Verona. Per le famiglie “atipiche”

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«Come vescovo – così esordisce una recente lettera di mons. Zenti di Verona dedicata all’Amoris lætitia – mi sento interpellato nell’ambito del mio dovere ministeriale nei confronti dell’esortazione apostolica postsinodale Amoris lætitia. Da una parte, alcuni dei miei preti mi stanno rivolgendo domande pressanti e ineludibili su questioni problematiche… che li lasciano nell’incertezza e nella perplessità. Dall’altra, anche nella mia diocesi non mancano fedeli coinvolti in prima persona nelle questioni poste dall’esortazione». Tanto più che, alla sua pubblicazione, la Amoris laetitia è stata pressoché ridotta all’eucaristia sì/no ai divorziati risposati e semplificazioni simili. Ma nel documento post-sinodale promulgato da papa Francesco c’è molto altro: il Vangelo della famiglia, l’evangelizzazione del sacramento del matrimonio, la cura ecclesiale delle famiglie, piccole Chiese domestiche».

Il vescovo di Verona richiama sì tutto questo, ma evidentemente si concentra poi sullo «spirito pastorale del capitolo ottavo» e sui compiti dei vari soggetti in campo.

In modo significativo, l’occasione della pubblicazione è stato lo scorso giovedì santo, a dire che si tratta di indicazioni offerte ai presbiteri, ma anche all’insieme della sua Chiesa: si parla di vicinanza alle famiglie da parte di preti e della commissione diocesana ad hoc.

«Anche nella sua ristrutturazione in unità pastorali – scrive nelle conclusioni – la nostra diocesi intende rivitalizzare l’azione evangelizzatrice imperniandola sulla pastorale della famiglia fondata sul sacramento del matrimonio, che l’esortazione considera “tempio della comunione matrimoniale nel quale vive la Trinità”, chiamata com’è “a concentrarsi in Cristo che unifica e illumina tutta la vita familiare”».

Problematiche e linee-guida

Il papa precisa, nota mons. Zenti: «Il nostro insegnamento sul matrimonio e la famiglia non può cessare di ispirarsi e di trasfigurarsi alla luce di questo annuncio di amore e di tenerezza, per non diventare mera difesa d’una dottrina fredda e senza vita». E perciò non esita a parlare di famiglia come vocazione, cioè frutto di un progetto di Dio. Ed è di qui che occorre partire anche per impostare risposte coerenti rispetto alle difficoltà odierne.

Riferendosi al cap. V, il vescovo scrive: «Anche nella nostra diocesi soffriamo di denatalità. È vero che esistono tante cause, di varia natura: da quella economica a quella sociale, a quella culturale. Sta di fatto che i figli non sempre vengono considerati un dono dagli stessi sposi. Magari in qualche caso li considerano un diritto, ma non sempre un dono… Per realizzare una famiglia secondo i desideri di Dio e secondo il suo progetto di amore, occorre un’adeguata preparazione. Il papa vi focalizza la sua attenzione nel cap. VI. Merita di essere letto e riletto… Vorrei ancora segnalare la preziosità di un altro apporto accanto ai nubendi: l’affiancamento di una coppia di sposi che, pur nei loro limiti, siano in grado di dare testimonianza della bellezza esigente della vita sponsale e familiare secondo il progetto di Dio».

Il cap. VII afferma che «la famiglia è la prima scuola dei valori umani» e precede immediatamente il cap. VIII, tutto dedicato alle difficoltà di oggi.

Solo dopo la presentazione positiva il papa affronta gli aspetti problematici. «Sostanzialmente, il cap. VIII risponde alla domanda: che cosa la Chiesa deve ed è in grado di fare per portare la salvezza anche nelle situazioni di estrema criticità matrimoniale, facendo sperimentare che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio?».

E con realismo scrive: «Tanti dei troppi o numerosi fallimenti familiari sono figliastri di un’ondata culturale antifamiglia… Il papa, sensibile nei confronti delle situazioni di povertà, di crisi esistenziale, di fragilità che si consumano a tutto campo, intende consegnare alla sua Chiesa, in primis ai pastori d’anime, un atteggiamento di fondo, che fa la differenza: tutte le situazioni di povertà non vanno affrontate con il cipiglio del gendarme della moralità, ma con le “viscere materne” predisposte a prendersi cura dei figli in stato di difficoltà come un bisogno vitale del cuore di madre. Tale atteggiamento materno equivale alla benevolenza misericordiosa, come partecipazione alla misericordia di Dio, riservata a tutti, senza eccezioni».

«Il capitolo VIII dell’Amoris laetitia – scrive mons. Zenti – concentra l’attenzione sui battezzati e sposati religiosamente che vivono situazioni familiari irregolari con senso di sofferenza, con l’obiettivo di porsi fraternamente al loro fianco per compiere insieme un cammino di sempre più intensa fedeltà a Dio su tutto il fronte, scandito dai tre atteggiamenti indicati: accompagnare, discernere e integrare nella comunità nella quale le coppie ferite e divenute irregolari sono nate a loro tempo come famiglia cristiana mediante il sacramento. Il tutto grazie ad un’accoglienza fraterna previa che spesso dischiude alla confidenza le porte del cuore da tempo sbarrate, specialmente nei confronti dei preti, da qualcuno dei quali forse ci si è sentiti umiliati e allontanati, e ad una sincera disponibilità all’ascolto».

Ed è qui che parte un percorso accompagnato, per così dire di risanamento, in cui «alle singole persone in situazione irregolare che ne fanno richiesta o alla coppia di nuova unione vengono fornite vere “riserve di anticorpi e di staminali spirituali” in vista di un risanamento il più radicale possibile…

Partendo da un’attenta lettura integrale del cap. VIII fatta insieme, attuando un percorso pedagogico caratterizzato da piccoli e significativi passi e finalizzato a illuminare la coscienza secondo verità nella carità, si offre l’opportunità di focalizzare la propria reale situazione; di individuare le ragioni profonde che hanno condotto alla rottura irreparabile, fors’anche dovuta a immaturità… di riscoprire il senso profondo del sacramento del matrimonio celebrato in chiesa… di entrare sempre di più nella comprensione del valore della messa anche senza la comunione, agli effetti di una testimonianza cristiana nel mondo; di far maturare la coscienza delle motivazioni della non opportunità della confessione e della comunione eucaristica, in quanto inefficace su un terreno reso non ancora predisposto dalla situazione perdurante di irregolarità… di individuare progressivamente forme significative di integrazione nella comunità nell’ambito della ministerialità ecclesiale, valutando possibili aspetti a favore o meno». E tutto questo aiutati dai preti responsabili di tali itinerari, in collaborazione con un’équipe diocesana e in collegamento col servizio di pastorale familiare.

Assieme al vescovo, poi, la commissione diocesana elabora quanto prima un vademecum che precisa i criteri del percorso da compiersi nel discernimento.

«Proprio per consentire nei fatti ai preti questo importante e urgente ministero – chiede infine il vescovo – faccio appello ai laici perché li aiutino a liberarsi da incombenze profane e poco pastorali, che di fatto ne ostruiscono l’esercizio (in modo che il) delicato e prezioso servizio di un presbitero e di una coppia di affiancamento nel percorso di accompagnamento» possano essere di effettivo aiuto nell’itinerario di ricostruzione…          «Quanto alla diocesi di Verona – puntualizza il vescovo – ritengo quanto mai opportuno che un eventuale percorso predisposto ormai a sfociare nella prospettiva di un possibile accesso ai sacramenti della confessione e della comunione eucaristica, venga consegnato al vescovo, per un ultimo e definitivo discernimento, che gli compete… Il percorso concluso positivamente potrebbe essere sigillato da una messa presieduta dal vescovo stesso».

Integra la lettera una sorta di appendice «sulla questione che riguarda i padrini e le madrine del battesimo e della cresima».

Come si può vedere, si tratta di un’opera a più mani e responsabilità, che esce dai giudizi e/o esclusioni/inclusioni facili e assume la via maestra di un vero aiuto ecclesiale.

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