Un’Assemblea costituente per le riforme istituzionali? È uno strumento sproporzionato e, se c’è da rinnovare un patto, va fatto fra le forze politiche che sono presenti in Parlamento. Capisco lo spirito costruttivo, ma, per diversi motivi, considero sbagliata questa proposta di Giuseppe Tognon su La Repubblica del 13 febbraio.
La prima osservazione è che, se c’è da rinnovare un patto, va fatto fra le forze politiche che sono presenti in Parlamento. La seconda è che lo strumento è sproporzionato rispetto a quello che c’è da fare. Caso mai si sarebbe dovuta costituire una bicamerale dentro questo Parlamento. Sarebbe stato lo strumento più congruo a favorire accordi.
Lavorare invece in Commissione affari costituzionali, dove già maggioranza e opposizione si dividono sulle altre materie, si è infatti rilevato molto più polarizzante. Se si deve giungere a una riforma delle istituzioni della Repubblica, questa deve essere condivisa in Parlamento e non bisogna creare un canale parallelo perché questo crea problemi.
Lo ha dimostrato l’esperienza del Cile che ha eletto due Assemblee costituenti in parallelo al Parlamento e poi alla fine ha perso i referendum.
Quindi il patto lo devono e possono fare le forze politiche presenti in Parlamento cercando in tutti i modi di arrivare ai due terzi, cosa che è tecnicamente possibile. È solo una questione di volontà politica.
Lo strumento di un’Assemblea costituente è sproporzionato rispetto a quello che c’è da fare: un’importante ma limitata revisione della seconda parte della Costituzione relativamente a una forma ragionevole di premierato con equilibri rinnovati; e, a completamento del Titolo Quinto, ossia la trasformazione del Senato in Camera delle Regioni, che è il vero buco nero del rapporto centro-periferia e, senza il quale, anche l’Autonomia differenziata crea più problemi che soluzioni.
Per queste riforme lo strumento Assemblea costituente non serve. Le riforme condivise a due terzi dovrebbero essere la prima scelta, mentre quelle a maggioranza assoluta come il referendum dovrebbe essere vista solo come una subordinata.
- Pubblicato su Adkronos il 13 febbraio 2024.