«L’incendio della cattedrale Notre-Dame a Parigi ci ha fatto ri-comprendere l’importanza simbolica della cattedrale, non soltanto per la comunità cristiana e la città di Parigi, ma anche per tutto il paese e per il mondo intero» (cf. Settimananews: Notre-Dame; Notre-Dame: la reliquia dei postmoderni).
Sul valore simbolico e civile, oltre che storico e artistico delle chiese, torna una nota dei vescovi del Belgio del 28 luglio scorso, davanti alla spinta, anche delle comunità locali, per la dismissione delle chiese.
Il Belgio, accanto alla Gran Bretagna, all’Olanda, alla Germania e alla Francia, è uno dei paesi dove la questione dell’uso e della vendita degli edifici sacri si è posto già da diversi decenni. I vescovi, pur consapevoli che il patrimonio immobiliare delle chiese «non corrisponde più alla situazione reale della Chiesa nella nostra società», manifestano la necessità di calibrare, moderare e verificare le decisioni locali di «condividere» gli edifici, di «de-destinarli» (un istituto giuridico dell’area francofona in cui la proprietà statuale delle chiese richiede una decisione condivisa con l’amministrazione civile in ordine alla vendita) o di «dismetterli», mettendoli sul mercato immobiliare.
Un documento dei vescovi belgi
I vescovi sono sollecitati dalle autorità civili a elaborare un piano complessivo (chiese per il culto, per una gestione condivisa, per la de-destinazione) e dalle comunità locali non più in grado di gestire le numerose chiese di loro competenza. Una distretta che motiva l’insistenza dei vescovi sul valore non solo cultuale, ma anche simbolico e culturale degli edifici.
Per le decisioni relative non basta il livello locale e neppure la pur importante verifica sui bisogni pastorali. «È necessario porsi la questione su cosa si intende per pastorale e le sue esigenze. Il senso e l’avvenire dei nostri edifici religiosi sono legati a questioni che vanno oltre gli immediati bisogni pastorali. Non ci si può limitare ad un approccio caso per caso senza una visione d’insieme, senza uno sguardo più largo e senza un politica a lungo termine».
Se è vero che la principale funzione degli edifici è quella del culto in tutte le sue specificazioni, compresa la preghiera personale silenziosa e solitaria, è altrettanto vero che le chiese sono aperte a tutti e fanno parte del patrimonio culturale e storico della nostra gente. Oltre al loro valore artistico, gli edifici legano la memoria delle generazioni e il loro significato simbolico è più ampio del culto. Costituiscono qualcosa di più di un semplice reperto museale e sono destinati a un cerchio più largo della comunità dei credenti.
«Le chiese sono costruzioni differenti dalle altre. Ciò significa che la chiusura di una chiesa suscita sempre molte emozioni». «Quando un edificio di chiesa scompare o è sottratto al culto, il riferimento (simbolico) sparisce». Un edificio ecclesiale riconvertito o venduto non perde solo la sua funzione pastorale, ma anche il suo significato pubblico e simbolico. Non si tratta di conservare tutto a tutti i costi, ma dare prova di saggezza amministrativa, di responsabilità civile e di lealtà istituzionale.
In una lettera pastorale di Jean Kockerols, vescovo ausiliare di Bruxelles, del 2016, si suggeriva di distinguere fra le chiese di unità, cioè le chiese usate dalle unità pastorali e in cui si celebra regolarmente, dalle chiese di testimonianza, quelle più periferiche di uso meno sistematico (cf. Settimananews: Chiese vendute e comunità rinnovate).
L’attuale documento ricorda che anche le chiese di testimonianza vanno mantenute per altre celebrazioni e servizi e anche per il loro significato sociale. Ma tutto questo esige dalle comunità locali lo sforzo di lasciarle aperte e accessibili, anche solo per qualche ora al giorno, mettendo in opera gli accorgimenti (come una musica di sottofondo) per trasmettere il senso di accoglienza.
Fenomeno ridotto, preoccupazione comune
Negli ultimi 15 anni, nella regione di Bruxelles capitale, su 110 chiese una ventina sono state dismesse. In Francia delle oltre 40.000 chiese ne sono state dismesse 255 nell’arco di un secolo. In Germania su 24.000 chiese quelle demolite non sono più di 140 (cf. Settimananews: Chiese chiuse, vendute o demolite).
I numeri sono complessivamente ridotti ma il significato spirituale e l’intreccio delle chiese nel sistema simbolico delle nostre città europee giustifica una particolare attenzione e sapienza nel caso di dismissione o demolizione di un edificio sacro.
Sul tema si è svolto in Vaticano un importante convegno nel novembre del 2018 con un successivo documento del Pontificio consiglio della cultura (cf. Settimananews: Che fare della chiese dismesse?; Dismissione chiese: linee guida).
Nel suo discorso ai convegnisti papa Francesco ha detto: «I beni culturali sono finalizzati alle attività caritative svolte dalla comunità ecclesiale: non hanno un valore assoluto, ma, in caso di necessità, devono servire al maggior bene dell’essere umano e specialmente al servizio dei poveri». Nessuna sacralizzazione assoluta degli edifici, ma un processo oculato e ordinato per gestire la loro eventuale dismissione.
Nel documento allora approvato (La dismissione e il riuso ecclesiale di chiese. Linee guida) si sottolineano tutti gli spetti che entrano nella valutazione, anche quelli di carattere culturale e civile. Esso si chiude con undici raccomandazioni che si possono così sintetizzare:
- La cura del patrimonio grava su tutta la comunità.
- Preti e vescovi devono essere abilitati a trattare i beni ecclesiastici.
- Ogni ente ecclesiastico abbia un inventario dei propri beni mobili e immobili.
- Ogni decisione va collocata nella visione territoriale complessiva in accordo con le normative giuridiche.
- La decisione di cambiare la finalità degli edifici coinvolge tutti i soggetti ecclesiali implicati.
- Negli atti di alienazione si introducano clausole a difesa degli edifici sacri.
- È auspicabile che un edificio religioso, prima di essere venduto, passi ad altro rito compatibile con la sua originaria destinazione.
- Prima del riuso va scritta una storia dell’edificio.
- Conservare la leggibilità planimetrica dell’edificio.
- Gli arredi e le suppellettili devono avere una continuità d’uso.
- Gli arredi vanno rimossi prima del cambio di indirizzo.