Giovanni Filoramo – storico del cristianesimo e delle religioni – nel 1983 pubblicava il libro di sintesi sulla gnosi L’attesa della fine. Storia della gnosi (Laterza). A distanza di anni e degli studi intercorsi, gli poniamo alcune domande sullo «gnosticismo» che il magistero di papa Francesco ha definito «una delle peggiori ideologie» (Gaudete et exultate n. 40). Al fondo della intervista si trova l’aspetto di etica sessuale degli gnostici, particolarmente biasimato dagli eresiologi Padri della Chiesa, approfondito nel capitolo conclusivo del testo citato: Asceti e libertini.
- Professore, il suo libro è del 1983. Cosa è successo, in questi anni, in fatto di studi sulla gnosi?
Sicuramente, la mole della bibliografia è enormemente aumentata. Ma ciò rende più difficile, oggi, a mio parere, quella operazione che allora mi era parsa possibile, ossia la redazione di un testo di sintesi.
Paradossalmente, oggi, con l’accrescersi a dismisura della specializzazione, un tale approccio è divenuto sempre più difficile e raro. Ma resto piuttosto critico al riguardo: come si dice, «si stanno vedendo meglio gli alberi, ma si è persa di vista la foresta».
Rispetto a quegli anni è venuto meno, lo stesso oggetto di studio, sull’onda di un decostruzionismo imperante in ambito storico, su tutto il mondo religioso tardo-antico. Dagli anni ’90 in poi si è cominciato a criticare lo stesso concetto di gnosticismo che, secondo alcuni studiosi, non sarebbe altro che il prodotto del lavoro intellettuale degli eresiologi del II, III e IV secolo, che avrebbe trasformato in realtà quanto non sarebbe mai storicamente esistito.
Io sono invece convinto che un fenomeno storico gnostico – specifico – sia esistito, in maniera contestuale e partecipe delle origini del cristianesimo. Per rispondere alle sue domande sullo gnosticismo parto, dunque, necessariamente, da tale presupposto.
Gnosi e cristianesimo
- È possibile rintracciare costanti gnostiche nella storia del cristianesimo?
Va precisato che stiamo parlando di un fenomeno a carattere sincretistico, che sicuramente ha attinto da tradizioni preesistenti e che, dunque, è, per certi versi, un fenomeno persistente.
Il principio di fondo della gnosi è una forma particolare di conoscenza salvifica offerta da miti fondativi, frutto di una certa visione del mondo e della vita. In tal senso distinguerei lo gnosticismo, quale fenomeno storicamente determinato, e appunto legato alle origini del cristianesimo, da caratteri gnostici che possono essersi perpetuati nel tempo, sino ad oggi, ma senza più alcun collegamento diretto con gli antichi gnostici cristiani.
- Papa Francesco, in importanti documenti magisteriali, non ha mancato di ricordare il pericolo dello gnosticismo.
Penso che il papa non possa mancare di ricordare tutto il magistero precedente, che, a partire dagli eresiologi antichi, ha sempre ritenuto radicalmente pericolose le dottrine gnostiche.
Se prendiamo, ad esempio, un autore importantissimo per la costruzione della ortodossia cristiana, quale Ireneo di Lione (che ha scritto verso la fine del II secolo), vediamo quanto i suoi testi siano animati dal contrasto di ogni forma di conoscenza – tipicamente gnostica – che, per dare luogo alla salvezza, non ha avvertito il bisogno di sostenere, in fondo, alcun credo coi modi di comportamento conseguenti, perché penetrata – tale conoscenza – dalla presunzione di una salvezza già realizzata.
- Qual è dunque la caratteristica morale di fondo dello gnosticismo cristiano?
Per rispondere a questa domanda, a suo tempo, nel libro, avevo fatto alcuni esempi, che posso qui riproporre, sia pure nella complessità del quadro, peraltro recentemente arricchito dallo studio delle fonti originali. Il più noto degli esempi è quello dello gnostico Carpocrate – da cui il carpocrazianesimo – e del figlio Epifane. Faccio questo esempio perché ben si presta ad esemplificare il principio antinomico che ha caratterizzato, in particolare, certi gruppi gnostici.
Cosa vuol dire antinomico? Se per morale intendiamo il rispetto delle prescrizioni fondate sulla legge (nomos) religiosa, gli gnostici erano antinomici per eccellenza, perché ritenevano la legge dell’antico testamento (la Torah) opera di un secondo dio – o «Demiurgo» -, quindi, sostanzialmente, opera di un dio malvagio. La legge veterotestamentaria era, per gli gnostici, una legge priva di valore a cui decisamente contrapporsi: da qui l’anti-norma, ovvero l’antinomia gnostica, che sarebbe risultata molto evidente nei comportamenti “morali” di gruppi quali i carpocraziani appunto, almeno secondo gli eresiologi. Il caso eclatante risulterebbe nella violazione delle norme nella sfera della sessualità, a riprova della superiorità dell’uomo gnostico e della sua morale contro-norma.
L’antinomismo è un dato che ritroviamo in molti movimenti ereticali e in tutta la storia del cristianesimo, anche in epoca moderna. Ma non è una caratteristica prettamente gnostica. Invito, perciò, a prestare molta cautela: l’antinomismo, almeno questo tipo di antinomismo, con esiti di libertinismo, non coincide con lo gnosticismo storico, anzi è da ritenersi uno sbocco del tutto secondario.
Pratiche sessuali
- Quale puntuale esempio di libertinismo gnostico, storicamente verificato, può citare?
Il vescovo Epifanio di Salamina nel suo trattato eresiologico – Panarion – racconta di sue esperienze giovanili, fatte in Egitto, presso gruppi gnostici – da cui evidentemente, in qualche modo, era stato attratto: probabilmente si trattava di gruppi fibioniti accomunati da comportamenti libertini e da pratiche manifestamente oscene, intese a mostrare l’invalidità delle norme sessuali trasmesse dall’antico testamento.
- Questo è pur sempre un esempio portato dagli eresiologi della «Grande Chiesa».
Sì, ma gli eresiologi sono da ritenersi testimoni credibili, perché hanno effettivamente avuto a che fare con i gruppi gnostici. Certamente hanno difeso il loro modello di Chiesa nascente – tra II e III secolo – in una chiave oppositiva ad altri gruppi cristiani, ma non ho ragione di pensare che abbiano “inventato” qualcosa, per denigrare. Dalle loro stesse testimonianze critiche è peraltro possibile ricavare che l’esito morale gnostico prevalente è stato di tutt’altro segno, ossia rigorosamente ascetico.
- Nei testi originali gnostici – oggi a disposizione – cosa rinveniamo in proposito?
C’è un passo di Pistis Sophia – un testo molto importante le cui origini sono da rintracciare in Egitto tra III e IV secolo – che biasima apertamente le pratiche rituali, oscene, osservate da altri gruppi gnostici. Dunque, nei trattati originali gnostici non troviamo nulla che avvalori la presenza, l’estensione e il peso di uno gnosticismo di stampo libertino.
Anzi, troviamo indizi di una netta presa di distanza dal libertinismo sessuale e una evidente prevalenza del ramo ascetico. Con ciò, lo gnosticismo si colloca nella grande corrente – appunto di stampo ascetico – della chiesa o delle chiese dei primi secoli. Dobbiamo sempre ricordare che gli gnostici hanno fatto pur parte del movimento dei «seguaci di Gesù», così come il filosofo pagano Celso ha definito i cristiani, indistintamente.
- Gnostici asceti e/o libertini, in quanto gnostici?
Come ho ripetuto, la tendenza dominante – rappresentata dai gruppi valentiniani e sethiani a cui si potrebbero aggiungere altri gruppi minori – è ascetica. E ciò costringe a ripensare la vexata quaestio del rapporto tra l’annuncio di Gesù e la costruzione di un’etica cristiana intramondana. Alle origini del cristianesimo sta una forte tensione extramondana, come i fenomeni gnostici dimostrano, ma come dimostra anche, chiaramente, il monachesimo antico, sia ascetico-eremitico che, poi, cenobitico.
Non a caso si è ritenuto, a lungo, che i testi gnostici ritrovati a Nag Hammadi facessero parte di una biblioteca monastica: ipotesi, tuttora, da non potersi escludere. Questo ci dice che – se fossero stati considerati testi libertini – mai sarebbero stati accolti negli ambienti monastici. Quasi per certo sappiamo che negli ambienti monastici pacomiani, all’inizio del IV secolo, circolavano testi gnostici.
Gruppi gnostici libertini sono pure esistiti, come ho detto, ma a motivo della degenerazione del principio antinomico, senz’altro compreso dal mito gnostico, ma non appartenente alla sua specifica proprietà.
È possibile, secondo lei, tracciare una qualche linea di collegamento tra quanto qui ci ha presentato e casi di abusi e di licenze sessuali verificatesi nel corso della storia del cristianesimo, sino ai più recenti fatti?
Più di casi ricorrenti che abbiano a che fare con lo gnosticismo, parlerei di casi ricorrenti di antinomismo. Nel mio libro del ‘83 citavo uno di questi casi che ha avuto per protagonista un prete. Ricorrente è il fatto che alcuni – che si fanno superiori alla legge – rivendicano il dominio sulla stessa, convincendo altri e altre.
L’intellettuale, l’artista o il carismatico gnostico in questo senso inteso – che però poco ha a che fare con gli gnostici storici – può manifestare una presunzione tale da ritenere a sé permesso qualsiasi comportamento, anche sessuale: presunzione che sarebbe giustificata dallo speciale rapporto – il solo ritenuto autentico – intrattenuto col divino.
Scuole gnostiche
- Cosa sappiamo delle comunità cristiane gnostiche, della loro organizzazione e dei loro comportamenti sociali di fatto?
Sappiamo molto poco. Sono stati, sì, fatti tentativi di ricostruzione sociologica e, su questo, si continua ad interrogare i testi originari. Ma questi ci dicono ben poco. Nulla ci parlano degli autori e della loro vita. Come è tipico della letteratura del tempo, più che di opere di singoli autori, essi sono il prodotto dei gruppi e delle scuole: la scuola valentiniana e la scuola sethiana sono le più attestate.
- Vuole presentare in breve queste due scuole gnostiche?
La scuola valentiniana è attestata da Ireneo. Ireneo è un autore straordinario e di lui ci si può, storicamente, fidare. Si può dunque dire che sia esistita una scuola che si richiamava a un tale Valentino, che presumibilmente ha agito a Roma verso la metà del II secolo, di cui non abbiamo nulla di scritto di suo pugno, ma che deve pur essere vissuto da uomo con grande carisma, di grande intelligenza e fascino. È il personaggio forse più noto e rilevante dello gnosticismo storico, tanto che diversi studiosi hanno provato ad attribuirgli la diretta paternità di un testo ritrovato nel 1945 a Nag Hammadi, ossia il Vangelo di Verità: cosa, a tutt’oggi, assai dubbia.
Mentre è ormai definita l’esistenza della sua scuola, costruita secondo il modello delle scuole filosofiche del II secolo: pensiamo alle scuole neoplatoniche, pensiamo a Plotino. Queste scuole, nel trasmettere i valori della tradizione filosofica – che si richiamava a Platone – commentandone e interpretandone i testi, insegnavano a vivere.
Ogni scuola ha avuto un maestro. E Valentino lo è stato: una grande mente, probabilmente proveniente da Alessandria d’Egitto, la capitale della filosofia dei primi secoli dell’era cristiana. Alla scomparsa del maestro, si poneva, naturalmente, il problema della successione. Chi è stato il successore di Valentino? Non lo sappiamo. Possiamo inferire che la scuola si sia divisa in due rami, occidentale e orientale, secondo le sorti dell’impero: Roma da una parte, Alessandria e Antiochia dall’altra.
Discepoli di scuola di Valentino in Oriente sono stati Tolomeo ed Eracleone. Grazie, sempre, agli eresiologi, possediamo testi di questi due autori orientali, quali la Lettera a Flora di Tolomeo e il Commento al Vangelo di Giovanni – il primo commento esegetico completo – di Eracleone.
L’altra scuola riconosciuta, soprattutto attraverso studi relativamente recenti, è la scuola sethiana, dal nome di uno dei figli di Adamo – Seth appunto – che si rifà a diversi testi, ma, in particolare, all’Apocrifo di Giovanni che è giunto a noi in quattro diverse versioni, attribuibile ad un primo autore che, però, non ci è noto. Quel che è chiaro è che questi testi si sono succeduti nel tempo ad opera di gruppi che hanno scritto e riscritto il mito originario in funzione della vita delle comunità gnostiche sethiane. Possiamo quindi dedurre che i sethiani fossero assai critici verso l’antico testamento, come tutti gli gnostici, che praticassero il battesimo e che fossero dediti alla vita ascetica.
Più di tanto non possiamo dire dei loro comportamenti, perché i testi volano molto in alto e non ci raccontano la vita sociale delle comunità.
Uomo e donna
- Qual era la concezione della donna e come era pensato il rapporto maschile/femminile da parte degli gnostici?
La domanda ci pone di fronte all’aspetto effettivamente differenziante lo gnosticismo: il rapporto uomo/donna, maschile/femminile, trova, infatti, la sua radice intima nel mito gnostico fondativo, variamente declinato, ma sostanzialmente ben determinato. È il mito gnostico a determinare il comportamento umano nel mondo, un mondo transeunte, per non dire malvagio; un mondo di ombre, e non di luce. Ebbene, al culmine della rappresentazione mitica gnostica sta una divinità assoluta che è androgina e, perciò, riunisce in sé il maschile e il femminile.
La femminilità non è dunque negativa, di per sé, in questa visione, perché è parte costitutiva della stessa sostanza spirituale di cui è fatta la divinità. Tuttavia, il mito gnostico dà conto della negatività che starebbe nella femminilità. Sia i testi mitici valentiniani, sia quelli sethiani parlano di Sophia – l’eone femminile di cui ha scritto Ireneo ne La Grande Notizia -, la protagonista della caduta dal Pleroma, ossia dalla pienezza divina al mondo creato dal Demiurgo cattivo.
La colpa originaria viene, dunque, in qualche modo, attribuita alla femminilità, a Sophia. Il suo peccato è aver cercato di avvicinarsi al Padre, il Dio gnostico androgino – posto al vertice del Pleroma -, sola, senza il suo compagno maschile di coppia. Secondo la scuola valentiniana si tratterebbe di un peccato di hybris. Nella variante sethiana si aggiunge l’elemento della libido. Ma una libido pneumatica, affatto carnale.
A seguito della caduta di Sophia, sarebbe stata espulsa dal Pleroma la “sostanza” a motivo del peccato. Tale sostanza conterrebbe la parte psichica, origine del mondo psichico opera del Demiurgo – padre degli umani psichici (ma non degli gnostici) – e la parte ilica o materiale. Mentre gli psichici – secondo il mito valentiniano – grazie al libero arbitrio di cui sarebbero ancora dotati, sono in grado di raggiungere, alla fine dei tempi, una loro peculiare forma di salvezza, gli ilici sono inevitabilmente condannati. Quanto agli gnostici, essi sono figli della Sophia pleromatica, la quale, dopo il peccato, viene salvata dal Cristo e reintegrata nella pienezza divina originaria.
La femminilità di Sophia riveste, quindi, nel mito gnostico, un ruolo sia negativo che positivo: la salvezza avviene nella ricostituzione del maschile e del femminile nella purezza spirituale.
- Sono questi aspetti provocanti a fare da riferimento di certa letteratura contemporanea?
I libri, piuttosto pruriginosi, di Dan Brown fanno riferimento al Vangelo di Flippo, un testo gnostico di ispirazione valentiniana. In tale vangelo Sophia assume le sembianze di Maria Maddalena che, congiungendosi a Gesù Salvatore, viene reintegrata nella purezza spirituale originaria del Pleroma.
Il mito gnostico è molto casto. Dan Brown ne ha fatto tutta un’altra cosa.
Riti gnostici?
- Gli gnostici praticavano riti? Quali?
Proprio il Vangelo di Filippo risulta interessante a tal proposito, perché sembra rimandare ad un rituale che doveva presumibilmente evocare e favorire il ritorno della persona gnostica – sia che fosse uomo o donna – alla divinità androgina. Si tratterebbe del rito della camera nuziale, attestato da diverse fonti, anche eresiologiche. Il pensiero potrebbe facilmente andare a riti strettamente associati alla fisiologia sessuale, peraltro noti in altri contesti storico-religiosi (ad esempio il tantrismo).
Ma una tale digressione è da considerarsi fuori luogo. Nello gnosticismo specie quello valentiniano – che pure praticava il rito di iniziazione del battesimo nel nome di Gesù – la cerimonia della camera nuziale è da interpretare quale culto di compimento, di superamento della dimensione corporea negativa e, quindi, di ricomposizione maschile/femminile, nel verso della androginia – sizigìa – originaria. Stiamo parlando di un rito e di una comunicazione profondamente spirituali.
- Perché, allora, gli eresiologi – Padri della Chiesa – se la sono presa tanto con gli gnostici, anche con i valentiniani?
Prendiamo il III Libro degli Stromati di Clemente Alessandrino. Clemente – che non era vescovo né aveva un ruolo istituzionale nella chiesa in formazione – è un autore importante, vissuto tra la fine del II secolo e i primi due decenni del III. La sua stessa opera contiene elementi di gnosi cristiana.
Ebbene, lui se la prende con certi gnostici, sostanzialmente, per questioni di equilibrio rispetto a posizioni estreme, nell’ottica della definizione della “vera” dottrina cristiana. Nel III Libro affronta la questione del matrimonio. La soluzione che trova è quella destinata ad affermarsi, ed è una soluzione equilibrata, lontana dai due estremi gnostici con cui si è trovato a confronto: quella libertina di cui ho detto – senz’altro minoritaria -, ma anche quella rigorosamente ascetica, perché entrambe avrebbero minato, secondo lui e non solo, la concezione del vero matrimonio cristiano, per evidenti ragioni.
Qui si dimostra quanto sia stato comunque importante lo gnosticismo per la definizione della dottrina e della morale cristiana poi storicamente affermatesi.