La mostra delle opere dei Musei Vaticani alla Città Proibita di Pechino, presentata il 28 maggio nella capitale cinese, sembra una versione orientale del ritorno del figliol prodigo, di cui parlava il cardinale Pietro Parolin nell’intervista a Paolo Rodari di Repubblica del 13 maggio.
La mostra restituirà al mondo il contesto autentico alle opere insieme cattoliche e cinesi del pittore cattolico cinese Wu Li (1632-1718) e del gesuita Giuseppe Castiglione (Lang Shining, 1688-1766), pittore di corte dell’impero Qing. Questi artisti, con il loro lavoro e la loro sensibilità, due-tre secoli fa avevano allacciato fili importantissimi tra Occidente e Oriente e avevano creato una prima sensibilità catto-cinese.
Nel loro lavoro c’era già il seme del lavoro della Chiesa e del governo cinese di oggi. La mostra, che resterà aperta fino al 14 luglio, porterà a Pechino dai Musei Vaticani Il Riposo durante la Fuga in Egitto (1570 – 1573) di Barocci e Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre (fine XVIII sec.) di Peter Wenzel.
Per la prima volta i cinesi potranno vedere direttamente cosa sia la sensibilità sacra della Chiesa e il profondo rispetto e amore che in questi secoli hanno guidato la Santa Sede verso la Cina, pur tra tanti alti e bassi. Del resto, come si dice a Pechino, bai wen bu yi jian 百闻不如一见 (vedere una volta è molto meglio che sentirne parlare cento volte).
Il cardinale Parolin diceva a Milano il 14 maggio «In tale orizzonte si colloca anche l’approccio di papa Francesco all’unità della famiglia umana […]. Per costruire compiutamente l’unità della famiglia umana occorrono più solidarietà, più misericordia e più fraternità».
Quindi la mostra è una espressione concreta di quello che il segretario di stato definiva: una «geopolitica della fraternità», incentrata sul rispetto delle identità e sul coraggio dell’alterità. Il papa invita così a evitare che nella Comunità internazionale insorgano nuove forme di “guerra fredda” ed esorta tutti a considerare il mondo intero come un bene comune, da condividere e conservare, affrontando insieme i problemi.
Inoltre i Musei Vaticani portando nella Città Proibita, cuore culturale e simbolico della Cina, ben settantasei opere tra arte popolare, arte buddhista e arte cattolica, dimostra l’amore che la Santa Sede ha conservato in questi secoli verso la Cina. Quella Cina che è passata attraverso tormenti senza fine, inflitti dalle potenze coloniali (che misero a ferro e fuoco il palazzo d’estate imperiale lo Yuan ming yuan 圆明园, costruito su disegno proprio di Castiglione; ma anche dai suoi sommovimenti politici interni, come il po si jiu 破四旧 (distruggere le quattro cose vecchie) che durante la Rivoluzione culturale maoista (1966-1976) incoraggiava a distruggere ogni opera antica.
Attraverso questa mostra vaticana quindi la Cina ritrova un pezzo di sé stessa e la Chiesa si riconnette con un passato.
Ciò non risolve con una formula magica i tantissimi problemi della Cina e della comunità cattolica cinese in Cina, ma fornisce aria nuova, elementi nuovi e antiche che possono aiutare a cambiare la chimica della comprensione reciproca.