In occasione dell’ultima assemblea diocesana di Treviso (10 giugno 2016) è stata pubblicata la nuova edizione di Orientamenti e norme per le collaborazioni pastorali nella diocesi di Treviso. Essa aggiorna quella pubblicata nel 2010 ad experimentum per un quadriennio.
Questi documenti sono nati perché – si legge nell’Introduzione dell’ultima edizione – «sono soprattutto le parrocchie ad avvertire l’esigenza di una “conversione pastorale” che deve condurle ad acquisire una nuova identità».
Dal sinodo del 2000
Il cammino parte da lontano, cioè dal 15° sinodo diocesano (2000), dove si chiedeva di attuare «la collaborazione pastorale tra parrocchie vicine… per manifestare la comunione ecclesiale e per rispondere alle esigenze della missione».
Furono avviate da allora forme di collaborazione e di pastorale integrata. Nel 2001, infatti, il vescovo Paolo Magnani firmava il decreto Orientamenti operativi riguardanti le “Unità pastorali” in diocesi di Treviso.
Un’approfondita indagine conoscitiva della realtà diocesana promossa dal suo successore, Andrea Bruno Mazzocato, mise in luce i mutamenti demografici e le veloci trasformazioni culturali, sociali e di costume (mobilità, secolarizzazione, abbandono di alcune espressioni rituali, calo numerico dei presbiteri, ruolo socializzante e identitario della parrocchia…). È stata in particolare questa ricerca a sollecitare una presenza diversa sul territorio da parte delle componenti ecclesiali.
Se ne fece portavoce il vescovo Gianfranco Agostino Gardin nell’assemblea diocesana del 2010, quando dichiarò che non si trattava «di salvare in qualche modo le parrocchie…, ma di assumere un modo nuovo di essere Chiesa, ripensando il rapporto clero-laici… e di pensare a forme nuove di conduzione condivisa della pastorale, che è fatta di relazione tra preti e preti, tra preti e laici, tra laici e laici».
Il 1° novembre di quell’anno entrava in vigore la prima edizione degli Orientamenti e norme per le Collaborazioni Pastorali nella diocesi di Treviso. Da allora sono state istituite 32 Collaborazioni Pastorali, che interessano 178 parrocchie.
Trascorsi sei anni di sperimentazione, il vescovo Gardin, usufruendo anche delle indicazioni dell’Ufficio per il coordinamento della pastorale dal titolo Indicazioni per un Progetto pastorale della Collaborazione (2013), ha aggiornato quel documento mantenendo lo stesso titolo.
La struttura di questi nuovi organismi
Le due definizioni di “Collaborazione pastorale”, evidenziano da subito una maggiore articolazione del secondo testo rispetto al primo.
Le Collaborazioni pastorali sono «una forma stabile di collaborazione tra parrocchie, chiamate a vivere un cammino condiviso e coordinato di comunione, attraverso la realizzazione di un preciso progetto pastorale» (2010).
«Le Collaborazioni Pastorali sono una forma stabile di collaborazione tra parrocchie, chiamate a far maturare, nel contesto ecclesiale e socio-culturale, la loro identità e missione di comunità cristiane mediante un cammino condiviso e coordinato, a partire da un comune progetto pastorale» (2016).
Obiettivo da raggiungere è che le singole parrocchie mettano in comune «in atteggiamento di dono reciproco, la ricchezza di persone, tradizioni, spiritualità e strutture di cui dispongono». Ciò permetterà ad esse di «trovare nuova linfa per esprimere la propria vitalità spirituale ed energie nuove per attuare l’azione pastorale».
I 52 numeri degli ultimi Orientamenti e norme sviluppano via via alcune attenzioni necessarie per dar vita ad una Collaborazione Pastorale, i soggetti che la compongono, la loro organizzazione, le attività che sono oggetto di collaborazione, le relazioni, gli aspetti economici e amministrativi, gli strumenti di comunicazione, come si costituisce una Collaborazione Pastorale.
Importante la dichiarazione di principio, secondo la quale «la comunità cristiana è il soggetto principale di ogni Collaborazione Pastorale». Un’affermazione che non dà adito a chi tende a demandare ogni responsabilità. Anzi: «Le Collaborazioni Pastorali… esigono l’apporto responsabile e fattivo di tutte le forme ministeriali, come pure delle varie realtà aggregative presenti in esse».
Dopo aver passato in rassegna i protagonisti di questa nuova presenza di Chiesa nel territorio: i presbiteri («sono i primi responsabili della vita e della crescita delle Collaborazioni Pastorali»), i diaconi (i quali sono chiamati ad aiutare «i sacerdoti e i laici nel discernimento, nella individuazione e realizzazione delle attività pastorali»), i consacrati e le consacrate, le cooperatrici pastorali diocesane e i laici (che sono invitati «a superare eventuali forme di campanilismo che tendono ad esasperare la singolarità della propria parrocchia e ostacolano il lavoro insieme»), il documento apre alla possibilità di «individuare e preparare nuovi servizi laicali per l’azione evangelizzatrice e missionaria della comunità, per mantenere viva la preghiera liturgica quotidiana nelle parrocchie, per curare l’educazione cristiana dei ragazzi e dei giovani, per visitare i malati, per attuale la carità verso i poveri e i deboli».
Quanto all’organizzazione, il testo è chiaro: «Il Consiglio della Collaborazione Pastorale è l’organismo di partecipazione proprio della Collaborazione Pastorale».
Istituito dal vescovo, questo organismo è formato da almeno dieci membri (parroci e vicari parrocchiali, diaconi, religiosi/e, cooperatrici pastorali, laici e da un delegato AC. Annotazione interessante: «Il numero dei laici deve essere sempre maggiore rispetto a quello totale dei sacerdoti, diaconi e religiosi».
Prima di parlare di alcune specifiche attività spettanti ai membri del Consiglio delle Collaborazioni pastorali (orari delle messe, celebrazioni di battesimi, prime comunioni, cresime, celebrazioni penitenziali, matrimoni, unzione degli infermi e triduo pasquale), due numeri del documento richiamano l’importanza della formazione degli operatori pastorali.
Il cammino fatto fin qui nella Chiesa trevigiana fa ben sperare e apre buone prospettive di futuro. Per questo si legge nella parte conclusiva del documento: «Il progetto delle Collaborazioni Pastorali ha aperto nella diocesi un cammino che – auspicabilmente – conferirà alla Chiesa di Treviso un volto nuovo e aiuterà a porre condizioni favorevoli a quella conversione missionaria e attenzione al proprio territorio che papa Francesco chiede ad ogni diocesi».