Il 14 ottobre il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, è di nuovo a Mosca per onorare il suo ruolo di inviato speciale del papa sulla questione ucraina.
Ha prima incontrato il ministro degli esteri Sergij Lavrov (sulla «cooperazione nella sfera umanitaria nel contesto del conflitto in Ucraina»), per poi vedere il metropolita Antonio di Volokolamsk, presidente del dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del patriarcato di Mosca (hanno discusso «dei problemi umanitari legati al conflitto in Ucraina, nonché di altre questioni di reciproco interesse»); e, infine, Maria Llova-Belova, commissaria per la presidenza russa per i diritti dei bambini («Abbiamo discusso i risultati e l’ulteriore interazione nell’interesse delle famiglie e dei bambini, compreso il ricongiungimento delle famiglie provenienti da Russia e Ucraina»).
Umanitario non diplomatico
Come ha ripetuto il direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni, il viaggio nella capitale russa è voluto «per incontrare le autorità e valutare ulteriori sforzi per favorire il ricongiungimento familiare dei bambini ucraini e lo scambio di prigionieri, in vita del raggiungimento della tanto sperata pace».
Si tratta, quindi, di un’operazione umanitaria e non direttamente diplomatica, anche se al seguito del cardinale vi era un ufficiale della Segreteria di stato vaticana. Un intento e uno spazio di valore nel momento in cui i contendenti non hanno canali di dialogo.
Per gli ucraini ci sono 19.000 minori sequestrati dai russi che devono tornare a casa, oltre alle centinaia di prigionieri che le due parti potrebbero scambiarsi, oggetti di violenze e torture (soprattutto da parte russa).
La visita del cardinale segue alle precedenti che, nel 2023 lo hanno visto a Kiev (5-6 giugno), a Mosca (28-29 giugno), a Washington (17-19 luglio) e a Pechino (13-15 settembre). L’anno scorso, fra gli incontri a Mosca, c’era stato anche il dialogo diretto con il patriarca Cirillo e con l’assistente del presidente per gli affari di politica estera.
A Kiev aveva incontrato il presidente Zelensky, a Washingbton il presidente Biden e a Pechino il rappresentante speciale del presidente per gli affari euro-asiatici, Li Hui. Successivamente, lo ha contattato per telefono. Un riconoscimento della sua azione umanitaria gli è stato accreditato da Olena Kondratiuk, vicepresidente del parlamento ucraino in un incontro a Roma.
Il papa vicino e lontano
La diplomazia vaticana ha supportato il lavoro di Zuppi, ma ha proseguito il proprio percorso continuando i dialoghi con il governo cinese (la commissione è stata in Cina alla fine di settembre) in ordine al rinnovo dell’Accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi.
Il segretario di stato, il card. Pietro Parolin, è stato in Ucraina (19-23 luglio), seguito con grande interesse dal mondo politico ed ecclesiale: «Il papa vuole aiutare ad aprire sentieri di pace che portino a una soluzione di questa guerra. Spero che la mia presenza possa offrire un piccolo contributo anche attraverso i colloqui politici».
E alla commissaria russa per i diritti umani, Tatiana Moskalkova, ha ricordato la necessità di salvaguardare, nel contesto del conflitto, i diritti umani fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali.
L’11 ottobre c’è stato il quarto incontro diretto fra il papa e il presidente ucraino Zelensky. I due, che certamente si stimano, non mostrano una grande sintonia. Per il presidente ucraino, che in un precedente incontro aveva integrato e in parte corretto il comunicato finale (13 maggio) declinando il possibile ruolo mediatore del Vaticano, il breve incontro (35 minuti) è servito per chiarire le vie possibili per una pace giusta e duratura e per spiegare la recente legge che censura una presenza nel paese di Chiese o di religioni che abbiano il loro riferimento centrale in Russia.
Al presidente, ma anche ai fedeli greco-cattolici e al loro arcivescovo maggiore mons. S. Shevchuk, la posizione del papa (che il vescovo ha incontrato il 10 ottobre) non è del tutto convincente. È ritenuta troppo vicina alla Russia, troppo “equilibrata”, come se non ci fosse un aggressore e un aggredito.
Ricordano la visita del papa all’ambasciata russa all’inizio della guerra e la sua non presenza alla contemporanea preghiera degli ucraini a Roma, la sua posizione prudente circa la fornitura di armi, la sua denuncia dell’espansionismo della Nato, il suo invito a non demonizzare la “bandiera bianca”, la sua ritrosia a parlare di guerra d’aggressione russa, i gesti di preghiera eccessivamente “paralleli” ecc.
Forse per questo il post del papa su X dell’11 ottobre recita: «Tutte le nazioni hanno il diritto di esistere in pace e sicurezza. I loro territori non devono essere attaccati e la loro sovranità deve essere rispettata e garantita attraverso la pace e il dialogo. La guerra e l’odio portano solo morte e distruzione per tutti».
Malumori ucraini su Sant’Egidio
In qualche maniera il card. Zuppi è guardato con la stessa prospettiva. Nei comunicati finali degli incontri di mons. S. Shevchuk e di Zelensky non c’è alcun cenno alla sua opera. Un piccolo episodio lo conferma.
Nel grande incontro internazionale organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio a Parigi (“Imaginer la Paix”, 22-24 settembre), che ha visto la presenza di 3.000 delegati, alcuni cardinali, una dozzina di vescovi, ambasciatori e funzionari governativi di diversi paesi e del presidente francese E. Macron, è stata segnalata l’assenza nei 21 forum tematici di uno specifico dedicato alla guerra russo-ucraina e l’invito tardivo all’arcivescovo maggiore e alla Chiesa ucraina autocefala.
Il delegato dei greco-cattolici, Yuris Pidlisnyy, ha lamentato che il suo intervento fosse stato non valorizzato del moderatore del forum e ha elencato gli elementi problematici, a sua avviso, della posizione di Sant’Egidio in merito alla guerra. Considera ingenuo un “cessate il fuoco” che permetterebbe alle truppe russe di riorganizzare e riprendere l’iniziativa armata.
Non condivide la proposta di Kiev come “città aperta”, perché un’eventuale presenza russa avrebbe significato la designazione inevitabile di un presidente fantoccio. Per questo, l’assenza di un forum dedicato è indice, a suo parere, di una comprensione non adeguata della decisività della resistenza ucraina per la salvaguardia della democrazia occidentale.
Il card. Zuppi è assimilato a Sant’Egidio e l’invito da lui fatto a Parigi («La pace si fa sempre in tre; coinvolgendo le due parti in lotta che si incontrano grazie a uno o più mediatori») è stato letto sulla stessa linea interpretativa.
Ne ha dato nota l’agenzia informativa cattolica polacca (KAI), che non si è sottratta a un vivace confronto con l’ufficio stampa della comunità.