È un omaggio indiretto a Teilhard de Chardin l’ultimo disco di Juri Camisasca. Artista controcorrente e unico nel panorama italiano, ha voluto intitolare «Cristogenesi», il suo ultimo lavoro discografico.
Una carriera ai margini
La storia artistica di Camisasca non è molto conosciuta. Ad essere controcorrente, infatti, è la sua riluttanza verso la commercializzazione banalizzante della musica, mentre unico e originale è il suo pop religioso, dove il gregoriano si fonda con il minimalismo sacro lambendo le sonorità della mystic music.
Camisasca può permetterselo. Nella sua ricerca spirituale pluridecennale trovano spazio una lunga esperienza monastica, lo studio della teologia, la meditazione, la pittura di icone, il silenzio eremitico. Senza il suo ritiro dalle scene per quasi quindici anni, poco dopo l’incisione de «La finestra dentro» (1974), sarebbe assai più conosciuto.
Noto lo era, e molto, agli amanti del rock progressivo. Ma pochi sanno che c’è lui dietro alcune canzoni di Alice, di Milva e di Giuni Russo. Tra i suoi pezzi più noti c’è sicuramente «Nomadi», interpretata in seguito da vari autori, ma anche «Il giorno dell’indipendenza», portata al festival di San Remo da Alice. Sua e di Franco Battiato è «Torneremo ancora», l’ultimo brano firmato dall’artista siciliano.
Gregoriano, mistica, elettronica
Camisasca ha lasciato un’impronta significativa nella storia della musica italiana, nonostante che abbia vissuto gran parte della sua vita lontano dall’industria discografica. È sufficiente ricordare che alla musica è tornato, dopo una lunghissima pausa, solo nel 1988.
È in quell’anno che ha inciso «Te Deum» rielaborando con l’elettronica le sonorità del gregoriano. Nel 1991 ha poi pubblicato «Il Carmelo di Echt», dedicato ad Edith Stein, inserendovi brani come «Le acque di Siloe», ispirato ad un volume di Thomas Merton, e «Primo motore», in cui racconta le sue esperienze con la meditazione. Nel disco trovava spazio anche un pezzo attuale ancora oggi: «Revolution now», in cui si auspicava una profonda riforma dei cuori contro le ingiustizie, le brame e le superficialità dei rapporti umani.
Dopo questo disco, però, di nuovo anni di lontananza dalle scene musicali, interrotti solo nel 1999 da «Arcano enigma», a cui hanno contribuito i Bluvertigo. In esso sono presenti brani come «L’evidenza di un Amore» o «Non cercarti fuori». Spiritualmente il disco echeggia atmosfere agostiniane, rivelate da un titolo esplicito: «Sant’Agostino». Se sono indubbiamente pochi gli artisti che possono concedersi di cantare queste tematiche, è degno di nota che l’album dedichi una canzone anche al vegetarianesimo: «Vegetarian song».
Stupisce, e persino stordisce, dopo la calorosa accoglienza ricevuta da questo disco, i diciassette anni che Camisasca ha fatto passare prima di incidere, nel 2016, «Spirituality», insieme a Rosario di Bella. Musica e spiritualità si fondano in questo disco, come testimoniano l’omaggio alla cultura indiana espresso con «Luce dell’India» e la mistica «Suprema identità». Nel 2019 è poi uscito «Laudes», album nel quale ritorna il gregoriano, con «Exultet», e l’omaggio ad una saggezza spirituale senza confini come «L’impermanenza».
«Cristogenesi», congedato dalle Paoline nello scorso mese di novembre, è l’ultima fatica di questo artista nativo di Melegnano. Il titolo allude alla rinascita nel mondo della luce, a Cristo Signore dell’universo e della storia, il solo che può dare una risposta alle domande di pienezza, completezza e risposta e pienezza dell’uomo.
Completezza, pienezza e risposta
Sono molte le risposte che la maturità artistica di Camisasca offre ai suoi ascoltatori. Verità nude, scabre, controcorrente come il Vangelo a cui si ispirano. A partire dai pilastri su cui si fonde la Cristogenesi, subito edificati nel brano che apre l’album, «Il tutto nel frammento»: Creazione, Evoluzione, Incarnazione e Preghiera. L’inconoscibile che con un’esplosione di amore si rende presente anche nel più piccolo segno: vedere il cielo in un seme tutto nel frammento.
«Cristogenesi» alterna canzoni inedite originali a rielaborazioni in chiave moderna di brani della tradizione. Tra i primi meritano ancora qualche parola la trascinante «Love is the Angel» costruita sapientemente con un andamento che restituisce intatta l’ingenua utopia dei figli dei fiori. La melodia è irresistibilmente trascinante con un finale che fa rimpiangere le possibilità sprecate dagli uomini sordi e ciechi al sentimento. In questo pezzo l’amore è un angelo custode della libertà e dell’umanità di ogni vivente:
«Live your dream, you will find your dimension live in your soul, you will find peace and freedom», canta la vocalist Floriana Pappa a cui risponde, quasi rapito, il coro: «Love is the angel of the world Love is the angel of the world».
Dallo scrigno segreto della sua ispirazione Juri Camisasca estrae anche «Vite silenziose», dedicata ad Etty Hillesum, delicata e fedele testimone di umanità a Westerbork e Auschwitz. Inevitabile accostare questo brano, da cui è stato tratto anche un videoclip, al destino simile di Edith Stein, di cui aveva già cantato molti anni prima. Due donne che hanno condiviso consapevolmente il destino della propria gente contrastando il gelo della follia umana con il calore della sapienza e dell’amore che ardeva e ardeva di più a ogni «spicchio di libertà abbandonato».
«Quando preghi per qualcuno gli dai un po’ della tua forza, alleggerisci le sue ali. […] sola come un angelo ferito , con la voce piena di vita ti sento ancora gridare: Mi basta essere, mi basta vivere, mi bastano poche cose. Mi basta essere, mi basta vivere, tra vite silenziose».
Tra le gemme strappate via al cielo della tradizione segnaliamo l’incedere potente e ipnotico del «Sanctus» di Henri Du Mont tutto permeato dall’anelito alla venuta del Signore e «O filii et filiae», un gregoriano che nella versione di Camisasca è una dispersione di letizia senza confini che attraversa distanze di 900 anni e rapisce il cantante, ne riconosce il talento e la fede, ne esige la voce.
Genesi dell’umano
La voce di Juri Camisasca non ha perso pathos nei decenni, ma ha acquistato senso, misura, controllo e stupore. A volte angelica, altre vigorosa, sempre toccata dalla grazia. Una voce limpida di potenza intatta, che dà vigore ai testi e lucentezza alle musiche, sostenute dai musicisti Carlo e Alfredo Longo, Peppe Di Mauro, Giovanni Valastro, Dario Scimone, dalla soprano Loredana Toro e dal coro Cantus Novo.
«Cristogenesi» è musica raccomandata per sconfiggere i pensieri disturbanti dei nostri tempi in fiamme, concedere riposo alle menti angosciate, restituire speranze rivoluzionarie ai nostri spiriti abbattuti dalle troppo numerose cattive novelle.
Perché Camisasca vola lontano dalla piana sicurezza delle note a cui siamo abituati. Ci incalza con le lodi, ci commuove di pietà contro ogni guerra, ci infonde fiducia nel Dio degli uomini, ci indica la strada della ricerca incessante. Se Cristo è vero uomo, questo disco canta la Genesi dell’uomo in Cristo.
Da amante del prog conosco, anche se non come vorrei, Camisasca, un artista meraviglioso. Purtroppo il circo mediatico concede assai poco spazio ad artisti simili. Quindi doppiamente grazie per questo bellissimo articolo
semplicemente grazie