«Ho sostenuto un cristianesimo senza verità. Debole, di sicuro. A tal punto che, dovendo scegliere tra Gesù e la verità, sceglierei lui. È una splendida frase di Dostoevskij» (Gianni Vattimo) [i]
L’attuale crisi della Chiesa cattolica, caratterizzata dall’aggravarsi delle tensioni e dei conflitti tra settori diversi e alternativi, presenta aspetti filosofici interessanti. Quali sono le influenze della filosofia contemporanea sulla crisi che, nella modernità, impatta i regimi della cristianità europea e coloniale? Quali temi filosofici potremmo evidenziare nel conflitto tra tradizionalisti e mentori del Vaticano II?
Cristianesimo e verità
Come inizio, ho scelto Gianni Vattimo, il filosofo che si è occupato ampiamente – anche in collaborazione con René Girard – di questioni specificamente teologiche, legate alla tradizione giudaico-cristiana. Egli, insieme a Lyotard, è riuscito a interpretare il nuovo modo di affrontare la vita e la storia delle società occidentali, sintetizzando la percezione del profondo cambiamento nel pensiero che definiamo postmoderno. È, in breve, la critica radicale di tutte le grandi narrazioni, comprese le narrazioni di origine illuminista e quelle di provenienza metafisica.
Vattimo, col «pensiero debole» ha rivelato la distanza che la modernità stabiliva in relazione a tutte le ideologie, smascherando la presunzione e la violenza dell’Aufklärung insieme all’irrilevanza e alla violenza della metafisica. Egli radicalizza il tema della «morte di Dio» di Nietzsche e della «metafisica del superamento» di Heidegger. E incorpora nel suo pensiero l’unico aspetto per lui inalienabile del cristianesimo: la kenosis, il divino, estremo, svuotamento dell’umanità di Gesù, che ci presenta un Dio debole, impotente, inerme, senza onnipotenza e senza autorità.
Kenosis che si identifica con l’agape, caritas, rivelata in pienezza dalla crocifissione: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc 26,34). Agape, che sconfigge, definitivamente e senza violenza, la violenza insita nel «sacro naturale» (René Girard) delle religioni. Agape che, per lui, si caratterizza come dialogo con tutte le scelte ideologiche e morali, con l’esclusione categorica delle ideologie violente.
Va notato che la proposta di un dialogo tollerante e aperto si scontra frontalmente con la concezione di una verità assoluta, che non può accettare falsità ed errore. Insomma, questo pensiero affronta coloro che hanno la paranoia del relativismo – e della perdita di identità – e il vizio dell’autoreferenzialità.
Identità dottrinale
È bene sottolineare che ogni volta che, in ambito cattolico, insistiamo rigidamente sull’identità dottrinale e sulle tradizioni con «T» maiuscola, chi la pensa diversamente è la prima vittima. Senza dimenticare che, in nome della verità, abbiamo seminato vittime umane nel corso della storia. Siamo protagonisti e complici dei genocidi ed etnocidi, della colonizzazione – qui in Brasile – dell’Abya Ayala, senza dimenticare la violenza che ha caratterizzato lungo i secoli l’azione delle Chiese europee.
Litigare con la filosofia neotomista e neoscolastica, criticare radicalmente la teologia e i teologi magisteriali o quelli allineati allo status quo, significa confrontarsi esplicitamente con coloro che non possono rinunciare, nell’esteriorizzazione della loro fede, all’«essere» greco, di matrice parmenidea.
Troviamo questa posizione nei frequenti discorsi di Papa Benedetto XVI, che ha difeso come tradizione cattolica costitutiva e indispensabile la presenza dell’«essere» nella riflessione teologica. Una presa di posizione così radicale che il teologo-papa arriva ad affermare che non ci può essere teologia senza metafisica. Fu anche – e forse soprattutto – sulla base di questo criterio che durante i trent’anni dei pontificati di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, molti teologi, circa duecento, furono condannati o indagati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
È interessante e quasi divertente notare che in questa lista di inquisiti non ci sono biblisti. E perché? Non sono forse considerati teologi a tutti gli effetti? A mio avviso, perché i biblisti semplicemente ignorano, nel loro approccio ermeneutico, qualsiasi riferimento critico esplicito alla metafisica o a qualsiasi altro sistema filosofico.
Ciò riguarda soprattutto i biblisti impegnati nella pastorale della liberazione, che continuano ad avere la libertà di presentare la figura di Gesù Messia senza rimproveri e condanne da parte di Roma. Per esempio: Carlos Mesters, Sandro Gallazzi e l’ecumenico CEBI sono stati risparmiati dal Dicastero per la dottrina della fede. E questo pur dimostrando, ancora una volta, alla scuola di Francesco e Chiara, che la Parola di Dio è sufficiente ad alimentare e sostenere la fede dei discepoli.
Fine della religione
«Gesù Cristo è venuto nel mondo per rivelare che la religiosità non consiste nei sacrifici, ma nell’amare Dio e il prossimo. Ogni aspetto che nella Chiesa non si riduce a quest’unica verità non sarà forse ancora una volta religione naturale e vittimaria?» [ii]
La prospettiva di Vattimo, che nell’intervista del febbraio di quest’anno si dichiarava nuovamente e serenamente cattolico, è «la religione della fine della religione» [iii]. Insieme a Girard, Vattimo ci ripete che, come rivelatore degli aspetti costitutivi vittimizzanti e sacrificali delle religioni arcaiche, il cristianesimo non è una religione, ma è intimamente il de-costruttore della religione. Per Vattimo, Gesù è la Verità come persona, evento e Vangelo, ma non si identifica con la verità che abbiamo ereditato dalla tradizione filosofica. Gesù ci ha liberati da questa verità.
Oggi viviamo tante tensioni e chi conosce la storia sa che non sono nuove. Nuova è l’ampiezza dell´attacco fornito quotidianamente da pubblicazioni controverse e aggressive sui social network.
Nuova è anche la composizione teologica delle due parti del conflitto: non c’è più, come nel secolo scorso, l’egemonia dei teologi tedeschi, olandesi e francesi; non ci sono più figure emblematiche che concentrano il dibattito come ai tempi di Hans Kung e Joseph Ratzinger e la dialettica tra due riviste alternative come Concilium e Communio ha perso prestigio.
Tutto è globalizzato e diluito. Nuova, forse, è la posizione revanscista sul versante conservatore, con settori statisticamente significativi del clero e del laicato che lottano per riconquistare lo spazio perduto. La frattura è ampia e variegata, molto più complessa della disobbedienza del tempo di Lefebvre e della Fraternità sacerdotale San Pio X.
Insurrezione tradizionalista
Il tradizionalismo cattolico di oggi è diverso dal tradizionalismo lefebvriano e anche diverso dal conservatorismo della teologia romana al tempo dei cardinali Ottaviani e Siri. Questi ultimi hanno accettato la dialettica conciliare e hanno optato – anche loro – per una soluzione pacifica, che si manifesta chiaramente in molti documenti del Concilio, dove troviamo la composizione, teologicamente irrisolta, dei contributi dei conservatori e dei riformisti.
Massimo Faggioli ci aiuta a capire meglio:
«Un modo semplice per decifrare il volto dell’attuale rivincita cattolica è guardare la mappa dell’opposizione a Papa Francesco. Ci sono tre tipi principali di opposizione all’attuale pontificato. C’è un’opposizione teologica nostalgica del paradigma di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI; c’è un’opposizione istituzionale che cerca di difendere lo status quo ecclesiastico e clericale; e, infine, c’è un’opposizione politico-sociale, che si preoccupa della sostenibilità politico-economica di un pontificato che è radicalmente dalla parte dei poveri» [iv].
Oggi il neotradizionalismo si è radicalizzato: ha abbandonato i toni moderati per assumere posture estremiste, che – cosa a mio avviso più grave – si alleano con l’estremismo di destra, non solo negli Stati Uniti e in Brasile, ma purtroppo in ogni angolo del mondo occidentale. Ancora Faggioli:
«È una cultura cattolica tradizionalista che non è più veramente conservatrice. Piuttosto, è un’insurrezione. Al fine di mantenere il cattolicesimo come prima, l’attuale istituzione ecclesiastica deve essere completamente distrutta [v]. Questo momento fa parte della strada già tortuosa della ricezione dei concili ecumenici. A giudicare da quanto è avvenuto con la ricezione del Concilio di Trento, si può dire che la ricezione del Concilio Vaticano II è appena iniziata.
Qualunque cosa i cattolici del Vaticano II pensino sulla coerenza tra il Concilio e la Chiesa post-conciliare e sul tradimento del Concilio Vaticano II da parte della Chiesa istituzionale, è difficile negare che la teologia conciliare sia diventata l’establishment culturale e teologico cattolico. Ora è il momento di prendere in considerazione l’insurrezione neotradizionalista contro questo establishment e cercare di immaginare dove stiamo andando a partire di tali premesse. Il clima degli anni 1950 o 1850 non torna, ma non torniamo nemmeno al clima degli anni ‘60 o ‘70» [vi].
[i] «Ho sostenuto un cristianesimo senza verità» a Gianni Vattimo curata da Antonio Gnoli per Robinson, inserto de La Repubblica, del 25 febbraio 2023.
[ii] René Girard e Gianni Vattimo, Cristianesimo e relativismo. Aparecida/SP, Santuario 2010, p. 29.
[iii] Intervista di Antonio Gnoli.
[iv] Massimo Faggioli, professore di teologia e scienze religiose presso Villanova Università, in un articolo pubblicato da Commonweal, pubblicato da La Croix International, 22 gennaio 2018 (nella traduzione in portoghese di Luisa Flores Somavilla, IHU).
[v] Ivi.
[vi] Ivi.
Questo pensiero affronta coloro che hanno la paranoia del relativismo – e della perdita di identità – e il vizio dell’autoreferenzialità.
Sono tantissimi anche oggi. I commenti lasciati a volte su questo sito dicono che la resistenza è ancora molto forte.
Dalla sconfitta di questo pensiero “forte” (ma solo all’apparenza) dipende la sopravvivenza e la credibilità futura della chiesa.
Gesù Cristo è venuto nel mondo per rivelare che la religiosità non consiste nei sacrifici, ma nell’amare Dio e il prossimo. Ogni aspetto che nella Chiesa non si riduce a quest’unica verità non sarà forse ancora una volta religione naturale e vittimaria?» [ii]
In questa pericope si svela la falsità del ragionamento. Cristo si è sacrificato per amare il prossimo e la Santa Messa è lo stesso sacrificio incruento. Partiamo da qui e vedremo come la ” nuova ” chiesa come la ” nuova” messa come la ” nuova” Pentecoste sia la mistificazione del cristianesimo come voluto da Cristo stesso. I frutti del ” nuovo”sono lì davanti a voi basta aprire gli occhi.
Il Sacrificio espiatorio di Cristo consiste comunque nella sua autodonazione totale a Dio e al prossimo