È arrivato con la pubblicazione del messaggio per l’anno pastorale 2016-2017 – «“È questa la porta del Signore” (Sal 118,20) – Una Chiesa esperta di misericordia, testimone di comunione, aperta alla missione» – il via ufficiale alle “collaborazioni pastorali” nella diocesi di Udine. L’intera seconda parte del messaggio è dedicata a questo tema che ha impegnato la Chiesa udinese in un’approfondita riflessione.
Scrive l’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato: «Mentre si conclude l’Anno giubilare, avvieremo in diocesi un nuovo e importante progetto pastorale che riguarderà tutte le parrocchie». Questo progetto «avrà come novità principale la costituzione delle collaborazioni pastorali», con due obiettivi precisi:
- la comunione: «le parrocchie che sono territorialmente vicine tra loro saranno chiamate ad aprirsi l’una all’altra e intrecciare legami stretti e stabili di fraternità, di dono reciproco e di collaborazione»:
- la missione: «la comunione di fede, di preghiera e di reciproco aiuto tra parrocchie farà trasparire la gioia che Gesù dona a chi crede in lui e fa parte della sua Chiesa».
L’intento non è solo una riorganizzazione operativa, bensì un rilancio dell’evangelizzazione. Scrive ancora l’arcivescovo: «Vedere tanti fratelli e sorelle indifferenti verso il suo Vangelo lascia nel nostro cuore una sofferenza profonda». Per questo chiede che la Chiesa diocesana «sia una porta ben spalancata» in grado di accogliere le persone «senza condizioni» e alle parrocchie di non essere chiuse in se stesse «ma ben presenti e vive dentro i paesi e le città», perché «le persone hanno bisogno di respirare, nelle nostre parrocchie, l’aria nuova del Vangelo».
Con realismo, mons. Mazzocato invita a riconoscere «che, più volte, le singole parrocchie sono troppo piccole e deboli per offrire iniziative ed esperienze pastorali e missionarie efficaci» e che solo aprendosi ad una più forte comunione e collaborazione potranno sperare in un’azione più incisiva. E, sempre l’arcivescovo, non si nasconde le difficoltà di questa nuova impostazione, che richiederà scelte non sempre facili da capire e abitudini e tradizioni locali da modificare.
A riprova che queste collaborazioni «sono possibili e costruttive» c’è l’esperienza di chi già vive questa impostazione.
Il messaggio è datato 14 settembre 2016 ed è stato pubblicato sul settimanale diocesano La Vita Cattolica del 28 settembre 2016. Ma, a comprova di quanto il tema delle collaborazioni pastorali sia in cima all’agenda della diocesi, basta consultare i numeri del settimanale del 10, del 24 e del 31 agosto di quest’anno, che ospitano significativi interventi sul tema.
Mons. Bettuzzi, segretario della commissione di studio per la riorganizzazione pastorale dell’arcidiocesi, rende noto che la commissione di cui è segretario è stata convocata nell’autunno del 2011 allo scopo di monitorare lo stato di salute della Chiesa udinese. Un’indagine sociologica ha rilevato un’ulteriore contrazione demografica delle comunità di montagna e la disponibilità, per il 2020, di solo cento presbiteri sotto la soglie dei 75 anni.
Perché si è preferito parlare di collaborazioni pastorali anziché di unità pastorali? Perché non si vuol neppure far sorgere il sospetto che alcune parrocchie siano destinate a “fondersi” o ad accorparsi con altre perdendo la propria peculiarità. «Le parrocchie non si toccano» è la perentoria affermazione di Piera Burba, direttrice del Consiglio pastorale diocesano. Sono però invitate ad aprirsi, a collaborare, tenendo conto dell’omogeneità territoriale, della storia, delle tradizioni, del numero di abitanti… Se ogni parrocchia conserverà il proprio Consiglio per gli affari economici, le parrocchie che collaboreranno insieme avranno un Consiglio pastorale unico.
Preoccupazione di chi ha ideato questo progetto pastorale è che essa non appaia come un “riordino” dal sapore più aziendalistico che ecclesiale, ma come il tentativo di rendere più efficace l’annuncio evangelico, “mettendo assieme” – ecco la “collaborazione” – le risorse umane e spirituali.