La rimozione è quel processo inconscio che ci consente di escludere dalla coscienza qualcosa d’indesiderabile e insopportabile perla stima di noi stessi o in contrasto col nostro modo di vedere le cose e dare un senso alla vita; per questo possiamo rimuovere anche il bene o quel positivo che non riconosciamo come tale.
È un meccanismo di difesa che, come tutte le strategie autodifensive, funziona solo a metà. Ovvero il rimosso – mai del tutto soppresso – riappare o ritorna, ma in forma non sempre chiara e che va comunque decifrata.
La rimozione del negazionista
Esiste anche una rimozione collettiva ove il fenomeno è tutt’altro che inconscio o invisibile; semmai, in tal caso, ciò che è oscuro è il motivo vero per cui si rimuove. Ed è forse quel che sta succedendo oggi con il Covid-19, rimosso-negato da alcuni: i negazionisti. Negano l’evidenza, vien da dire, ma negano soprattutto la paura di fronte a qualcosa che sentono illogico e ingiusto, che mette in crisi il loro sistema di comprensione del reale, forse addirittura la loro fede, e preferiscono concludere che il problema non esiste.
Nessuno di fatto è così spaventato da questa pandemia come i negazionisti, disperati dentro di sé e aggressivi all’esterno verso chi creerebbe panico e paure immaginarie, ma forse sono proprio loro i più colpiti psicologicamente e i più deboli in questa situazione.
Tutti un po’ negazionisti
In realtà la cosa ci riguarda tutti, tutti abbiamo rimosso qualcosa (o qualcuno). Ci stiamo rendendo conto, ad es., che abbiamo rimosso l’idea del nostro limite e fragilità, del nostro non sapere e non potere, l’idea che lo star bene individuale è legato allo star bene dell’altro, ma pure della terra, dell’aria, dell’acqua, delle piante…, perché questo mondo sia un giardino, casa di tutti.
Ma abbiamo pure pensato di poter vivere anche senza tormentarci ad affrontare le questioni fondamentali del perché della vita e della morte, del senso della sofferenza e della capacità di sopportarla, della gioia per la quale l’uomo è fatto, della sua sete d’infinito e di bellezza, della sua libertà che va sempre coniugata con la responsabilità…; non ci siamo preoccupati di capire cosa nasconda il bisogno di prossimità e di tenerezza, d’un bacio e d’una carezza, di una relazione verace e trasparente e, al tempo stesso, di silenzio e solitudine, di fermarsi per habitare secum, senza protesi e connessioni…; così come abbiamo miseramente banalizzato una delle realtà umane più belle e sacre, la sessualità e il suo mistero, e non abbiamo mai imparato a scoprire quanto abbiamo in cuore, attenti a quanto può infettarlo contagiando i rapporti…
Forse con una parola sola, piccola eppur grande, si potrebbe dire che abbiamo rimosso Dio, non credenti e credenti, o il mistero.
Ma perché questo?
Tra paura e pretesa
Da un lato, abbiamo avuto la pretesa di saper già tutto, tutto quanto ci serve per vivere; dall’altro, e più profondamente, abbiamo avuto paura di pensare e ripensare tutto ciò, di confrontarci su questi temi, per arrivare ognuno a fare una scelta di campo, libera e responsabile.
O ci siamo accontentati di copiare dal vicino, di ereditare da altri una tradizione, magari religiosa, divenendone osservanti o devoti, ma senza aprirci al mistero o cercando poi altrove, di fatto, le ragioni per vivere e per morire. È possibile aderire a una Chiesa, infatti, e non divenire mai credenti; o annunciare un Dio onnipotente, ma senza imparare a fidarsi di lui.
Questa pandemia, e il modo di viverla, ci sta facendo capire quanta allegra e stolta rimozione, più o meno di gruppo, vi sia nella nostra vita e pure nella nostra fede.
Il ritorno del rimosso
Come abbiamo detto, il rimosso torna, e sta tornando in questi tempi e in molte forme, più o meno evidenti, come domande, attese, inquietudini, nostalgie, riscoperta di qualcosa che sembrava scontato o al contrario eliminato per sempre, esigenze mai prim’avvertite, bisogno nuovo di rapporti, ricerca di un fondamento sicuro, capace di dar senso a tutto, persino un certo rimorso indica il ritorno del rimosso… Ed è già un modo diverso di guardare a questi tempi, scoprendovi addirittura un senso positivo e provvidenziale.
Poiché così siamo ricondotti a noi stessi, magari un po’ bruscamente, per non continuare a mentirci e farci del male, ignorando le domande che contano. Non si tratta di attender l’uomo al varco dei suoi fallimenti ed errori, magari per rinfacciarglieli. Bensì di accettare con realismo quel dato che s’impone sempre più con evidenza a chi è intelligente, abbia o no il dono della fede: la vita è mistero. E se non possiamo sapere e capire tutto d’essa, sarebbe insensato per questo scartare quanto non comprendiamo rimuovendo così il bello della vita. Quante cose abbiamo capito solo più tardi e più avanti nella vita!
Ma soprattutto decidiamo di restare di fronte al mistero, perché il mistero è buono e amico, vuole svelarsi, mi manda messaggi… e, se non lo capisco subito, è perché in esso c’è troppa luce, persino abbagliante, di fronte alla quale è normale difendersi chiudendo gli occhi. Ma piano piano vi possiamo entrare, o adattare la nostra vista a quella luce (i credenti chiamano tutto ciò “preghiera”).
E allora lentamente tutto s’illuminerà.
Anche la notte che stiamo ora vivendo!
Esiste anche un rimosso che ha reso e rende doloroso il vivere. Tenerne conto significa avvicinarsi in punta di piedi alla sofferenza interiore.
Il giudizio semplifica, il cercare di capire umanizza e facilita relazioni gratificanti.
“Il rimosso”, da tempo patrimonio culturale condiviso, inoltre condiziona e rende non semplici le scelte.
Utili le domande presenti nella riflessione. Purtroppo però “rimuove” altre domande che dovrebbero venire prima e che “Il caso McCarrick” viene a sollecitare.
Com’è stato possibile arrivare a questi livelli?
Preparare e accompagnare a scelte che costituiscono coerenza con l’essere sé stessi e con i compiti complessi che uno si impegna ad assumere non è semplice. Si deve tener conto del profondo (rimosso compreso) di chi si dichiara disposto.
Quante le vittime create da educatori talmente santi da dimenticare di essere umani.
Condivisibili quindi le riflessioni proposte, ma con il rischio di essere fuorvianti se non si tiene conto dei tanti aspetti del rimosso.