Il segnale è chiaro e c’è da augurarsi che sia proficuamente decifrato innescando un processo di vaste e profonde proporzioni: un laico alla guida dell’Università Pontificia romana che, tra tutte, si fregia a ragione dell’appellativo di «Università del Papa», a motivo del suo singolare legame con la Chiesa di Roma e il suo vescovo. Il prof. Vincenzo Buonomo, classe 1961, nativo di Gaeta, coniugato con due figli, membro del Movimento dei Focolari, docente di diritto internazionale, è stato nominato da papa Francesco rettore della Lateranense. Succederà al vescovo mons. Enrico dal Covolo, salesiano e studioso di patristica, il 1 luglio prossimo.
Un vescovo italiano, appena ricevuta la notizia, ha commentato con una punta di provocazione e di umorismo: «È stata così alfine espugnata la roccaforte del clericalismo preconciliare!». Perché la Lateranense – prima e durante il Vaticano II – è stata sede della più fiera resistenza al programma di aggiornamento della Chiesa voluto da Giovanni XXIII e promosso dall’assise conciliare. Anche se aveva conosciuto il magistero di personaggi come lo storico Pio Paschini, poi rettore dell’Ateneo, citato dalla Gaudium et spes a proposito dei suoi pionieristici studi sul caso Galilei; e di Pietro Pavan, che collaborò con Giovanni XXIII nell’estensione delle encicliche Mater et Magistra e Pacem in terris e fu tra i protagonisti dell’acceso dibattito che condusse, durante il Concilio, alla redazione di un testo chiave come la Dichiarazione Dignitatis humanae. Senza dire che, negli ultimi decenni, nell’ambito sia degli studi teologici sia di quelli del diritto canonico e civile, la Lateranense ha percorso strade innovative e promettenti.
Ebbene, Vincenzo Buonomo, attraverso la mediazione di mons. Agostino Ferrari Toniolo, si ricollega idealmente alla stagione di studi di diritto internazionale inaugurata da Pavan e ampiamente documentata nel successivo sviluppo della ricerca e degli studi prodotti al Laterano da allora sino ad oggi. Di segno laico perciò la svolta voluta, senz’altro con meditata ponderazione, da papa Francesco. Non solo nel senso di un riconoscimento sintomatico e orientativo della prassi ecclesiale nei confronti di chi proprio in quanto fedele laico, uomo o donna che sia, è abilitato dalle sue specifiche competenze ad assumere quei ruoli e quelle funzioni, nell’esercizio della missione della Chiesa, che per sé non sono legati al ministero ordinato. Com’è, appunto, nel caso di una docenza o di un’autorità a livello universitario, fosse pure in un ambito tradizionalmente appaltato ai chierici come quello dell’insegnamento della teologia o del governo di un’istituzione pontificia (come in questo caso).
Di segno laico è la scelta da papa Francesco anche in riferimento alla specifica esperienza e autorevolezza del nuovo rettore nel campo del diritto delle organizzazioni internazionali. Egli infatti, in parallelo con l’attività di docente e ricercatore, svolge ormai da decenni un’intensa e apprezzata collaborazione con la Rappresentanza della Santa Sede presso diverse organizzazioni e organismi delle Nazioni Unite, prendendo parte a numerose conferenze internazionali sui diritti umani, la pace, la democrazia.
Con questa nomina, dunque, papa Francesco invita con decisione le istituzioni accademiche ecclesiastiche a uscire coraggiosamente dal chiuso dei recinti tradizionali per affrontare il mare aperto delle sfide culturali e sociali dell’ora presente, sapendo discernere in esse le chances che veicolano e mettendo in gioco con parresia e sapienza la perenne eredità del Vangelo e del patrimonio d’intelligenza della realtà da esso scaturita lungo i secoli. In fondo, è proprio questo che papa Francesco ha auspicato con vigore e apertura di nuovi orizzonti nella recente Costituzione apostolica Veritatis gaudium sulle Università e Facoltà ecclesiastiche.
Non è un caso che in un articolo a sua firma, pubblicato proprio il giorno della sua nomina su L’Osservatore Romano nella ricorrenza del settantesimo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Buonomo abbia sottolineato che oggi «è necessario far crescere le competenze in modo sempre più specifico e interdisciplinare: ad esempio, il legame con il mondo della scienza e della ricerca». Nel cambiamento d’epoca che stiamo attraversando, anche il sistema degli studi ecclesiastici – cominciando da Roma – è chiamato a inaugurare una stagione di profondo rinnovamento. Inaugurando inedite sinergie, con spirito profetico e visione strategica.
Piero Coda è preside dell’Istituto Universitario Sophia di Incisa in Val d’Arno, dove è docente di Ontologia trinitaria. È membro del Centro Studi del Movimento dei Focolari, della Associazione Teologica Italiana (di cui è stato presidente dal 2003 al 2011) e della Pontificia accademia di teologia. Dal 2014 è stato chiamato da papa Francesco a far parte della Commissione teologica internazionale.