Lo scorso mese di novembre, su Twitter e su altri canali, il quotidiano La Croix ha lanciato un appello ai suoi lettori: «Mentre eravate fedeli a un qualsiasi media, avete mai sentito il bisogno di chiudere il rubinetto delle notizie?».
La provocazione ha suscitato subito numerose risposte appassionate. Il registro delle reazioni va dallo stupore di chi si dice «soddisfatto» della propria «dieta mediatica» al sollievo di chi ha potuto esprimere il proprio «disagio» di fronte a quello che è ormai è un vero «diluvio di informazioni», che non si sa più come gestire.
Negli ultimi vent’anni il panorama dei media ha conosciuto un cambiamento profondo: un’accelerazione del tempo e un enorme accrescimento quantitativo di informazioni legato alla creazione di sempre nuovi canali e piattaforme (Facebook, Google ecc.), che hanno del tutto stravolto il rapporto del pubblico con l’informazione.
«Non ero più in grado di gestire questo eccesso di informazioni, che spesso erano inutili, mi facevano sentire male a motivo della mia sensibilità ecologica e occupavano troppo del mio tempo», confessa una lettrice del quotidiano.
Alcuni lettori raccontano di aver sentito la necessità di entrare in un clima di maggiore «silenzio». Confessando che l’overdose informativa stava generando in loro sensazioni di ansia e di saturazione. Altri, delusi, si sono allontanati dal flusso informativo sentendosi «traditi» dai media e dalla qualità di un’informazione che viene talora percepita come poco interessata alla verità dei fatti e alle concrete istanze di giustizia (si cita il caso delle proteste dei gilet gialli), che approfondisce pochissimo e promuove i contenuti sulla base della loro «viralità» e non della loro qualità.
Il lockdown della primavera 2020 è stato per tanti un punto di svolta. «Come molti all’inizio mi tenevo molto informato su tutti i canali. Finché non mi sono sentito soffocare. Era tutta paura. E leggevo cose sempre più improbabili su Facebook e Twitter. Questo ha finito per pesare sulla mia salute mentale, mi ha provocato mal di stomaco, ansia…».
Dall’overdose qualcuno sembra ora migrare verso forme di (felice) astinenza. Possiamo sperare che si liberi lo spazio per il possibile ritorno della domanda per un’informazione più «lenta», verificata e (magari) utile.