Emblematico il titolo che la rivista spagnola Vida Nueva (n. 3.020) ha dato a un dossier sui giovani spagnoli: Una generazione con più cuore che anima. I dati sono inquietanti. Dicono che la religione per i giovani spagnoli non è una priorità.
Secondo il sociologo Juan Antonio Gonzales-Anleo, il distacco tra i giovani e la Chiesa non ha precedenti nelle epoche passate. È segnato dall’indifferenza, ciò che fa presagire il panorama peggiore.
L’indifferenza
La generazione degli anni ’80 aveva un certo odio nei confronti della Chiesa, però era un atteggiamento più positivo, perché, dove c’è odio, c’è anche un certo legame nei confronti di chi è odiato. L’indifferenza, invece, dice che non c’è legame. È quello che avviene oggi. Mentre negli anni ’80 ci si confrontava con la Chiesa, oggi i giovani le girano le spalle. La Chiesa non li interpella e non li interessa. E questo è più mortifero.
Osserva ancora il noto sociologo, docente presso il Centro Universitario Salesiano don Bosco e all’ESIC (scuola di marketing), che i suoi alunni escono dall’indifferenza e manifestano un certo odio quando vengono affrontati determinati problemi, ad esempio, la maniera con cui la Chiesa si comporta con i gay. Per il resto, l’indifferenza è totale. Solo quando si tira in campo papa Francesco emerge un certo interesse.
Già nelle inchieste del 2003 la Chiesa spagnola veniva collocata al diciassettesimo posto. Oggi – osserva il sociologo – la Chiesa si rende conto che il punto di contatto con i giovani sono la Caritas, le istituzioni, le associazioni, i gruppi caritativi e i missionari.
Le tre “secolarizzazioni”
Anche un altro noto sociologo, Alfonso Pérez Agote, si domanda perché tra i giovani e la Chiesa il distacco sia così vistoso. Osserva che vi sono state tre ondate di secolarizzazione in Spagna.
La prima, segnata dall’anticlericalismo, avvenne tra la fine del XIX secolo e la Guerra civile.
La seconda, tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’80, fece sì che la società spagnola smettesse di essere religiosa, continuando però la radice religiosa a sussistere come fatto culturale.
La terza è quella che si sta vivendo adesso con i giovani del nuovo secolo, dove questa radice è già andata perduta, a tal punto che la dimensione religiosa è quasi irrilevante.
Per il sociologo, per molti anni docente presso l’Università Complutense di Madrid, questo processo non ha niente a che vedere con l’ideologia. I giovani di oggi sono i figli di coloro che, nella seconda ondata di secolarizzazione, per mancanza di interesse e di pratica religiosa, permisero che molte verità religiose potessero non essere credute o interessare. Non è che provenissero da una sinistra militante contro la fede, semplicemente caddero nell’indifferenza. Oggi, i loro figli sono completamente sradicati, senza che di per sé ci sia stata una rottura.
Il sociologo parla di «ex cultura» riguardo al cambio generazionale: viene meno la radice religiosa in istituzioni tradizionalmente chiave, come la famiglia, il senso del lavoro, la rappresentazione della morte, considerata come qualcosa che appartiene alla natura, di logico, di ciclico, di inevitabile.
Alla domanda: potresti essere felice senza avere credenze religiose? Sì per l’80%, no per il 10%. Hai fiducia nelle organizzazioni religiose? Per niente il 62%, poco il 24%, sì il 4%. Che pensi degli atteggiamenti di una coppia gay per strada? Non mi disturbano per l’89%, sì per l’11%.
Non v’è dubbio che la situazione dei giovani preoccupi molto la gerarchia spagnola, alla quale si rimprovera di non avere preso in seria considerazione il fenomeno. Dice Raul Tinajero, responsabile della gioventù della Conferenza episcopale, che, in vista del sinodo, il dialogo tra i giovani che credono e quelli che non credono è diventato una “missione”.