«Il teatro serve ad attraversare le frontiere tra te e me» ebbe a dire Jerzy Grotowski, esponente di rilievo dell’avanguardia teatrale del Novecento e inventore del cosiddetto teatro povero.
In un tempo così mediato dai social, permeato di una fantomatica iperrealtà il teatro rappresenta una scommessa.
È quella che ha fatto il Teatro San Genesio di Roma, con la prima edizione di ConCorto, un concorso di corti teatrali, pièce della durata di venti minuti.
Sono pervenuti al teatro 65 corti da ogni parte d’Italia; di questi ne sono stati selezionati nove, i quali si sono sottoposti al giudizio di un pubblico numeroso che nell’arco di tre serate ha designato i tre finalisti.
Nella serata conclusiva, oltre al primo premio assegnato dalla giuria popolare, è stato conferito il premio della critica da una giuria di esperti: attori, autori, registi e giornalisti.
Temi vari e stili diversi proposti dai corti finalisti hanno animato quattro serate variegate e ricche dal punto di vista artistico.
Il vincitore del ConCorto
La prima citazione è d’obbligo per il corto vincitore, con consenso unanime di pubblico e anche della critica: Don Chiscio’, di Pierpaolo De Mejo, affiancato sul palco da Olivia Cordsen e Alessandro Lupi, dedicato al tema della malattia mentale. Qualcosa di grottesco, atroce, gelidamente reale accomuna due personaggi, un ragazzo pugliese fissato col calcio e una ragazza che pensa di essere don Chisciotte. Uno sguardo disincantato, eppure tenero, si posa su un universo misterioso che non cessa di interrogare.
Un tema, quello della follia, che contamina la vita è presentato anche da un altro corto finalista Su questa porta io scriverò il tuo nome, di Elena Zonta, con Alex Elton. Un ricordo sospeso nel tempo che attraversa il dolore di una perdita e di un abbandono.
Classico esempio di teatro civile per il terzo finalista, Rukelie, di Peppe Millanta, con Antonio De Nitto. È la storia del pugile sinti Johann Trollmann, una delle vittime dimenticate del porajmos, il genocidio degli zingari durante la seconda guerra mondiale. Dopo essere stato campione di boxe in Germania, Johann viene sterilizzato e mandato in un campo di sterminio, dove morirà dopo un ultimo incontro di pugilato per la vendetta di un kapò, riuscendo però ad infondere coraggio e a tenere viva la speranza negli altri detenuti sinti che erano con lui.
Una nota di merito va a L’Imbroglietto, di Niccolò Matcovich, con Livia Antonelli e Valerio Puppo: una critica sottile al sistema teatrale contemporaneo, attraverso un italiano reinventato e una strana coppia con sembianze di clown.
Una menzione speciale ha ottenuto Audizione, opera di due giovani allievi dell’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico, Francesco Toto e Chiara Arrigoni anche attrice con Massimo Leone e Andrea Ferrara. In uno squallido scantinato si sta svolgendo un’audizione per un misterioso incarico che può fruttare, in una sola sera, centomila euro. La pièce teatrale prende spunto da una vicenda vera e inquietante. Nella vecchia Europa alcuni ricchi e potenti, per provare un drammatico brivido, organizzano una nuova roulette russa: orge, con un anonimo infetto da HIV; nel corto i due ragazzi si contendono il posto. Uomini che devono giocare con la morte per scuotere la noia e gustarsi la vita. Si affaccia il dubbio che un interrogativo morale possa incrinare la superficie piatta e spesso amorale che anima parte del cosiddetto mondo occidentale.
Emergenza teatro, il teatro per emergere
Occasioni come il ConCorto, che offrono alle compagnie una possibilità di esibirsi e di presentare dei lavori, ricordano che il teatro, proprio perché attraversa frontiere e crea incontri, fa pensare. Disegna uno spazio, suggerisce un modo, indica un tempo che stimola, accoglie e libera il pensiero.
Eventi simili danno spazio e opportunità a tante giovani compagnie che fanno teatro con fatica e dedizione, spesso con poco guadagno e sfide sempre più ardue per la sopravvivenza.
Quanto talento s’incontra sulla tavole di vecchi e nuovi palcoscenici che forse non avrà modo di vivere, perché anche il teatro risente molto di un sistema che in Italia troppo spesso non offre, se non a pochi eletti, molte possibilità. Un sistema tappato che non permette a tanti talenti di crescere.
Anche per questo la scelta del Teatro san Genesio, che ha messo in palio del denaro per aiutare la diffusione del corto vincitore e ha inoltre offerto lo spazio teatrale ad alcuni partecipanti del concorso individuati dallo stesso teatro, intende raccogliere una sfida: offrire una possibilità. Gestito da un’associazione culturale, il San Genesio non gode di alcuna sovvenzione né aiuto economico, ma si autofinanzia con l’affitto del teatro stesso a varie compagnie.
Con il ricavato offre tre posti di lavoro necessari alla gestione della sala, mantiene e migliora la struttura, produce eventi come ConCorto. Tutto questo è reso possibile dai padri dehoniani, proprietari del teatro, da sempre attenti a iniziative culturali.
Il Teatro san Genesio quindi da qualche anno ha raccolto la sfida: è un luogo, uno spazio, un momento dove il teatro può vivere oltre i circuiti noti per tradizione, o per moda.
Ricordando quello che diceva il grande Eduardo de Filippo: «Il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita».