L’iconica figura di Neo, l’Eletto, colui che muore per salvare l’umanità assediata dalle macchine, nell’epica trilogia di Matrix, è tornato sul grande schermo a gennaio 2021 per il quarto capitolo della saga. Abbiamo già riflettuto su una lettura agapica e staurologica di tale figura; qui vorrei fare una sinossi tra Resurrections e Reloaded/Revolutions, per vedere cosa è cambiato fuori e dentro Matrix in questi 20 anni.
Ancora «Pillola rossa o pillola blu»!
Comprendere di primo acchito quanto accade nei primi 20 minuti del quarto episodio è davvero difficile. Sembra di essere tornati al Matrix originale, davanti ad un reboot. Chi è attento, anche nella fugacità dei dialoghi, si accorge però che siamo dentro ad un modale, cioè una realtà virtuale dove i programmi (qui chiamati senzienti digitali) vengono fatti allenare per evolvere.
Bugs (agente umana collegata dall’esterno) e Morpheus (una nuova IA che ha preso coscienza della sua identità) devono fuggire dagli agenti Smith e trovare un accesso verso il mondo reale esterno. Il vecchio copione viene ribaltato, stavolta è Bugs che propone a Morpheus la pillola rossa o la pillola blu. I toni del discorso si fanno più profondi. Non si tratta semplicemente di scegliere, ma di riconoscere che c’è già qualcosa che precede l’umano (e/o il digitale!?) e la dicotomia che gli si presenta davanti.
Bugs: O mio Dio, devo farti uscire e capire chi ha costruito questo modale. Ok, vieni con me, devi essere pronto ad andartene, ma veramente pronto … sennò, se pensi che il tuo posto sia questo … [gli pone davanti la pillola rossa e la pillola blu]
Morpheus: Questa me la chiami scelta?
Bugs: Quando l’hanno offerta a me, ho cominciato a blaterare della concezione binaria del mondo, e che non avrei mai inghiottito una simbolica riduzione della mia vita, e la donna con le pillole rideva perché non capivo il punto…
Morpheus: Quale punto?
Bugs: La scelta è un’illusione. Tu già lo sai cosa devi fare!
Morpheus: Verità.
Dall’hacker al game designer
Chi ha costruito il modale? Ecco si svela un primo livello di realtà: Neo, nuovamente chiamato Thomas Anderson, è vivo ma invecchiato! Lo troviamo alla console di un computer, pensieroso davanti al codice di Matrix, che gocciola caratteri dal tipico color verde fosforo. Non è più un hacker ma un game designer. Matrix è un videogioco famoso, e Neo e Trinity miti nella memoria della gente. Deus Machina, invece, è il nome della compagnia dei programmatori.
E Matrix 4? È citato nello stesso film come il nuovo capitolo del gioco che la Warner Bros sta chiedendo a Thomas Anderson. Lui è riluttante a farlo perché ha allucinazioni in cui si identifica con il protagonista del gioco che lui stesso ha progettato.
Dall’Architetto all’Analista
Nelle prime sei versioni di Matrix, l’Architetto aveva progettato un mondo in perfetta armonia, in cui l’illusione che gli esseri umani vivevano, funzionava a meraviglia per il 99% dei collegati. Qualcuno riusciva a risvegliarsi, scollegarsi e tornare a vivere nella realtà. Allora l’Oracolo inventò la figura dell’Eletto, il mito dell’uomo che avrebbe dovuto «salvare» l’umanità. Nei fatti era un’ulteriore programmazione da sovraimporre alla coscienza dei «dormienti» di modo che potessero pensare ad un futuro migliore e sperare in un salvatore, anche se questo fosse rimasto soltanto a livello inconscio.
A questa mera funzionalità il Neo della trilogia, che è il sesto Eletto, non si piega, e nella sua libertà, sceglie di non avere un semplice e «generico attaccamento a quelli della sua specie», ma un amore particolare per Trinity. Questo successivamente si trasformerà in un amore per tutto il popolo di Zion, fino al sacrificio e alla riconciliazione tra uomini e macchine.
Questa versione dell’accaduto, nella nuova trama, sono i confusi ricordi di un Neo programmatore di videogiochi, che ha devastanti allucinazioni: pensa di essere un combattente di forze oscure in una realtà alternativa. Gli sembrano così reali da scombussolargli la vita, al punto da fargli tentare il suicidio. Ma in questo percorso di apparente pazzia, interviene l’Analista, un alter ego del vecchio demiurgo, l’Architetto. Egli controlla Neo attraverso lunghe sedute, facendogli credere che tutte le visioni siano soltanto scherzi della mente che confonde il gioco con la realtà.
Nel correre della trama si scopre che l’Analista era presente nel momento della morte di Neo. Egli ha interceduto presso i Suits (le macchine che governano Matrix) perché il codice sorgente di Neo non fosse disperso, ma «riassemblato» e successivamente risuscitato con un nuovo corpo. Interessante che i vari tentativi di riportare in vita l’ex Eletto non funzionano fintanto che alla sua risurrezione è abbinata anche quella di Trinity. L’Analista scopre incidentalmente che quando si accostano i codici sorgenti dei due protagonisti, si crea una situazione altamente pericolosa, tanto da produrre un effetto esplosivo. Ma nell’eventualità in cui le due parti in gioco sono collegate a distanza di sicurezza, si crea un nuovo meccanismo, più energetico e più funzionale di quello usato nelle Matrix precedenti.
Dall’intelletto alle emozioni
Se prima si parlava di equazioni bilanciate, di modo che i fatti apparissero alla popolazione dormiente come la vera realtà, l’Analista comprende che sono, invece, le emozioni la chiave per tenere buoni e contenti gli umani. Su questo presupposto vengono create nuove storie. Mentre Neo viene riportato in vita come programmatore, Trinity viene «rinominata» Tiffany, e gli vengono «assegnati» un marito e tre figli. Rimane la passione per le moto, ma è diventata il suo mestiere, come meccanico donna. Ecco il gioco dell’Analista aver messo i due vicino quanto basta, ma mai in contatto.
Le loro vite non possono «fondersi» come in precedenza, perché Tiffany è sposata e Neo non crede più in sé stesso. Ma il pensare ad una relazione “proibita dalle etichette” fa comunque nascere quell’emozione che consola, che allieta nel temporaneo. Meglio l’emozione che niente! Meglio l’illusione di un futuro impossibile, che la cruda realtà. E per le macchine, tutto il desiderio umano si traduce in attività biologica, cioè energia a loro vantaggio. Come Neo e Trinity infatti, anche gli altri essere umani di questa nuova Matrix rimangono nel loro sonno grazie ai sentimenti, inducendoli a desiderare di avere molto di più, ma anche ad aver paura di perdere quel poco che già hanno.
Qui possiamo, e dobbiamo riflettere (nella misura in cui l’immaginario è un laboratorio della realtà, che anticipa e profetizza i tempi reali) sullo spostamento di asse che la nostra realtà tecnologica ha compiuto nel corso del 20ennio che separa il quarto capitolo e la trilogia. Nel 1999 internet era agli albori. Le interfacce non erano certo «user friendly», e il «collegarsi alla rete» era roba da smanettoni: configurare il modem, digitare indirizzi IP, configurare protocolli e quant’altro.
Nel corso degli anni 2000 internet è diventato un ottimo strumento di divulgazione dell’informazione. Molto più facile utilizzare il motore di ricerca Google, oppure consultare Wikipedia, che utilizzare indici cartacei. Detto in maniera semplice, abbiamo usato il grande leviatano tecnologico come uno strumento per l’intelletto. Grazie alla trasposizione digitale le informazioni sono meglio catalogate, più raggiungibili e si diffondono con maggior facilità. Anche se, devo dire, il libro di carta non ha ancora perso il suo fascino … e tenere in mano un peso avvertibile, e sentirne il profumo del nuovo … da un certo senso di realtà originale, non sostituibile.
Ma la storia cambia quando la digitalizzazione dalla conoscenza pubblica, generale e diffusa, arriva ad inglobare quella personale. Aspre battaglie sono state fatte sulla privacy dei dati sensibili. La loro gestione è molto più problematica perché non è solo questione di verità dei fatti o di storie altrui. Qui si tocca il cuore: nei dati personali sono solitamente custoditi i ricordi, le emozioni, i sentimenti. Lì l’umano è più vulnerabile e la volontà può essere influenzata con più facilità e meno impiego di risorse. Nel 2022 internet non è più semplicemente un grande contenitore di informazioni/verità, più o meno diffusa o peggio alle volte contraffatta, ma si è già consumata la transizione da strumento ad ambiente che può essere abitato, in senso letterale/virtuale. La realtà che esso propone coinvolge tutta la persona, ed ha il potere di farle dimenticare la realtà originale una volta per tutte.
Da Zion a IO
Prima di andare avanti con la trama, rispolveriamo i nostri ricordi, e facciamo mente locale su Zion il nome, che nella trilogia, evoca la città biblica in cui si realizza la salvezza. La città degli umani, anche se ben nascosta nelle viscere della terra, sta per essere assediata dalle macchine. Le temibili «seppie volanti» sono programmate per estinguere i ribelli, anomalie che interferiscono con il programma dell’Architetto. Zion, che già si preparava per l’ultima battaglia, viene salvata da Neo, che riesce inaspettatamente a fermare la minaccia nichilista di Smith. Questo «virus», che si era propagato in Matrix, minacciava entrambi i generi, di carne e di ferro. Nasce così una fragile pace che segna una nuova era, in cui l’Oracolo dice di aver «molto creduto» e non già saputo fin dall’inizio. Chi vuole scollegarsi da Matrix è libero di muoversi nello spazio reale, dove il cielo torna a splendere.
Neo può finalmente vedere il frutto del sacrificio della sua morte precedente, cioè la costruzione di una nuova città, chiamata IO, abitata non solo dagli umani, ma anche dai digitali senzienti. Questi ultimi sono programmi di Matrix che hanno deciso di collaborare con gli umani condividendo la loro realtà. Questi possono essere «estratti» da Matrix e materializzarsi nel mondo reale attraverso una tecnologia di nanoparticelle (che ricorda molto gli effetti speciali di Trascendence).
Possiamo interpretare Il nome «IO» in diverse maniere. In lettere, abbiamo l’acronimo che in informatica significa «Input/Output», ossia l’interfaccia attraverso cui viaggiano le informazioni tra il mondo digitale (ad esempio l’hardware e il software del computer) e il mondo reale (esempio i caratteri digitati sulla tastiera, o i click del mouse ecc.). Se, invece, leggiamo in linguaggio binario «IO» diventa «10», e questo indicherebbe il numero 2, forse la seconda possibilità per macchine e umani di coesistere pacificamente. Un’ultima suggestiva interpretazione è che «Zion» ceda il posto ad «IO», facendo cadere la prima e l’ultima lettera. Dunque che la città del futuro, con uomini e macchine, parte da un residuo di Zion.
Tra simulazione, sogno e realtà
Non andiamo oltre con la descrizione della trama, e lasciamo allo spettatore gustare l’esito della battaglia di Neo con il nuovo Smith, oppure fronteggiare i poteri dell’Analista, ma anche lasciarsi aiutare dal ritorno di Sati, il programma bambina nella «metropolitana senza tempo» della trilogia.
Vogliamo invece riflettere su una sequenza di pochi secondi che compare durante il brainstorming in cui tutti si domandano, effettivamente, cosa sia Matrix. In una improbabile scena, che rispetta il detto secondo cui «le migliori ispirazioni accadono nei momenti più impensati», dietro la porta del bagno si legge la seguente frase: «It is so much simpler to bury reality than it is to dispose of dreams».
Più che il divertimento di qualche teenager dalla bella calligrafia, che riporta la citazione di «It is so much simpler to bury reality than it is to dispose of dreams» di Don DeLillo, Americana (ACTES SUD; 0 edition, August 10, 1993), la frase è posta «segretamente» dietro la porta come chiave di lettura dell’episodio. L’interpretazione che propongo, considerando che la regista Lana Wachowski ha perso i genitori durante la scrittura della sceneggiatura di questo ultimo capitolo, riguarda proprio la tentazione che abbiamo tutti nei momenti più duri, di seppellire con i nostri morti anche la realtà che ci fa soffrire, staccandocene in modo definitivo.
Ma vi è una capacità umana che riesce a significare ogni realtà che vivremo, quella reale e anche quelle virtuali: non possiamo rinunciare ai nostri sogni. E che l’ultimo capitolo si chiami Resurrections è sicuramente una medicina contro la morte. Quale migliore antidoto per far rivivere ancora, con i mezzi che abbiamo, quei personaggi che ci hanno emozionato, Neo e Trinity, che con il loro amore ci hanno fatto «letteralmente» volare. È questo un nostalgico ricordo? Un surrogato «ideale ed emotivo» della vita che è stata? Oppure è voler celebrare in anticipo una nuova vita che ci aspetta? Al lettore la risposta.
Concludo semplicemente facendo notare che, vicino alla scritta, compare anche una piccolissima vignetta in cui una coppia sorridente si ripara dalla pioggia con un ombrello bianco. Le intemperie rischiano di bagnarli, ma in effetti, anche se fosse, questo non è problematico. Dal cielo piovono cuori.