Alcune università cristiane del Kenya sono attualmente sotto indagine da parte dei preposti organismi statali a causa della loro insolvenza finanziaria, legata prevalentemente a una cattiva gestione delle risorse e a processi di ampliamento e crescita gestiti senza la dovuta avvedutezza. La situazione più grave riguarda la “Presbyterian University of East Africa”, fondata nel 2007, che, a detta del suo moderatore J. Mwamba, sta cercando di mettere in atto le misure necessarie per garantire la sopravvivenza dell’università attraverso un processo di debita ristrutturazione.
Preoccupazione destano anche altre due università: la “Catholic University of Eastern Africa”, fondata nel 1992, e la “Kenya Methodist University”, inaugurata nel 1997. A entrambe è stato concesso un anno per mostrare ad un’apposita commissione governativa di aver messo mano ad una ristrutturazione complessiva e di essere in grado di poter garantire una stabilità finanziaria per il futuro.
Il presidente della Conferenza episcopale kenyana dei vescovi cattolici ha riconosciuto che, nella gestione dell’università, vi sono stati dei problemi. I vescovi non ritengono tuttavia che vi siano state azioni di peculato sui fondi finanziari, ma riconoscono che essi «sono stati utilizzati per progetti non corretti».
Il vice-cancelliere dell’Università cattolica, J. Mbae (primo laico a ricoprire questa posizione), ha ricordato che è in atto da qualche tempo una ristrutturazione strategica che mira a una sagace ripartizione delle risorse e del personale.
In un paese prevalentemente cristiano la cattiva gestione finanziaria delle istituzioni universitarie religiose rischia di produrre un contraccolpo di credibilità sulle Chiese nella vita pubblica. Già presente in filigrana nei criteri di ammissione tenuti negli anni passati rispetto alle università pubbliche: a un costo maggiore delle tasse di immatricolazione presso le università cristiane corrisponde, presso di esse, una minore attenzione al voto finale degli studi superiori degli studenti che vi si iscrivono.
Questo passaggio di crisi di solvibilità finanziaria può diventare l’occasione per un ripensamento complessivo della ragion d’essere di istituzioni accademiche cristiane nel tessuto educativo del paese; anche se al momento tutte le energie sono risucchiate nel tentativo di garantirne la sopravvivenza.