«Chi sei tu Lenny?», domanda il padre confessore. «Sono una contraddizione: come Dio, uno e trino, come la Madonna vergine e madre, come l’uomo buono e cattivo». Basterebbe questo scambio di battute per descrivere Lenny Belardo, il Papa immaginario interpretato da Jude Law in The Young Pope, serie di dieci episodi firmata dal regista premio oscar Paolo Sorrentino, in onda su Sky Atlantic dallo scorso 21 ottobre.
Un progetto molto atteso
The Young Pope narra le vicende di Lenny Belardo, un giovane cardinale americano di 47 anni eletto papa sotto la spinta del Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Angelo Voiello (Silvio Orlando), che ha visto in Lenny un uomo facilmente manovrabile. Salito al soglio pontificio con il nome di Pio XIII, Lenny si dimostra tuttavia un uomo controverso e poco incline a farsi comandare. Il papa di Sorrentino è intransigente, irritabile, vendicativo e con una memoria prodigiosa.
The Young Pope era un progetto molto atteso e ha riscosso un grande consenso da parte della critica fin dalla sua presentazione in anteprima al Festival del Cinema di Venezia 2016. Si tratta di una produzione prestigiosa che vede congiunti gli sforzi di colossi dell’intrattenimento via cavo come Sky, HBO e Canal+.
L’esordio di The Young Pope è stato il miglior debutto di sempre su Sky, ripetendo il successo di serie cult come Game Of Thrones e True Detective. Le recensioni dei primi episodi hanno parlato, da una parte, di una «rivoluzione copernicana nell’ambito delle serie TV», mentre, dall’altra – sopratutto sul versante dell’informazione cattolica –, lo show è stato giudicato «irritante e a tratti blasfemo». A ben vedere The Young Pope non è né l’una né l’altra cosa. Nell’ambito della serialità televisiva, infatti, sopratutto made in USA, molte delle attuali serie TV non hanno ormai nulla da invidiare ai film per il grande schermo. Si pensi soltanto a una serie come The Knick del regista premio oscar Steven Soderbergh. D’altra parte, in The Young Pope la critica alla Chiesa e al suo sistema di governo risultano un elemento marginale, pur essendo in ogni caso presenti.
Che cos’è The Young Pope?
La serie è in primo luogo un ambizioso progetto commerciale. Non a caso è stata prodotta da reti come HBO che, nonostante l’altissima qualità delle sue produzioni, negli ultimi anni ha registrato cali notevoli di audience. Da questo punto di vista The Young Pope ha raggiunto il suo scopo. La serie, infatti, è stata venduta prima ancora del suo debutto in oltre 80 paesi.
Dal punto di vista tematico, invece, bisogna chiarire che la serie di Sorrentino non è una fiction religiosa e non ha particolari ambizioni teologiche. Essa intende piuttosto riflettere sul potere e in particolare sulla sua visibilità, e per un cineasta attento alla forma come Sorrentino non poteva esserci soggetto più stimolante della Chiesa, del suo governo e della figura del papa.
The Young Pope mette in scena la sfida della rappresentazione dell’invisibile. Pio XIII è l’incarnazione di questa contraddizione, un uomo che preferisce ai rapporti amichevoli quelli formali perché dove ci sono questi «ci sono riti e dove ci sono riti regna l’ordine terreno». Rivelatore in questo senso è il dialogo tra il papa e Sofia Dubois, responsabile del marketing e della comunicazione del Vaticano. La donna tenta di spiegare al papa la sua strategia per impiegare la sua immagine su diversi oggetti di merchandising. Papa Belardo la interrompe seccamente spiegandole che lui non ha immagine e che tutta la sua vita è stata spesa nel tentativo di rendersi invisibile: «Io non sono nessuno, solo Cristo esiste».
Del potere e del suo fascino
Come alcuni importanti artisti del XX secolo Pio XIII non vuole farsi vedere, non intende farsi fotografare. Solo l’opera artistica, che in questo caso è la Chiesa, deve prevalere. Da qui l’idea di proferire il suo primo discorso alla piazza di San Pietro con delle luci che ne lascino intravedere soltanto la silhouette oscurandone il volto. La scena è molto efficace e chiarisce il progetto estetico-filosofico di Sorrentino, che nella figura di Papa Belardo cerca una coincidentia oppositorum tra bianco e nero, interno e esterno, visibile e invisibile. In questo senso The Young Pope è avaro di spiritualità ma lucidissimo e spietato nella sua riflessone sulla rappresentabilità e la credibilità del potere, nelle sue diverse incarnazioni storiche.
Non sembra quindi azzardato sostenere che The Young Pope continui il progetto estetico-critico iniziato con il film La grande bellezza. La serie di Sorrentino potrebbe essere a tutti gli effetti uno spin-off, un tassello dello stesso universo narrativo sul potere, la sua vanità e sull’impossibilità, per gli uomini, di farne a meno.