Sono passati quasi 20 anni dalla trilogia originale di Matrix (The Matrix 1999, Matrix Reloaded 2003, Matrix Revolutions 2003) e a gennaio 2022 abbiamo assistito al nuovo, quarto capitolo (Matrix Resurrections). Ci ricordiamo ancora il fascino della scelta, quando Morpheus recita la sua parte e propone a Neo:
«È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più».
Il tema della scelta
Che impressione, all’epoca, vedere Neo risvegliarsi dal sonno e scoprire che nella realtà le macchine hanno preso il controllo della terra, reso gli uomini schiavi e contenti nei loro pod, e che il mondo che aveva conosciuto fin da piccolo non era altro che una simulazione. La domanda che nasce allora è: meglio una vita dolce e finta, oppure la «cruda» realtà con l’esercizio della libertà?
Il tema della scelta è cruciale nella trilogia, e Neo diventa il campione, il «The One» profetizzato in maniera «inversa» dall’Oracolo e tanto sperato da Morpheus, o ancora (tentando un paragone con la teologia paolina) l’uomo nuovo che sfida l’Architetto e le stesse leggi di Matrix.
La logica delle macchine non afferra la peculiarità umana che si dedica all’altro anche quando questo significa sacrificarsi, fino a morire, per chi si ama. Nel dialogo l’Architetto, verso la fine del secondo capitolo, prevede l’illogicità umana e ne scoraggia l’adempimento attraverso un reboot di tutta Matrix, dagli effetti dicotomici: salvare l’amata o salvare il resto dell’umanità.
«Già intravedo la reazione a catena, precursori chimici che segnalano l’insorgenza di un’emozione disegnata per soffocare logica e ragione. Un’emozione che già ti acceca e ti nasconde la semplice ed ovvia verità: lei [Trinity] morirà e non c’è niente che tu possa fare per impedirlo».
Neo va oltre, affidandosi alla speranza, superando la logica binaria, salvando sia Trinity sia Zion. Persino i programmi residenti in Matrix che avranno nuova vita nel quarto capitolo.
Ma la tentazione è sempre alle porte, come ad esempio per Cypher, il traditore, che dopo anni di battaglie è stanco di combattere un nemico forte e irriducibile come Smith o le macchine in genere, e dunque ripudia la verità, preferendo il mondo delle menzogne in cui può godersi quei piccoli piaceri della vita ormai inesistenti nel mondo al di fuori di Matrix, come una buona cena o un buon sigaro (virtuali).
Protesta filosofica
Nel caso della figura di Smith rimane eloquente il dialogo nello scontro finale con Neo (in realtà un monologo filosofico sul significato dell’esistenza viste le pochissime risposte di Neo).
Smith (che non si appella mai al suo avversario se non con il vecchio nome da schiavo in Matrix, cioè Mr. Anderson), può benissimo essere ricordato non per gli effetti speciali (il potere della clonazione lo rende onnipresente in Matrix) ma per la profondità delle parole, che si interrogano e interpretano il senso del resistere di Neo, del suo sforzarsi nel credere in un futuro possibile, che non sia semplicemente destinato alla fine e al nulla.
Smith, oggettivamente e numericamente superiore rispetto alle forze di Neo, non si capacita che il suo avversario continui a mantenere la posizione e che non desista di fronte ad una nuova evidenza:
«Perché, signor Anderson? Perché, perché, perché? Perché lo fa? Perché? Perché si rialza? Perché continua a battersi? Pensa veramente di lottare per qualcosa? A parte la sua sopravvivenza? Sa dirmi di che si tratta, sempre che ne abbia coscienza? È la libertà o la verità? O magari la pace? Non mi dica che è l’amore! Illusioni, signor Anderson. Capricci della percezione. Temporanei costrutti del debole intelletto umano che cerca disperatamente di giustificare un’esistenza priva del minimo significato e scopo! Ogni costrutto è artificiale quanto Matrix stessa, anche se solo la mente umana poteva inventare un’illusione come l’amore. Ormai dovrebbe aver capito, signor Anderson. A quest’ora le sarà chiaro. Lei non vincerà. Combattere è inutile. Perché, signor Anderson, perché? Perché persiste?».
La prospettiva di Neo è staurologica e agapica, e la sua risposta è lapidaria e secca, come totale e profonda ne è la conseguenza: «Perché così ho scelto».
È chiarò che le affermazioni di Smith, un programma all’interno di Matrix che raggiunge il libero arbitrio grazie allo scontro con Neo, trascende la sceneggiatura stessa di Matrix, e diventa l’espressione universale della lotta cosmica per l’esistenza, o ancor di più, della «razionalissima protesta filosofica» che ogni ragione umana può addurre contro ogni dio sull’apparente non senso che il tutto sia destinato a finire. È chiaro pure che la lapidaria posizione che Neo assume, fa trasparire il nucleo irriducibile di differenza, rispetto a tutto il resto del creato, che l’umano possiede, cioè di perseguire ad ogni costo una risposta.
La fine del male
Neo, sul finire di questo terzo episodio, riporterà la vittoria su Smith e sul male in una maniera imprevista, e direi impopolare se paragonata a quanto accaduto alla fine del primo scontro. Qui Smith era stato letteralmente umiliato e schiacciato dai poteri dell’Eletto, capace di riconoscere i cloni cattivi tra i normali residenti, schivare le pallottole e perfino volare tra i palazzi.
Nell’epilogo della trilogia vi è l’opposto: Neo, con una pace assoluta, su consiglio dell’Oracolo che riappare per qualche attimo in modo sfuggente, si lascia, paradossalmente, invadere e infettare da Smith, tanto da assumerne le sembianze. Neo si concede a questa consegna al male tranquillo come chi regna sul suo trono (sono quasi tentato dal leggervi la sicurezza del Gesù giovanneo che va incontro alla morte come un re di fronte alla sua più grande impresa).
Smith, nella sua copia originale invece che cantar vittoria ed esultare, diventa inspiegabilmente titubante e le incertezze esistenziali precedentemente palesate cercano nuovamente risposte: così chiede al Neo/clone cosa stia succedendo. La risposta è disarmante: è in corso la fine, di tutti, sia di Neo ma anche di Smith e del male.
Deus, il portavoce delle macchine, che Neo aveva raggiunto e tramite il quale si era nuovamente collegato a Matrix, entra in contatto con la programmazione di Smith e di tutte le sue malevole copie. La «corporeità di Neo» è servita da cavallo di Troia perché Deus potesse definitivamente cancellare dal sistema di Matrix il male che lo aveva assediato, evitando così il pericoloso reboot minacciato dall’Architetto.
L’effetto scenico è suggestivo: un mondo composto di infinite repliche, vestite con occhiali e abiti neri, perennemente coperto dal grigiore dei palazzi e dalla malinconia della pioggia, finalmente si apre alla luce.
«È compiuto!»
Un passaggio, tra tutti gli altri a mio avviso degno di nota, e che non è stato debitamente preso in considerazione dalla critica in generale, è la sequenza che segue: la diffusione della luce dall’interno di Matrix verso l’esterno. La luce si propaga superando i leciti confini del virtuale, per espandersi anche nel mondo reale attraverso il corpo di Neo, che ora è letteralmente crocifisso e sospeso da terra, allo stesso tempo inchiodato dai cavi elettrici che gli hanno permesso l’ultima (e mortale) connessione, ma anche inondato dai fotoni! Fanno da suggello alle immagini le parole di Deus, che attraverso le sentinelle «mostra il suo volto» e dice: «È compiuto» (significativa la traduzione italiana che rende in maniera fedele l’inglese: «It’s done»).
Matrix conosce finalmente un tempo di pace. Grazie all’accordo tra Deus e Neo, gli uomini potranno liberamente scegliere se vivere all’aria aperta, nella città reale, oppure aderire alla matrice (restandovi liberamente e inconsapevolmente imprigionati come schiavi). Le macchine, dal canto loro, non dovranno più perseguitare e cacciare gli uomini trivellando come talpe sottoterra.
Neo muore conseguendo la pace per tutti, uomini e macchine; ma è finita veramente qui la sua avventura? Mancano gli avvenimenti del quarto capitolo. Tutto è possibile nella realtà virtuale. Ma anche in quella reale!