Il New England è una regione degli Stati Uniti nord-occidentali in cui natura e cultura sembrano intrecciarsi in armonica simbiosi.
Famosa per i Padri Pellegrini che, provenienti dall’Inghilterra, nel novembre del 1620 sbarcarono sulla costa del Massachussets fondandovi la colonia di Plymouth,[1] è considerata la culla della storia letteraria americana;[2] vi si trovano due fra le più prestigiose università statunitensi, la Yale University e il Mit di Boston; ed è luogo di foreste incontaminate, di montagne e di laghi che ancora resistono all’impatto erosivo del progresso.
Al New England sono andata col pensiero in questi giorni in cui l’autunno sta dando prova delle sue magistrali possibilità espressive. E ci sono andata sull’onda di una parola – foliage – che è ormai entrata anche nel nostro vocabolario a indicare il particolare processo cromatico che, in autunno, porta le foglie degli alberi decidui a colorarsi di morbide sfumature rosse e dorate.
Perché nel New England l’autunno è stagione di Foliage Tour, viaggi turistici alla scoperta del suggestivo incanto di cui è capace la natura quando i colori del fogliame accendono il paesaggio e si riflettono, moltiplicandosi, nelle acque chiare dei laghi:
«Già il primo di settembre avevo visto al di là del lago due o tre piccoli aceri diventati scarlatti – sotto cui divergevano i tronchi bianchi di tre pioppi tremuli, sulla punta di un promontorio, vicino all’acqua. Oh, quante storie raccontava il loro colore! E a poco a poco, una settimana dopo l’altra, il carattere di ogni albero affiorava e potevo contemplarlo nel riflesso dello specchio del lago».[3]
Anche in Italia si comincia a parlare di Foliage Tour e, dai boschi del Trentino al parco della Sila, non mancano proposte e possibilità. Ma, senza bisogno di cimentarsi in lunghi viaggi organizzati, è sufficiente che il guizzo violaceo delle foglie di una vite canadese inerpicata sull’incolto al ciglio della strada ci colpisca mentre stiamo percorrendo il consueto tragitto casa-lavoro, perché l’anima possa avere accesso alla dimensione della contemplazione.
Incontrare la natura, guardarla, ammirarla. Guardarla con meraviglia. Fermarsi. Contemplare. Esperienza contemplativa che dà respiro all’esistenza e la libera:
«Andai nei boschi perché volevo vivere veramente, affrontare soltanto i problemi essenziali della vita e vedere se non potessi apprendere quello che la vita aveva da insegnarmi invece di scoprire, alla mia morte, che non avevo vissuto. Non volevo vivere qualcosa che non fosse vita».[4]
Dopo essersi costruito con le proprie mani una capanna in tronchi di legno, Henry David Thoreau visse per due anni, a partire dal 1845, un’esistenza solitaria sulle rive del piccolo specchio d’acqua del lago Walden, in Massachussets, alla ricerca del significato profondo del vivere. Immergersi nella natura. Stare nella natura.
Spogliare la propria esistenza del superfluo per andare al cuore della vita. Non volevo vivere qualcosa che non fosse vita. Mettersi alla scuola della natura per imparare. Imparare la semplicità, l’essenzialità, l’innocenza.
Un po’ narrazione autobiografica, un po’ saggio filosofico, proposta di cammino spirituale e descrizione lirica di paesaggi incorrotti, Walden ancora oggi ci offre spunti di riflessione di grande profondità:
«La terra non è solo un frammento di storia morta, strato sopra strato, come i fogli di un libro, oggetto di studio quasi esclusivo di geologi e antiquari; ma poesia vivente, come le foglie di un albero che precedono i fiori e i frutti – una terra non fossile, ma viva».[5]
Non fogli, materia inerte, senza vita; ma foglie, vita che muore e che rinasce, vita che, morendo ad ogni autunno, custodisce la vita per tornare a rivivere ad ogni primavera.
Concedersi del tempo. Contemplare il foliage che in questi mesi autunnali torna a colorare i boschi, i viali e i parchi cittadini, i giardini e i balconi.
Vibrare della luce delle foglie che proprio nel morire ci regalano bagliori gioiosi. Sentire nell’intimo che in quella spoliazione, in quel cadere a terra senza remissione, è misteriosamente custodita la possibilità di una vita nuova.
Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore… Foglie che cadono. Poesia vivente, in questi giorni di fine ottobre in cui il nostro ricordo più che mai va alle persone amate che, come foglie, sono andate via, e che noi nella nostra preghiera abbiamo affidato e continuiamo ad affidare al cuore della Vita e al suo Mistero.
«Le foglie ingiallite dei tigli
riempiono di luce il viale.
L’autunno mi riverbera nell’anima
e
d’ogni foglia che cade
faccio preghiera».
[1] La salvezza dopo l’avventuroso viaggio a bordo della nave Mayflower e le difficoltà del primo rigido inverno vennero festeggiate dai sopravvissuti l’autunno successivo, con quella che è tradizionalmente diventata una delle feste più celebri degli Stati Uniti, il Giorno del Ringraziamento.
[2] Fra i numerosi scrittori e poeti ricordiamo almeno Ralph Waldo Emerson, Henry David Thoreau, Edgard Allan Poe, Nathaniel Hawthorne, Louisa May Alcott, Emily Dickinson, Sylvia Plath.
[3] Henry David Thoreau, Walden ovvero vita nei boschi, Traduzione di Massimo Bocchiola, I Classici Bompiani, 2019, pag. 261.
[4] Henry David Thoreau, op.cit. pag. 97.
[5] Henry David Thoreau, op.cit. pag. 335.