Meditazione dell’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, in occasione dell’esposizione del quadro di Artemisia Gentileschi «L’adorazione dei Magi» in prestito al Museo Diocesano dalla diocesi di Pozzuoli.
L’intenso sguardo del sapiente d’oriente è l’immagine in cui si riassume la storia di una fede. C’è lo stupore affascinato dall’incontro con il bambino offerto dalla madre all’adorazione: nello stupore c’è la gioia, la commozione. Lo stupore è un tratto della semplicità, forse un’espressione di quel diventare come bambini che consente di entrare nel regno dei cieli.
In questo stupore c’è però qualche cosa di antico, qualche cosa di struggente, qualche cosa come un sospiro, una sete. L’intensità del desiderio è una forza che riassume una vita intera, una ricerca che ha convinto al lungo viaggio.
In questo desiderio c’è la docilità: non è soltanto un vuoto, non è soltanto un inquietudine. Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo (Mt 2,2). La docilità ai segni ha convinto al a venire: siamo venuti ad adorarlo. Questa docilità ha accettato di attraversare gioie e smarrimenti. In questo sguardo c’è anche un “finalmente!”.
Dopo tanto cercare, dopo momenti di luce e momenti di tenebra. Al vedere la stella , provarono una grandissima gioia (Mt 2,10). Forse si può leggere in questo sguardo tutto il libro di Giobbe: Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto (Gb 42,5).
Ci sono altri modi di guardare intorno al sapiente di oriente. Forse si possono raccontare le tentazioni dello sguardo. C’è lo sguardo incredulo e scettico che non si lascia convincere dall’incontro con il bambino, che ha molte obiezioni, che può vivere anche senza credere, che ha visto ma rimane perplesso. (Giunse intanto anche Simon Pietro ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là… Allora entrò anche l’altro discepolo… e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa: Gv 20,6ss).
C’è lo sguardo distratto che guarda tutto di fretta, sempre attratto da un altro spettacolo, sempre curioso e mai interessato, superficiale e sbrigativo, interessato più alla novità che alla verità, alla ricerca della stranezza da raccontare piuttosto che della luce per il cammino, dell’acqua per la sete.
C’è lo sguardo possessivo, che guarda per un desiderio di proprietà, mosso dall’avidità o dalla passione, che già commette adulterio.
Il sapiente di oriente incrocia lo sguardo di Gesù. L’insondabile e inesauribile mistero dello sguardo del Figlio di Dio che nei vangeli ha tanta parte. È lo sguardo che vede e chiama i pescatori di Galilea, il pubblicano Matteo (venite… vide un uomo seduto al banco delle imposte … ”seguimi!”)
È lo sguardo che vede e chiama a conversione e offre amicizia (Gesù alzò lo sguardo e disse: “Zaccheo …). È lo sguardo che vede e prova compassione: vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore (Mt 9,36).
Sapiente d’oriente, insegnaci lo sguardo credente, lo sguardo semplice, lo sguardo stupito che si commuove e gioisce.
Sapiente d’oriente, insegnaci lo sguardo vigile, docile ai segni che aprono orizzonti, che convincono a mettersi ancora in cammino.
Sapiente d’oriente, insegnaci il desiderio ardente che non misura la fatica, la sete che tormenta e cerca la sorgente per vivere, per trovare consolazione, per entrare nel “finalmente” della terra promessa.
Sapiente d’oriente, insegnaci a unificare la vita in uno sguardo, in un sospiro in un grazie: ora i miei occhi ti hanno veduto.