L’attesa per l’uscita del libro «Sodoma» di F. Martel si è fatta oramai spasmodica. A essa corrispondente una sconcertante uniformità dell’informazione che l’accompagna. Tutti dicono più o meno la stessa cosa: da New York a Roma, passando per Madrid. La stampa italiana, divisa in tutto e su tutto, non è mai stata così concorde come in questo caso nel dire il medesimo.
Non che tutto questo sia frutto del caso. L’orchestrazione di una rigida centralizzazione della comunicazione è il presupposto di questa omogeneità, transcontinentale e bipartisan, delle riprese stampa. In attesa che qualcuno il libro lo legga per davvero.
Lo sappiamo, così si fa lievitare l’attesa (con ben mirate «fughe» di informazioni) per garantire l’esaurimento del volume prima ancora della sua uscita in libreria. Qui si gioca la vera partita, svendendo frammenti di testo all’ansia globale dell’anticipazione – poi si continuerà a parlare di essi anche quando si potrebbe leggere il contenuto del libro stesso.
Un disciplinamento commerciale della comunicazione intransigente e rigoroso. Roba che neanche il vecchio Partito Comunista sarebbe riuscito a mettere in campo. Per non parlare dell’arrancante Chiesa cattolica. Una gerarchizzazione dei passaggi così rigida da ridurre le case editrici, che di fatto il volume lo pubblicano, a meri stampatori e distributori locali.
Non tenere in mano nulla per poter fare poi filotto alla cassa; non è bello, ma si sa che i tempi sono duri per tutti. Di più non possiamo dire, per ora. Se non augurarci che il libro sia scritto come un romanzo vista la sua mole.