempio a tal punto da convincerli che fosse meglio ucciderlo, mi chiedo come si possa essere cristiani usando perennemente in questi escamotage. Ogni tanto occorre parlare chiaramente.
Perché piegarsi continuamente alla pigrizia di chi non legge e non studia nulla manco il vangelo non va bene.
Non sono un pastore, ma questo articolo/lettera mi sembra molto interessante. È ovvio ed evangelico che possiamo e dobbiamo benedire tutti ed è giusto pregare per tutti, e possibilmente con tutti; inoltre si può perdonare tutto. Ma c’è una differenza tra perdonare tutto e benedire tutto. E c’è una differenza tra benedire tutti e benedire tutto. Non dobbiamo avere paura della verità: la verità ci renderà liberi (Gv. 8,32). La separazione tra pastorale e liturgia propugnata da “FS” poi non mi sembra buona, come l’invenzione di benedizioni di serie A e di serie B, che ovviamente non sarà rispettata. Giovanni Battista e Tommaso Moro avevano torto? E cosa dovrà fare il sacerdote se si presenteranno dei poligami a chiedere di benedire la loro unione («chi sono io per giudicare?»?); oppure dei minorenni; oppure un adulto e un minorenne? L’arbitrio non è forse dietro l’angolo? Prima di celebrare un matrimonio il sacerdote deve fare delle verifiche…
Per intenderci: secondo me il Vaticano ha fatto benissimo a non accettare del denaro della Leonardo (l’impresa produttrice di armi che aveva offerto un milione e mezzo di euro). Detto questo, però, se quel produttore di armi chiedesse a un sacerdote di benedire la sua impresa, cosa dovrebbe rispondere quel sacerdote? A mio avviso dovrebbe dire: «Mi spiace, io non posso benedire questa impresa. Al massimo posso benedire singolarmente le persone che vi lavorano o pregare con loro». Mutatis mutandis… ciò che diceva il Responsum pubblicato con l’assenso di papa Francesco il 15 marzo 2021.