È la diffusione della cremazione a indurre l’arcivescovo di Napoli, il card. Crescenzio Sepe, a diffondere una nota per guidare i fedeli «nella logica della carità pastorale… a operare scelte nella luce del Vangelo e della tradizione cristiana».
Due i documenti ecclesiastici di riferimento: il nuovo Rito delle esequie, approvato dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti nel 2010, e l’Istruzione circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione, emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 2016.
Il diffondersi della cremazione
Al fine di «orientare l’esperienza del morire il senso pasquale», la prima attuazione che l’arcivescovo propone è la costituzione in ogni comunità parrocchiale di un’équipe per la pastorale del lutto, «un’équipe preparata e riconosciuta dal punto di vista ministeriale, attraverso un mandato ecclesiale» conferito dal parroco. Suo scopo: incontrare, accompagnare e sostenere le famiglie nel momento del dolore e preparare la celebrazione delle esequie. Questo «servizio di raccordo tra la famiglia del defunto e la comunità parrocchiale» – che l’arcivescovo definisce “diaconia del lutto” – vuole essere una testimonianza di carità e di vicinanza della comunità nel momento della sofferenza per la perdita di una persona cara, un «autentico ministero della consolazione», offerto a tutti e non solo a coloro che frequentano la parrocchia.
Il secondo punto della nota affronta esplicitamente il tema della cremazione, ricordando che «la Chiesa non si oppone a tale prassi, quando essa viene fatta non in odium fidei», anche se la preferenza della Chiesa è per l’inumazione dei corpi.
La scelta di spargere le ceneri in natura o di conservarle in luoghi diversi dal cimitero desta nella Chiesa alcune «motivate perplessità», ben espresse al n. 165 del Rituale. In caso di spargimento delle ceneri o di sepolture anonime, infatti, «si impedisce la possibilità di esprimere con riferimento ad un luogo preciso il dolore personale e comunitario», si rende più difficile il ricordo dei morti o lo si estingue molto presto e molte vite rischiano di scomparire senza lasciare traccia.
Perché la Chiesa preferisce l’inumazione? Perché essa è più conforme al modo con cui Gesù fu deposto nel sepolcro e perché la sepoltura rivela una maggiore continuità tra il corpo inumato e quello destinato alla risurrezione. «Con la cremazione – scrive il card. Sepe – ogni riferimento alla corporeità tende a scomparire». Inoltre, nonostante venga sempre più praticata, la cremazione, «nel sentire comune, è avvertita come un’azione che dimentica la dignità del corpo, una prassi che tende a distruggere il corpo umano e a disfarsene speditamente».
Invece, seppellendo i morti nei cimiteri, questi diventano «luoghi della memoria, della preghiera e della pietà… luoghi ove si rafforza la comunione tra i vivi e i defunti sottraendo il mistero della morte dalla privatizzazione».
Per tutti questi motivi, di fronte alla cremazione, alla dispersione o alla conservazione delle ceneri, è chiesta ai pastori «una prudenza pastorale rispettosa della dignità del defunto e sollecita nei confronti della famiglia in lutto, fedele alla dottrina e orientata alla testimonianza del Vangelo»
Disposizioni pastorali
La nota dell’arcivescovo di Napoli riporta al termine alcune disposizioni pastorali, alcune ricavate dai Riti o dalle disposizioni ufficiali della Chiesa italiana, altre suggerite dall’esperienza o dalle tradizioni locali:
- incentivare il ministero della consolazione, dal momento che alla comunità cristiana è chiesto di “consolare gli afflitti”,
- la visita del parroco alla famiglia colpita dal lutto ha un grande valore pastorale,
- preparare con cura la celebrazione delle esequie (scelta delle letture, omelia, monizioni, canti…),
- i funerali vanno celebrati nella chiesa parrocchiale con la celebrazione della messa. Quando la situazione suggerisce di non celebrare la messa, si adotti la liturgia della Parola, In questo caso non si distribuisca l’eucaristia,
- si abbia cura di preparare l’omelia, che non deve avere «la caratteristica e lo stile di un elogio funebre, bensì di illuminare con la parola di Dio «i tratti peculiari della vita cristiana e della personalità del defunto»,
- se qualcuno intende pronunciare parole di cristiano ricordo, «il testo sia precedentemente concordato e non sia pronunciato dall’ambone». E la nota aggiunge: «Nella nostra diocesi è da evitare la lettura di testi, di preghiere e di poesie» e «non sono ammessi altri segni se non quelli previsti dalla liturgia»,
- nella celebrazione delle esequie si inviti a recitare il Credo,
- quanto alla cremazione, è necessario presentare ai fedeli il pensiero della Chiesa,
- si riproponga la catechesi sui “novissimi” e non si trascuri la novena in preparazione alla Commemorazione dei defunti,
- nelle cappelle cimiteriali delle arciconfraternite si preveda la disponibilità di colombari per accogliere le urne cinerarie. «Non è consentito costruire colombari nelle cripte delle parrocchie e delle rettorie»,
- anche le congreghe dei preti prevedano la costruzione di colombari per accogliere le ceneri dei sacerdoti che hanno manifestato, con una lettera scritta al vescovo, la volontà di essere cremati,
- nelle chiese possono essere sepolti solo i resti mortali dei vescovi diocesani e dei sacerdoti costruttori di chiese,
- anche le pompe funebri vengano sensibilizzate sulle istanze pastorali presenti nel nuovo Rito delle esequie.