Ci sono percorsi poco conosciuti della filosofia del XX secolo che sono come perle preziose che attendono solo di essere dissepolte dai campi del sapere per impreziosire questo nostro tempo così povero di pensiero degno di questo nome.
Uno di questi è sicuramente quello disegnato dall’opera di Wilhelm Schapp, che fu uno dei più brillanti allievi di Husserl – tanto che la sua tesi di dottorato veniva letta come introduzione a quella complessa opera del maestro che sono le Logische Untersuchungen.
Ma come capita dei discepoli brillanti, essi sono poi capaci di mettere mano a un originale percorso filosofico che sa anche congedarsi dalle indicazioni del maestro. Questo solo uno degli elementi emersi nel corso del convegno “Geschichten (er)finden und erzählen. Geschichtsphilosophie von Wilhelm Schapp und biblische Hermeneutiken” – organizzato dall’Istituto di teologia cattolica della Europa-Universität di Flensburg (Germania).
Nella cordiale e amicale cornice preparata dai due docenti dell’Istituto, Florian Bruckmann e Markus Pohlmeyer, coadiuvati dagli studenti afferenti, il convegno ha preso le mosse con una relazione di Daniele Nucilli (Varsavia) che ha permesso di cogliere lo sviluppo interno all’opera complessiva di Schapp. Mettendo anche in risalto i molti transiti interdisciplinari che la rendono intrigante – dal diritto all’antropologia, dalla letteratura alla linguistica, con ricadute di carattere sociale e politico che sono di tutto valore anche per la nostra cultura europea contemporanea.
Su questa base si sono innestati, poi, quegli allargamenti interdisciplinari a cui indubbiamente invita la “filosofia delle storie” di Schapp: Kai Mertens (Flensburg) ha raccolto la sfida di impostare le coordinate di una antropologia ermeneutica interculturale, da un lato, ed Elin Fredstedt (Flensburg) ha introdotto i partecipanti al convegno negli aspetti linguistici di rilievo che si possono trovare nel volume di Schapp Philosophie der Geschichten.
Nella sezione pomeridiana si è scesi, per usare un lemma di Illich, nella vigna del testo: la strategia retorica di Luca negli Atti degli Apostoli (Marcello Neri, Modena) e l’ironia in due passi del vangelo di Marco e Giovanni (Kurt Appel, Vienna). Il viaggio attraverso l’opera di Schapp non poteva concludersi che con un ulteriore viaggio: Jörn Backmann (Flensburg) si è messo sulle tracce di narrative medioevali indagandone una corretta interpretazione – secondo il testo e non secondo una proiezione dei nostri parametri all’interno di esso.
La qualità delle relazioni, l’ampiezza del dibattito che è seguito a ciascuna di esse, quell’atmosfera di convivialità coltivata come stile dagli organizzatori, mostrano che anche piccoli luoghi teologici, come è quello di un Istituto di teologia cattolica immerso (o, forse, disperso) nel profondo nord della Germania, sono a loro volta perle preziose di una teologia europea che vuole pensare la fede e non semplicemente apparire in un contesto universitario che bada sempre più ai numeri, agli effetti speciali, anziché alla qualità delle pratiche di pensiero.
Col senno di poi, una volta introdotti nell’itinerario filosofico di Schapp, si potrebbe dire che quello che ancora manca è una doverosa ricezione teologica dei molti spunti che la sua opera può offrire anche alla ragione della fede – in particolare, la possibilità di mettere finalmente mano a una visione della tradizione cattolica come storia coinvolta nelle storie che l’hanno generata.