Cari preti, leggete le donne

di:
letteratura

Girl Writing is a painting by Robert Tracy (Fine Art America)

Mesdames et messieurs! Ladies and gentlemen! Signore e signori! La formula di cortesia politically correct inaugurata nei palinsesti televisivi novecenteschi di tutto l’orbe terracqueo e consacrata dalle «signorine buonasera» di gloriosa memoria ha ormai fatto breccia anche nel paludato linguaggio ecclesiastico e, vuoi perché sono cambiati i formulari, vuoi per buona educazione, non è più cosa tanto rara sentire il celebrante che si rivolge all’assemblea con l’espressione «fratelli e sorelle» anziché con il neutro e fintamente impersonale «cari fratelli».

Il «fratelli e sorelle» rimane però, per molti, troppi preti, soltanto poco più che un doveroso omaggio al conformismo linguistico imperante. Niente a che fare con una profonda e meditata riflessione sulla presenza delle donne nel regno del visibile.

Già, perché ancora per tanti, troppi uomini, anche istruiti, anche colti, per tanti, troppi preti, le donne appartengono ancora, di fatto e di diritto, al regno dell’invisibile.

L’ultima lettera del papa sul ruolo della letteratura nella formazione ne è una chiara dimostrazione. Di «fratelli e sorelle», lì, non vi è alcuna traccia. Ma, trattandosi di una lettera pensata, almeno inizialmente, per la formazione sacerdotale e visto che, causa riserva maschile, soltanto i maschi per ora possono fare i preti, che non sia stata avvertita la necessità di declinare l’appello anche al femminile non appare così disagevole.

Quello che crea disagio è che, in tutta la lettera e nelle relative note, non vi sia un riferimento che sia uno ad una voce di donna. Non una teologa, non una scrittrice, non una poetessa. Solo maschi, tutti maschi. Anche qui, un bel concistoro, insomma.

Che i teologi non leggano le filosofe e le teologhe lo aveva già scritto con parole chiare e un filo di amarezza più di vent’anni fa Marinella Perroni in un articolo ancora attuale e facilmente reperibile on line – così che non ci siano scuse per non leggerlo.[1]

Che non ci sia l’abitudine a vedere le donne in generale e le scrittrici in particolare occupare spazi nel mondo e nella letteratura lo ha ricordato recentemente Aurora Tamigio, vincitrice del Premio Bancarella 2024, nel bell’articolo di Lorena Spampinato Benvenuti nel paese delle scrittrici pubblicato domenica 18 agosto su Robinson di Repubblica.

Che i libri di testo e i manuali in uso nelle scuole e nelle università continuino a perpetuare una tradizione letteraria deprivata della voce delle donne, contribuendo così a consolidare anche nelle nuove generazioni un immaginario collettivo in cui le donne sono solo oggetto e non soggetto di rappresentazione, è un’indecenza drammaticamente colpevole e non più in alcun modo giustificabile.

Cari preti, leggete – così scriveva qualche giorno fa dalle pagine di SettimanaNews il vescovo emerito di Catanzaro-Squillace commentando la lettera di papa Francesco.[2]

Da insegnante di lettere ormai datata, mi permetto di integrare l’invito con una precisa indicazione: cari preti, leggete le donne. Leggete romanzi, racconti, saggi, poesie, opere storiografiche, riflessioni filosofiche e teologiche scritte dalle donne.

Leggere è, prima di tutto, un esercizio di dislocazione dello sguardo. Perché il «fratelli e sorelle» non rimanga soltanto una formula banale e stereotipata, ma sia espressione di un lavoro interiore di consapevolezza rispetto alle soggettualità che animano il reale, leggere parole scritte dalle donne è un passaggio fondamentale per uscire da una rappresentazione del mondo univocamente e astrattamente maschile.

Smettiamo di considerare le donne afone e invisibili.

Smettiamo di pensare che, per capire e conoscere le donne, basta leggere quello che qualche dotto signore ha scritto di loro.

Smettiamo di immedesimarci in un mondo scritto e descritto dagli uomini, in cui le donne sono solo lo sfondo necessario a far emergere il protagonismo maschile.

Apriamo gli occhi, allarghiamo lo sguardo. Leggiamo, leggete. Leggete le donne.


[1] Marinella Perroni, «Cent’anni di solitudine». La lettura femminista della Scrittura, in:

https://mondodomani.org/reportata/perroni01.htm

[2] https://www.settimananews.it/cultura/cari-preti-leggete/

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