“Mancano preti per i funerali, la curia si affiderà ai laici?”. Così titolava il quotidiano Alto Adige il 9 giugno del 2013. Non era una forzatura giornalistica. Il vescovo di Bolzano-Bressanone Ivo Muser, infatti, aveva parlato a Pentecoste di una possibilità concreta che ad officiare le esequie fossero non solo i preti e i diaconi ma anche uomini e donne debitamente preparati. La vicina Austria da tempo ha adottato questa modalità.
Un compito di tutta la comunità
La scarsità di clero della diocesi altoatesina suggerisce che anche altri si facciano carico di questo impegno pastorale. Don Mario Gretter, parroco della parrocchia del Duomo di Bolzano, ricordava come in alcune parrocchie si arrivi a celebrare anche 120 funerali all’anno. Funerale – diceva – non è soltanto il rito delle esequie, ma comporta anche la preparazione, la vicinanza alla famiglia, l’aiuto all’elaborazione del lutto. Tutto questo non tocca solo al prete «ma è un compito di tutta la comunità dei cristiani».
Ma il funerale presieduto da un laico, che prevede solo la liturgia della Parola, non potrebbe configurarsi, agli occhi dei fedeli, come un funerale di “seconda classe”? «Effettivamente c’è questo timore» rispondeva padre Ewald Volgger, professore di liturgia. La gente non capirebbe, ad esempio, perché in alcuni funerali siano presenti più sacerdoti, mentre in altre circostanze solo un laico.
È anche vero che, alla data del 9 giugno 2013, nessun funerale era stato ancora affidato ad un laico. «Non appena riscontreremo una carenza reale – diceva allora l’attuale vicario generale della diocesi – inizieremo anche con la formazione e, a seguire, saranno attribuiti dal vescovo i nuovi incarichi».
Sul tema scarsità dei preti ritornava il quotidiano Alto Adige il 29 marzo di quest’anno. Il titolo era “Mancano i preti, la curia riparte dai laici” e il sommario recitava “Entro vent’anni i sacerdoti scenderanno da 177 a 50. Ai laici – oltre ai funerali – saranno affidati battesimi e matrimoni”.
A illustrare la preoccupante situazione Reinhard Demetz, direttore dell’Ufficio pastorale della diocesi: solo 3 sono i seminaristi in tutta la diocesi (due altoatesini e uno dell’Est Europa), le unità pastorali passeranno da 71 a 32, i preti vivono un sovraccarico pastorale (la stragrande maggioranza guida più parrocchie)… È inevitabile che «la responsabilità operativa delle parrocchie passi gradualmente ai laici».
Si parte con i corsi
Quello che nel 2013 era stato un annuncio è ad un passo dalla realizzazione. Sul settimanale diocesano Il Segno del 17 novembre scorso è apparsa la notizia che venerdì 1° dicembre si terrà presso lo Studio teologico di Bressanone un incontro informativo per le guide delle liturgie funebri cui sono invitati i laici e i parroci interessati all’iniziativa. Se si raggiungerà il numero di 25 partecipanti, prenderà il via il corso che prevede 16 giorni di formazione distribuiti nell’arco di alcune settimane. Per ora partirà il corso in lingua tedesca, mentre il corso in lingua italiana verrà avviato il 13 gennaio 2018.
Il vescovo Muser ne ha parlato alla due giorni di aggiornamento del clero lo scorso settembre. La proposta non è stata calata dall’alto, ma – ci informa Reinhard Demetz – è partita dai decani, denunciando la crescente fatica dei preti «nel celebrare un numero sempre più alto di funerali, di fronte ad un altrettanto esiguo numero di sacerdoti». E i funerali – annota Stefan Huber, referente diocesano per il settore liturgia – per definizione «non sono programmabili».
I laici che guideranno le liturgie funebri non frequenteranno il corso di loro iniziativa. Essi dovranno essere segnalati dai parroci e inviati dalle loro comunità parrocchiali. E non saranno soli, perché il corso prevede anche la partecipazione attiva dei parroci e, come momento formativo, anche dei diaconi permanenti (che già possono celebrare i funerali).
La selezione dei candidati sarà severa – puntualizza Reinhard Demetz –, perché «si tratta di un ambito pastorale molto importante e molto delicato… un compito che deve essere assunto con grande responsabilità e consapevolezza». Questo l’identikit dei candidati per il corso in lingua italiana: età minima 25 anni, esperienza in campo liturgico, vita di fede, capacità di lavorare in rete, capacità comunicativa, salute psichica e maturità affettiva e, naturalmente, nessun impedimento canonico.
Niente è scontato. Lo dichiara Demetz: «Si tratta di un corso che va in avanscoperta; ora vediamo quale è la richiesta e il bisogno effettivo che si ha sul territorio».
Ma intanto premesse, condizioni e programma sono stati messi a punto.
Anche qui da noi, in Mozambico, sono chiari i motivi
per cui i laici presiedono le esequie: è “la normalitá”.
Mi fa però un po’ sorridere quell’accentuazione, giusta nella sostanza ma esagerata nei toni, che lascia intravvedere, sui criteri di preparazione richiesti a quelle persone che dovranno presiedere alla liturgia dei defunti. Mi fa sorridere pensando a quanti dei nostri sacerdoti dovrebbero rifare un corso di preparazione con questi criteri.
E aggiungendo anche un’altra qualità fondamentale: una grande semplicita veramente umana!
«La selezione dei candidati sarà severa – puntualizza Reinhard Demetz –, perché «si tratta di un ambito pastorale molto importante e molto delicato… un compito che deve essere assunto con grande responsabilità e consapevolezza». Questo l’identikit dei candidati per il corso in lingua italiana: età minima 25 anni, esperienza in campo liturgico, vita di fede, capacità di lavorare in rete, capacità comunicativa, salute psichica e maturità affettiva e, naturalmente, nessun impedimento canonico…
Mi fa pensare a tre cose.
1 In Italia, e non solo, si arriva sempre in ritardo, invece di prevenire, così le cose diventano straordinarie o fuori da quello che è un normale contesto umano.
2. Penso che anche in Italia tanti ministri straordinari dell’eucarestia, oltre ai diaconi permanenti, farebbero questo servizio liturgico con tanta competenza… umana e con semplicità.
3. Ripeto e domando: a quanti nostri preti si dovrebbero richiedere gli stessi criteri?… Ma forse esagero per qualche brutto ricordo…
Qui in Mozambico, e non solo, i ministeri (incaricati della liturgia, della Parola, dei battesimi e di altri sacramenti, catechisti ecc.) sono nati sì per la scarsità di sacerdoti, ma in parallelo all’annuncio del Vangelo, non dopo, quando si è creato il vuoto. Questa è la differenza fondamentale.
Ho fatto poi un’altra scoperta, scoperta almeno per me che sono arrivato dopo in terra mozambicana.
Mi è capitato di fare qualche celebrazione comunitaria della penitenza, prevista nei casi in cui il missionario si trova davanti ad un numero grande di penitenti o in casi eccezionali.
Ho trovato, due mesi fa, degli opuscoletti, in lingua locale, di celebrazioni penitenziali fatte periodicamente nelle comunità cristiane, in occasione delle grandi solennità, presiedute dagli incaricati della liturgia, Era il tempo della guerra, quando i padri non poterono visitare le comunità cristiane per qualche anno.
Ovviamente non si riceveva l’assoluzione come dal sacerdote, ma i fedeli ricevevano il perdono e potevano poi ricevere l’eucarestia. Naturalmente chi aveva colpe molto gravi (qui scandalizzerò molti moralisti, lasciando a loro spiegare cosa vuol dire “molto gravi”), se aveva poi l’occasione (molto difficile) di incontrare il missionario, aveva l’impegno di confessarsi personalmente…
Questo accade in terra di missione.