Nella diocesi di Vittorio Veneto l’attenzione pastorale va quest’anno alla centralità dell’eucaristia. Nell’eucaristia nasce e rinasce la gioia è il titolo delle linee programmatiche lanciate lo scorso anno e che ora entrano nel vivo. Vale la pena riprenderle nella vicinanza della solennità del Corpus Domini che richiama a tutta la Chiesa la centralità dell’eucaristia.
Nell’eucaristia rinasce la gioia
Perché la scelta di questo tema? E come esso si collega al cammino fatto l’anno prima, quando ci si era impegnati nella lettura e nella riflessione della Evangelii gaudium, documento programmatico del pontificato di papa Francesco?
«Dal nostro cammino diocesano – si legge nella presentazione pubblica – sono emersi sei punti chiave: la gioia e la speranza, l’incontro con Gesù, l’appartenenza alla comunità dei discepoli missionari, lo sguardo positivo sul mondo, i poveri e la povertà, la formazione degli adulti. Sono punti che meritano di essere ripresi, perché ricchi di stimoli per un rinnovamento della vita cristiana delle persone e delle nostre pratiche pastorali, in chiave missionaria. Di qui la scelta di porre l’attenzione sulla celebrazione eucaristica domenicale, anche attraverso uno strumento di lavoro. L’obiettivo che ci siamo dati è quello di verificare la pratica – specialmente domenicale – della celebrazione dell’eucaristia e di impegnarci a trasformarla missionariamente, proprio nel senso di applicare ad essa, opportunamente, le sei istanze emerse».
Questo impegno si ricollega anche al 4° convegno ecclesiale di qualche anno fa dal titolo “Abita la terra e vivi con fede”. Lo richiama esplicitamente il vescovo, Corrado Pizziolo, nella parte finale della sua lettera Nell’eucaristia nasce e rinasce la gioia. Si tratta – spiega – di alcuni brevi passaggi in cui le riflessioni maturate allora anticipano il nostro attuale discernimento. «Le offro a conclusione di questo mio messaggio – precisa – non tanto per dire: “L’avevamo già detto!”, quanto piuttosto per ri-sintonizzarci con intuizioni già presenti nella nostra Chiesa e per proseguire l’impegno a darvi attuazione. Riprendere in mano questi testi è anche un modo per evitare che finiscano nello scaffale del dimenticatoio e servano invece a responsabilizzarci per un continuo cammino di conversione».
Sei orientamenti
Ed ecco la concretezza degli orientamenti che riportiamo nella loro essenzialità:
«1) La celebrazione eucaristica è luogo privilegiato per incontrare Gesù … Quando, la domenica, andiamo alla messa, noi rechiamo al Signore il nostro vissuto settimanale e, in esso, anche la nostra ricerca del volto di Dio. Portiamo a lui l’esperienza di una sofferenza, il volto di un fratello, il godimento per l’esperienza di una qualche bellezza. La ricchezza o povertà del nostro vissuto lo esponiamo alla forza rinnovatrice della sua Parola. Dalla sua Parola di vita noi ci sentiamo rifare e rinnovare: una luce nuova rivisita e illumina il nostro vissuto, una parola risponde ad un nostro interrogativo, una forza nuova ci “attrezza” a passi futuri (pp. 87-88 degli atti del convegno).
2) La celebrazione eucaristica è fonte di gioia e di speranza. È lì che avviene una “trasfusione”: offriamo al Signore le nostre fatiche e quelle degli altri, le cose belle che ci accadono, le difficoltà, le preoccupazioni; sentiamo la gioia di essere accolti, amati; portiamo questa gioia nella nostra vita quotidiana, in famiglia, nell’incontro con gli altri, nel lavoro. L’ascolto vissuto nella celebrazione eucaristica purifica e modella il nostro ascolto, ci permette di affidarci e di fidarci, sopportando fatiche e conflitti. L’ascolto del Signore nella vita personale permette di riconoscere l’intervento di Dio negli altri; ci aiuta ad accompagnare e a portare speranza anche a chi vive situazioni irregolari e non può accostarsi all’eucaristia, cercando insieme la comunione in altre forme suggerite dalla Chiesa (p. 126).
3) La celebrazione eucaristica edifica una comunità di discepoli missionari. Nella celebrazione eucaristica il Signore Gesù prende l’iniziativa di incontrare il suo popolo per fargli dono di se stesso… Coloro che il Signore unisce a sé, vengono uniti anche tra di loro. Lo fa capire chiaramente la Preghiera eucaristica quando, dopo aver invocato lo Spirito Santo sul pane e sul vino perché diventino il corpo e il sangue di Gesù, lo invoca anche su noi perché la comunione al corpo e al sangue di Cristo ci riunisca in un solo corpo. L’eucaristia realizza la comunione con il Signore e, insieme, la comunione tra di noi. Siamo il corpo di Cristo noi che mangiamo del suo stesso corpo. La Chiesa è appunto corpo di Cristo (p. 91). Ogni eucaristia è un atto di amore di Dio che cerca il suo popolo, per istruirlo con la sua Parola e alimentarlo con il Pane di vita. Questo atto d’amore non va custodito gelosamente, esso va donato. L’orizzonte di ogni eucaristia non è la comunità cristiana, ma il mondo. “L’eucaristia è terminata! Andate, andate in missione!” è il senso del saluto del sacerdote al termine dell’eucaristia (p. 94).
4) La celebrazione eucaristica favorisce uno sguardo positivo sul mondo (= quella terra in cui ci è chiesto di vivere con fede). L’eucaristia, “culmine” della vita della Chiesa, è sintesi, cifra della vitalità ecclesiale. Frutto dell’eucaristia e termine operativo dell’azione della Chiesa è la missione e la carità. L’eucaristia celebrata senza la volontà di assumere impegni etici, soprattutto in riferimento al prossimo, è un’eucaristia depauperata. Non si celebra l’eucaristia se non portando le preoccupazioni nostre e del mondo e, parimenti, se non assumendosi fattivamente precisi impegni di vita personale, familiare, professionale, civile ed ecclesiale. In essa è tutto il vissuto di gioia e di angoscia del mondo da portare, per viverlo al massimo grado nell’intima relazione che si instaura con Dio e con gli altri nella celebrazione eucaristica stessa. Uscendo dalle nostre celebrazioni, siamo chiamati a portare nella quotidianità del mondo tutti gli impegni assunti e riassunti al ritmo delle nostre eucaristie (p. 132).
5) La celebrazione eucaristica apre alla cura dei fratelli, specialmente dei poveri. L’abitare la terra ci lega a tutti gli abitanti del pianeta: c’è un’unica terra, c’è un’unica umanità; la terra, che è di Dio, ci è affidata perché la coltiviamo e la custodiamo, diventando custodi gli uni della vita degli altri. La modalità del credente di abitare la terra è quella di “nutrirsi di fedeltà”, è quella di ripercorrere lo stile che è stato proprio di Gesù. L’impegno di “costruire una società più umana” si salda direttamente con “la ricerca del volto di Dio”, il Vivente: Parola, sacramento, vita dei credenti, volto di ogni uomo e donna, sono queste le strade maestre per l’incontro. Per noi è decisivo cercare il volto di Dio a partire dalla costruzione di una società più umana, dalla cura di relazioni più giuste, eque, solidali, dall’attenzione costante verso i fratelli più poveri: è così che siamo in relazione con Dio e con quanti vivono ovunque la stessa identità di uomini e donne (p. 175).
6) La celebrazione eucaristica dà forma alla vita del cristiano. La celebrazione eucaristica non ha valore solo in se stessa. Essa diventa vera se informa di sé la vita del credente che vi prende parte. Vivere di ciò che abbiamo celebrato, vuol dire mostrare di essere in comunione con il Signore nella vita quotidiana, nel nostro modo di pensare, di parlare e di agire. Vuol dire anche essere in comunione gli uni con gli altri, noi che ci siamo nutriti della stessa Parola e dello stesso Pane (p. 92)».
Tutti questi orientamenti, che devono tradursi in impegni concreti, sono affidati «alla materna intercessione di Maria, ai santi e sante nostri patroni» e soprattutto al lavorìo di rinnovamento di mentalità e di scelte in tutto il popolo di Dio e nelle comunità parrocchiali.