Dal 26 al 29 settembre si è svolta l’assemblea plenaria autunnale della Conferenza episcopale tedesca. Tra i temi toccati il Cammino sinodale, la riorganizzazione della struttura di presa in carico e prevenzione degli abusi sessuali e di potere nella Chiesa tedesca, la preparazione della “visita ad limina” (14-19 novembre), la questione della comunione eucaristica con la Chiesa evangelica, la pastorale in situazioni di emergenza e catastrofe, la questione del suicidio assistito alla luce di un documento del Comitato etico federale tedesco.
Gli abusi
Per quanto riguarda gli abusi, la novità maggiore è quella della creazione di un Consiglio indipendente di esperti a cui competerà di vigilare sull’attuazione delle linee guida statali ed ecclesiali, di dare forma a una trasparente e costante informazione, la valutazione della qualità degli interventi da parte degli organi ecclesiali preposti e indicare modi per approfondire la collaborazione con lo stato e altri enti pubblici.
Confermata la centralità e importanza del Comitato di consulenza delle vittime presso la Conferenza episcopale, i cui rappresentati hanno partecipato alla sessione della plenaria dedicata al tema degli abusi – intervenendo e contribuendo da parte loro alla ridefinizione della struttura complessiva chiamata a farsene carico nella Chiesa tedesca.
Per quanto riguarda i vescovi, è stato creato un Gruppo specifico alla cui guida è stato eletto il vescovo di Aquisgrana, H. Dieser, che succede nell’incarico a mons. Ackermann che aveva assunto il ruolo di referente episcopale per gli abusi sessuali nella Chiesa tedesca nel 2010.
Si prevede inoltre una maggiore collaborazione con il Comitato centrale dei cattolici tedeschi e con la Conferenza dei religiosi e delle religiose, esprimendo la chiara volontà e l’importanza di portare avanti il lavoro svolto insieme all’ufficio dell’Incaricato indipendente per gli abusi sessuali di minori della Repubblica federale tedesca (ricoperto attualmente da Kerstin Claus).
Il Cammino sinodale
Mezza giornata di studio è stata dedicata all’andamento del Cammino sinodale della Chiesa tedesca, nel corso della quale i vescovi hanno potuto ascoltare anche prospettive esterne esso.
L’intervento di saluto da parte del nunzio apostolico, mons. N. Eterovic, è stato tutto dedicato al Cammino sinodale richiamando il pericolo di un percorso solitario della Chiesa tedesca. Il dibattito che ne è seguito è stato acceso, variegato e caratterizzato da toni di significativa riflessione.
Sono emerse anche in questa sede le posizioni e le sensibilità diverse interne alla Conferenza episcopale, con i vescovi che si domandano come procedere insieme nel rispetto di esse.
Nella conferenza stampa finale, mons. Bätzing, presidente della Conferenza episcopale, ha ribadito la necessità di mettere mano a dei cambiamenti significativi nel modo di essere Chiesa, da un lato, e ricordato come molti dei temi emersi in sede di Cammino sinodale siano comuni anche ad altre Chiese locali, dall’altro. Considerando questo già un segno concreto e pratico della già avvenuta inclusione del Cammino sinodale tedesco nel più ampio processo sinodale che coinvolge tutta la Chiesa cattolica.
La “visita ad limina” fornirà l’occasione per un dialogo diretto con i dicasteri romani, anche al fine di chiarire i punti che sembrano destare così tanta preoccupazione negli organi della Curia vaticana.
Il card. Koch e il paragone col nazismo
Su questo, da registrare un passaggio spiacevole per mano del card. Koch, prefetto del Dicastero per l’unità dei cristiani che, in maniera poco felice, ha in un qualche modo paragonato il cattolicesimo del Cammino sinodale ai «Cristiani tedeschi che, in epoca nazista, avevano visto nell’ascesa di Hitler una nuova rivelazione di Dio». Uscita decisamente impropria e senza nessuna ragione d’essere, che certo non aiuta a ricomporre il rapporto tra la Chiesa tedesca e la Curia vaticana.
Dura la reazione di Bätzing, che ha chiesto al cardinale di curia di ritirare le sue affermazioni e chiedere scusa pubblicamente. Se questo non avvenisse, ha continuato il presidente della Conferenza episcopale tedesca, si provvederà a presentare una protesta ufficiale presso il papa stesso.
Koch, in un comunicato seguente, ha negato di aver voluto paragonare il Cammino sinodale tedesco al nazismo – essendo stata la sua una risposta a una domanda generica sullo spirito del tempo come motivo per modificare la dottrina della Chiesa.
Per questo motivo, prosegue il cardinale, egli non può ritirare la sua affermazione né vede ragioni per chiedere scusa. Infatti, “come i cosiddetti Cristiani Tedeschi [al tempo del nazismo] non significava tutti i cristiani tedeschi, grazie a Dio, così con la mia frase non avevo di mira tutti i sinodali, ma solo quei cristiani che portano avanti una posizione che trova la sua formulazione nella domanda che mi è stata posta. E spero di poter partire dal fatto che tale posizione non è il parere del Cammino sinodale”.
Il chiarimento non sembra però cancellare tutte le ragioni della collera di Bätzing e dei cattolici tedeschi. Certo non tutti i sinodali, e forse (come speranza e nulla di più) non il Cammino sinodale, ma sicuramente alcuni sinodali – secondo Koch – sono meritevoli del paragone con il nazismo. Al di là delle precisazioni, delle correzioni post factum, rimane nella frase di Koch una intenzione di violenza risentita, più che di critica, verso il cattolicesimo tedesco.
“Ritenere che fra il dibattito odierno e gli eventi dell’epoca nazista vi sia un qualsivoglia parallelo non va affatto bene. Questo lo dovrebbe ben sapere chi si muove in ambito diplomatico, come è il caso del card. Koch. In fin dei conti, egli (come ministro dell’ecumenismo) rappresenta il Vaticano nel dialogo con le altre Chiese.
Pertanto, è ancora più sconvolgente che egli abbia fatto proprio questo paragone per esprimere i suoi dubbi rispetto alla fondazione teologica del Cammino sinodale. Concretamente, il fatto che il documento di orientamento veda nei “segni dei tempi” una nuova fonte di rivelazione accanto a quelle della Scrittura e della tradizione – come i Cristiani Tedeschi evangelici, nell’ascesa di Hitler durante il nazismo, avevano visto una nuova rivelazione. Fare qui questo paragone è totalmente disastroso, non solo sul piano della comunicazione ma proprio anche su quello oggettivo della cosa stessa. La susseguente dichiarazione da parte di Koch non cambia nulla” (M. Altmann).
Al posto di iperboli ad effetto, come quella di Koch, o di generiche prese di posizione senza alcun riferimento oggettivo a quanto discusso e deciso dal Cammino sinodale, come il recente comunicato della Segreteria di Stato, aiuterebbe molto di più un confronto franco sui contenuti e sulle esperienze raccolte dalla Chiesa cattolica tedesca nel suo processo sinodale locale.
Se le irritazioni vaticane per una sorta di presupponenza teutonica non sono del tutto infondate, stante la trasversalità globale di molti aspetti centrali toccati dal Cammino sinodale tedesco, rimane abbastanza incomprensibile l’accanimento terapeutico con cui organi e soggetti della Curia concentrano tutta la loro attenzione (e critica) esclusivamente sulla Chiesa tedesca – senza spendere parola su quanto proviene sui medesimi temi da parte di altre Chiese locali della cattolicità.
La pastorale
Un breve cenno merita la riflessione dei vescovi tedeschi sulla pastorale in situazioni di emergenza e di catastrofe.
L’occasione è stata data dalle alluvioni che l’anno scorso hanno devastato alcune regioni della Repubblica federale, in cui l’intervento pastorale delle Chiese è stato di estrema importanza sia nell’immediato sia a lungo termine.
Ed è a partire proprio da questa esperienza, drammatica e pratica, che i vescovi tedeschi hanno percepito la necessità di rivedere il modello di una pastorale in situazioni di emergenza e di catastrofe. Mostrando come l’organizzazione ecclesiale debba essere rimodellata e ripensata a partire dal concreto del suo esercizio pastorale – principio, questo, che non vale unicamente per questo settore ma per tutto il modo di pensare e attuare una missione pastorale della Chiesa nella società contemporanea.
Con buona pace dello stracciarsi le vesti da parte dei sommi sacerdoti tedeschi, è evidente che Koch non stabiliva alcun parallelo ideologico tra l’atteggiamento della chiesa tedesca ai tempi del III reich e quello di oggi. Bensì evidenziava quanto già da lui richiamato nel 2015, vale a dire che lo “zeitgeist” non può essere elevato a fonte della fede e della prassi a meno di non voler rischiare paurose “sbandate” come quelle degli esecrandi tempi del nazi-fascismo. Un quasi totale appiattimento sulle istanze più estremiste e lontane dalla tradizione cristiana mi sembra una più che paurosa sbandata.
La Chiesa tedesca, i vescovi tedeschi, il cammino sinodale tedesco… quanta superbia in tutto questo ribadire “tedesco”. Certo non sono come ai tempi dei nazisti però l’atteggiamento teologico di fondo è lo stesso come ha fatto notare il card. Koch e non se ne rendono neppure conto! E ogni timida critica provoca reazioni isteriche e scomposte… una tracotanza mai vista. Se come dice San Paolo dopo Cristo non esiste più davanti a Dio né ebreo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna.. E quindi oggi non dovrebbe neppure esistere il “cattolico tedesco” come categoria.
Mi sembra che il suo paragone sia eccessivo come quello del cardinale. Non ci sono state reazioni isteriche alle “timide critiche”, ma semplicemente risposte che chiedevano ragione delle critiche per riferimento a quanto prodotto dal Cammino sinodale. Il “cattolico” in generale non esiste, perché la fede è sempre vissuta in un contesto particolare – dove la Germania non è l’Italia.