Leggere i cinque ambiti del convegno ecclesiale di Verona (vita affettiva, fragilità umana, tradizione, lavoro e festa, cittadinanza) con i cinque verbi del convegno ecclesiale di Firenze (uscire, annunciare, educare, abitare, trasfigurare): queste le linee pastorali proposte per i prossimi cinque anni alla Chiesa di Cesena-Sarsina dal vescovo Douglas Regattieri.
Su queste linee, dal titolo Noi abbiamo un tesoro in vasi di creta – Educare alla fede nella fragilità, dovranno impegnarsi con stile sinodale le comunità locali, rispondendo ad un questionario e offrendo pareri, osservazioni e suggerimenti sui vari ambiti della vita diocesana.
La fragilità dell’esistenza di tutti
Per il 2016-2017 la diocesi approfondirà il tema della fragilità, che «è dimensione umana e trasversale, perché tocca ogni ambito dell’esistenza e tutti gli uomini». Gesù – il mondo della fragilità – lo «illumina e trasfigura con la sua parola e soprattutto con il suo passaggio e i suoi gesti».
Oggi la cultura esalta l’efficienza fisica e una libertà svincolata da ogni limite, mentre la sofferenza fisica, la precarietà lavorativa, i limiti relazionali, le molteplici forme di povertà ci costringono a riconoscere le nostre fragilità. Senza dimenticare quella forma radicale di fragilità umana che è il peccato.
Il documento del vescovo suggerisce di mettersi in ascolto («dobbiamo perdere tempo a stare con i fratelli e le sorelle che soffrono, che vivono particolari fragilità fisiche, relazionali e morali») e poi rivolgere la parola, «con grande discrezione e rispetto delle persone». Scrive mons. Douglas: «Le nostre parole, se discrete e rispettose, porteranno i buoni frutti della consolazione, della vicinanza e della condivisione; diversamente rischieranno di distruggere», perché «una parola detta con arroganza, con superiorità, con superbia deprime e avvilisce».
Un appello specifico è rivolto ai laici la cui presenza, spesso silenziosa, accanto ai fratelli che soffrono o anche, semplicemente, ai colleghi di lavoro, «è un modo bellissimo per vivere la missionarietà propria di ogni credente».
Genitori, educatori e comunità cristiane vanno capiti e sostenuti in un’opera educativa non facile, in un’epoca in cui – si legge nel documento In Gesù Cristo il nuovo umanesimo – «tutto si riduce all’arbitrio e alle contingenze».
Gli ambiti dell’uscire e abitare
Cinque sono gli ambiti verso i quali la Chiesa di Cesena-Sarsina intende “uscire e abitare”:
- i giovani: «uscire verso i giovani, stare con loro, dedicare loro il proprio tempo, condividere le loro fragilità, accompagnarli con stima, simpatia e affetto rimane la chiave di volta dell’azione pastorale». Perciò «le comunità parrocchiali, più che tentare di trattenerli in un disperato impegno di serrare le file, dovrebbero spendersi di più nel ripensarsi come comunità aperte e in uscita e ad avventurarsi per nuovi percorsi di annuncio»;
- la gente, raggiungendola là dove essa vive. Lo strumento indicato dal vescovo sono le “missioni popolari”;
- la famiglia, incentivando proposte e iniziative, come i Centri di ascolto della Parola nelle famiglie, la benedizione annuale, gli incontri di catechesi per i genitori che accompagnano l’iniziazione cristiana dei figli, gli incontri di preparazione al matrimonio, i gruppi-famiglia parrocchiali, la pastorale per separati, divorziati risposati, famiglie ferite…;
- gli ammalati, gli anziani, i portatori di handicap. Sono le categorie fragili per eccellenza. Il vescovo chiede particolarmente ai parroci e ai ministri straordinari dell’eucaristia una presenza «più frequente, più intensa e più continuativa», andando a visitare queste persone nelle case, nelle cliniche e negli ospedali;
- gli stranieri, i quali mettono alla prova «la nostra autentica disponibilità» all’accoglienza, passando da progetti puramente assistenziali a progetti di inclusione e di integrazione sociale e comunitaria.
Una paginetta del testo è dedicata anche alla fragilità della dimensione religiosa. La religiosità diventa fragile «quando è vissuta come fatto privato, emozionale e totalmente sganciato dalla comunità». È quella fede «“fai da te” che alimenta in modo preoccupante il sorgere di gruppi di preghiera senza alcun riferimento ecclesiale…, che si consegna spesso all’inventiva fantasiosa di sedicenti veggenti o guaritori del momento». Il rimedio proposto dal vescovo è «un’autentica preghiera ecclesiale che ha nella liturgia la sua espressione più vera».
Queste linee pastorali, lineari e concrete, hanno il pregio di recuperare e di tradurre nella realtà diocesana i temi dei due ultimi convegni ecclesiali nazionali.