Le feste liturgiche risentono inevitabilmente dell’orizzonte in cui abita la nostra vita quotidiana. Rientrano – più o meno distintamente – nel cono di luce con il quale la nostra coscienza illumina la Parola, la storia della Chiesa, le vite dei Santi e ricorrenze varie. Tale luce è di variegati colori che rivelano sensazioni, emozioni, pensieri e vissuti del nostro presente.
Quest’anno, per me, la solennità di Pentecoste è stata illuminata da una ricca esperienza scolastica vissuta con gli alunni e le alunne del Liceo in cui insegno. In tempi non facili, in circa due anni – inframmezzati da lockdown e riprese – si è realizzata una mostra di libri d’artista (dal titolo : Luoghi di immagini e parole ) allestita presso il piccolo ma elegante museo di una cittadina alle porte di Milano.
La presenza di una curatrice e critica d’arte (Simona Bartolena) di un capace grafico (Armando Fettolini) e la buona intesa di alcuni colleghi hanno favorito una inaspettata riflessione e ricerca di opere che parlano un linguaggio a tratti misterioso ma sempre affascinante.
È stato l’incontro con parole in libertà – come già qualcuno ben disse – tra pagine di carta, stoffa, materiali vari sui quali un linguaggio solo apparentemente arcano rivela visioni e immagini nuove.
Gli incontri (per lo più avvenuti virtualmente) tra i giovani e gli artisti, i collezionisti, gli editori hanno favorito una scoperta unica.
Chi – nel biennio di preparazione dell’evento – ne ha colto la ricchezza non può non aver appreso il valore della parola scritta che, rarefatta come la poesia o evocativa come alcuni brani musicali, sa interrompere la chiacchiera e la confusione per favorire una comunicazione segnata da autenticità e apportatrice di verità.
Un’esperienza cenacolare, mi vien da scrivere, pensando al piccolo gruppo di ragazzi e ragazze che hanno aderito; alle loro stanze dove il buio degli schermi dei computer veniva acceso durante gli incontri on line, le interviste realizzate agli artisti ed editori, le lezioni o per la redazione di testi del catalogo, approntati anche dagli stessi alunni.
Eravamo in pochi anche in quell’ambiente che ha favorito il lancio dell’iniziativa: la visita a quello scrigno d’arte poco noto ai più che è l’Archivio del Libro d’artista di Milano, sito sulla riva del Naviglio Grande in un antico palazzo e curato da circa 40 anni da due collezionisti e navigati artisti, Fernanda Fedi e Gino Gini, coppia anche nella vita.
Ricordo che i ragazzi si muovevano a fatica in quello spazio un po’ troppo ristretto ma i loro occhi correvano su quei testi fantasiosamente scritti.
Le due pagine che paiono di pietra del libro di Walter Valentini parlano di un cuore di carne; le cancellature di Emilio Isgrò suggeriscono poche ma intense voci da ascoltare e incidere tra sé e sé.
Lingue diverse si ritrovavano tuttavia unite in un unico spirito artistico, quello di chi sa cercare il Bello laddove i più vedono solo materia grezza; di chi sa scommettere sulla comunicazione di verità anche se molti non sembrano coglierne senso e valore.
Uno spirito che sa far nuove cose vecchie (stoffe e fili come quelli di Maria Lai, fogli di cartone o di plastica sparsi e spiegazzati) e sa dar luce.
Le lingue di fuoco possono avere forme molteplici; anche quelle di “germogli o libri in cui sono deposti i semi dei sorrisi che nel buio fioriscono” (Emily Dickinson).
Ed è facile cogliere un buon vento che sa far volare le anime.
- La mostra sarà aperta al pubblico fino al 13 giugno (per informazioni, qui).